POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA
Dichiarazione di poetica
La poesia come mezzo per l’esplorazione dell’intorno. Una sorta di radar che usa il suono non solo per descrivere, ma per conoscere ciò che si ha attorno, prima ancora che ciò che si ha dentro.
E la poesia come filtro tra ciò che si ha dentro e ciò che c’è fuori. Come la pennellata e il colore, per Van Gogh, dovevano permettere l’identificazione dell’artista col soggetto rappresentato, così il suono delle parole e la loro composizione si pongono, per il poeta, come mezzo per conseguire questo fine.
La poesia come indagine sul linguaggio: continuo laboratorio per saggiare le possibilità sonore della parola; per esplorare i cambiamenti e le potenzialità che pervadono una lingua (o un dialetto, che tanto ha pari dignità), valutando i pro e i contro di questi cambiamenti.
La poesia come mestiere, come capacità per l’autore di dire il dicibile e di scavalcarlo, a prescindere dal genere poetico che sceglie e dal soggetto scelto.
La poesia come riflessione estetica: “pentagramma” libero che riflette il ritmo di ciò che è scritto; e che dona alla lirica, grazie a questo “spargersi controllato” dei versi sul foglio, un valore strettamente visivo che un testo scritto di solito non ha.
* * *
Un’ardente umidità
col suo corteo di foglie secche
t’accompagna a volte
per queste strade pigre
E con essa il lampo
che riverbera fratto su un “dove”
estraneo dal tuo andare
lo scrosciar di pioggia
che scartavetra la vista
da qualsivoglia vetro
così che un’opzione si fa strada
ed altrimenti percepisci i luoghi
quando le gocce fitte
battono al galleggiamento di tua auto
e ai pensieri raffermi nelle tasche
oblique
come il disagio a uno stipendio esangue
e sfidano la mano sul volante
Ma adesso sono qui
prendo atto del giusto riposo
chiedo una tregua al fare
E lui può ricominciare a piovere
può piovere ancora
ché il “fuòrdiquì” più non ci cale
INCIPIT
Non so se d’una parola
(d’una lingua, sì)
pòssasi dir che sia prostituita
perché
se questo mondo è spesso lupanare
solo a proprio bisogno la parola sta
come sta l’uomo a sua propria nazione
e dunque noi sappiamo
esservi uomini non perfetti no
ma invenduti e inviolati
a chi ora comanda
così per certo
parole o lingua
tutto può esser fatto loro
passate pel setaccio
pel camino
o smerigliate a caldo
sparpagliate e genuflesse
su parametri qualchi
ed erti a far montagna
com’anche colmate di carezze
anche
Ma questo so
che mentre voi e noi non rivedremo cose
e tutto in quàlch’istànte
sublimerà in memoria
le parole no
(le lingue, pure)
resisteranno al fondo di quest’occhi
*
Non c’è “perché” a ciascheduna cosa
Questo chiàrosuòno
quasi chiave di tutto
n’esiste
perché n’esiste risposta
qualunque sia l’uscita alla domanda
la porta è sempre un’altra
E la risposta ha mìllenómi
perché “perché” nome non è
e nemmeno “Nome”
ma solo spalanco estremo
E tu stai lì
a morsa parola quella dèntiserràta
e tu forse nato
forsennato
ma più spesso spento alla risposta
quàsisèmpre, sì
fulgorato su nessuna strada
apèrtochiùso nell’indeciso
a un’interrogazione vana
e piegata infine
solo a contener se stessa
OVUNQUE SUL CONFINE
Il limite è
in sostanza
una sabbia che costante il mare bacia
e lì un viaggiatore spiaggiato siede
passeggia
osserva
la quantità d’acqua attorno e dentro
Malgrado lo sconfinato iato
tra orizzonte e linea di marea
l’acqua pare ferma
nel riflesso quàsismàlto
d’un’ora anch’essa di confine
quasi uno stagno di biliose rane
il cui sommesso gracidare
pélovóla su quest’acqua appena sghemba
il viaggiatore è un’escrescenza controluce
un’aberrazione
ora
una tumefazione sul tempo
nel continuum dello spazio
che lo si veda di spalle
lo si supponga in realtà altrove
lui ha sicurezza di un altro sé
speculare all’orizzonte
intento a commemorare un cammino
con un altro cammino
per ricordarlo nel sempre
di un abbraccio mancato
solo sfiorato negli occhi
LAURA, CROCEROSSINA (9/6/40 – 9/9/43)
La notte che precedette le decisioni irrevocabili
io soffiavo le ombre generate dalle stelle
e la sabbia della riva
non era ancora fredda
gli anfratti delle rocce
si mostravano accoglienti
nel loro quàsiapìcco
Ma mentre si presagiva il futuro
(il suo volto teso d’immaginazione
e lo sguardo ottenebrato
di fulgidi destini
il mio pensiero a preparare il cuore
al dialogo con corpi martoriati)
mentre ci si stringeva
lui non mi volle prendere
chiuso in un equivoco d’orgoglio
di purezza
come se il seme d’un uomo
non fosse puro come pioggia
lui
se desiderato negli occhi e nelle vene
Fu così che conobbi
a riconoscere un addio (… … …)
INTRODUZIONE AL MESTIERE
E un angelo feroce apparve
(o fu in tal forma
che un qualcosa apparve)
disguiso a donna in vesti dolorose
agre
al tatto ed alla vista
lanciando con cuore di balista
ogni sorta di suono sulle genti
E quelle a pregar forte
che quella nube foriera di parole
presta si svuotasse al suolo
s’appassisse altrove
in salvo lasciandole
a lor buio a ruminare
E contro a quelli branchi
lor bocche riempite di vocali
solo io
solo io non sapevo un dire
pur che mi speravo
un ben miglior futuro
PICCOLA ELEGIA PEDEMONTANA
Tu alzi gli occhi a caso
dal colmo dei pensieri
e noti nebbia come trina
che mùtafórm’al mondo
e nella pausa del tuo sangue
resti a fissar cauto quell’uccello
che bianco nel biancore
trafigge a vólovìa quel velo
e si fantasma dentro a quel paesaggio
d’un argenteo incanto a chi respira
Soppesi pure il subuman ringhioso
ch’accanto a te
nel chiuso del vagone
disdice il proprio cuore
e ciò che di bellezza attorno vive
pareggia a maleficio
Ma già di lui più non ti curi
e passi a perdere il tuo
di cuore
come ogni altro usato senso
in questa nebbia che dai tondi colli
con dolce vento sale
e l’animo tuo
ora d’argento anch’esso preso
migra dov’è nascosto il sole
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NOTE AI TESTI
1) “Incipit” è la lirica che aprirà la raccolta ancora inedita “Verba”; che, come si comprende fin dal titolo, tratterà nella maniera più generale della parola.
2) “Laura, crocerossina (9/6/40 – 9/9/43)” è una sorta di dono, a ricambiare l’attenzione che hai per il mio scrivere. È un inedito che non apparirà mai altrove, essendo l’inizio di una delle poesie che comporranno una raccolta, iniziata lo scorso anno, che ha per tema la Seconda Guerra Mondiale; non ha ancora un titolo e idealmente farà pendant con “Poesie dell’uccidere in volo”, incentrato sulla Prima Guerra Mondiale. Non apparirà mai altrove, perché la raccolta sarà composta da poemetti, ciascuno incentrato su una figura combattente (ci saranno un carrista, un marinaio, ecc.) seguiti da subito prima della dichiarazione di guerra a subito dopo l’armistizio. Trattandosi di testi lunghi e che costruirò un po’ alla volta, ho deciso che non apparirà nulla di loro, finché la raccolta non avrà raggiunto uno stadio prossimo alla pubblicazione.
3) “Introduzione al mestiere” è anch’essa un incipit: quello della raccolta inedita “Il mestiere e altri accidenti”.
4) Tratta dalla stessa raccolta, “Piccola elegia pedemontana” nasce da riflessioni fatte insieme ad altri autori su un testo di Tonino Guerra, apparso in un post del gruppo FB “Laboratori poesia”.