VALERIA SEROFILLI, Le rime di Stefano Taccone: metafore di verità sotto giocosi veli

L’invito a sciogliere le rime è di sicuro paradossale, ironico, scherzoso, ma racchiude, con altrettanta evidenza alcune verità, o meglio alcune metafore di potenziali verità celate sotto giocosi veli. Stefano Taccone prosegue anche in questo suo lavoro poetico il suo cammino fatto di osservazione del vissuto e di critica verso ciò che risulta ingiusto, grottescamente sbilanciato a favore di chi possiede qualche forma di immeritato potere e al contempo molte forme di impudico cattivo gusto.

La “satira” di Taccone avviene sempre per vie indirette, senza evidenziare esplicitamente le magagne dei tempi e dei costumi ma lasciando piuttosto che sia il lettore a scovare, magari dietro un gioco di parole, un paradosso o un’iperbole, la macchia che offusca l’orizzonte del vivere sociale, del mondo della cultura e dell’educazione e più in generale del mondo tout court, di quella convivenza che dovrebbe chiamarsi ed essere civile e che invece spesso è “solitudine” o magari “affollamento incivile”.

Per descrivere le suddette incongruenze Taccone fa sì che i suoi versi si facciano specchio dei tempi (non di rado offuscati) e non disdegna di fare una cronaca semiseria, tra tragico e comico, di alcuni eventi che, loro malgrado, hanno reso palesi le crepe di alcune istituzioni che invece dovrebbero essere i pilastri della convivenza e, auspicabilmente, della solidarietà, del mutuo soccorso.

La pandemia è uno dei tanti esempi possibili di questa simbologia della cronaca che sono descritti nel libro.

La raccolta si articola in “Sensi alieni”, “Malarie e malacque”, “Ritratti di strappo”, “Eroici febbroni”, “Bestiumanari vari”, “Canti di accanimento”, “Polveri felici” e, ultimo ma non ultimo, “Il bello è giunto”.

Le varie sezioni rivelano radici che affondano in vari ambiti e settori.  Prima di tutto la letteratura stessa, con richiami ad autori e titoli famosi; ma anche la scienza è presente, con un catalogo di bestiari in cui le bestie sono fatalmente gli umani, tra patologie e aspirazioni a mondi altri, alieni, per poi scoprire che gli alieni siamo noi e che il bello è giunto, ma, per colpa nostra, non ce ne siamo accorti.

Con coerenza, Stefano Taccone utilizza il linguaggio, la materia linguistica come qualcosa da plasmare con divertita serietà, rimontando i vocaboli o creandoli ex novo, per provare a raffigurare l’uomo, inteso come essere umano, intento a sua volta a forgiare il mondo nell’atto stesso di rovinarlo correndo il rischio perfino di distruggerlo.

Ecco allora che l’invito, la sollecitazione da cui siamo partiti, “sciogliete le rime”, assume forse anche il valore e la funzione di un’esortazione a fermarci prima che sia troppo tardi, prima che, senza neppure accorgerci del tragicomico disastro, portiamo a termine l’opera di autodistruzione.

Sciogliere le rime vuol dire allora, forse, ripartire dalle basi, da ciò che è più naturale e autentico, vero, sincero, e quindi umano, solidale, autentico.

Questo libro di poesie è anche una specie di umoristico e serissimo invito a guardarci bene allo specchio e trovare la forza di fermarci e ripartire verso traiettorie autenticamente etiche e genuine.

Stefano Taccone
Sciogliete le rime
Campanotto editore, 2023, pp. 208

Biografia di Valeria Serofilli


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