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a Cipriano.
Ti ho intravisto un attimo misurare l’assenza
e rientrare nello spirito indivisibile
NOTA DELL’AUTRICE
Il testo: “Il tempo non disperde” contiene poesie legate tra loro da flussi mnemonici raccordati da realtà contemporanee, post-contemporanee, visionarie, includendo internamente gli eventi riguardanti “l’io” dell’età evolutiva.
‒ Quest’ultimo è punto di forza della silloge; infatti l’attraversa apportandovi il sentimento del tempo che libero da legami e corrispondenze, fluisce continuum, senza chiudere, collocare o chiarire nessun senso.
‒ Affiora come materia bianca, scattante; finalmente l’inquietudine, l’attesa, la ferita avvolta in bende interminabili, si attestano parole e si stendono su pagine visibili a tutti.
‒ Sgrovigliando il mio vissuto, ho prelevato con fremito mai sopito, parti di me residenti “altrove”.
‒ Con traslati, simboli, metafore, le ho spostate nel “non luogo”, quello della scrittura che il testo frappone tra congiunzioni e ricalchi identitari di cui sono costituita.
‒ “Il tempo non disperde” è, dunque, un testo che nasce dentro come la gestazione di un figlio.
‒ Dopo i mesi di rito nasce la chiave in mano per intraprendere il viaggio i cui spalti, durante il cammino si lasciano ammirare, intaccare, sfigurare, ferire, fino a stravolgersi riproducendo sul viaggiatore le stesse trasfigurazioni, cancellazioni, disorientamenti e confusioni talora definitive.
‒ Il viaggio è la dimensione assoluta della solitudine, del mistero e nonsense con cui l’uomo deve confrontarsi tutta la vita.
‒ Ed è la parola, hanno detto, a cominciare da Aristotele ad Hegel, che nominando crea, muove, infiamma i silenzi, detona il costituito, con boati e schianti insorge energie insospettabili.
‒ Nuovi corpi sommuove a strutture materiche pensate stabili, le ribalta, annienta, ne demolisce le fondamenta per insorgere l’impensabile e opporsi a qualsiasi tendenza speculi sul nullismo.
‒ Infatti proprio coloro che lo perseguono, lottano in difesa dell’umanità, affinché mai, i devastanti cambiamenti epocali che la natura le sta ritorcendo contro da almeno una trentina d’anni, abbiano a ledere gravemente la sua resistenza.
* * *
(Estratto)
Un passo e il destino
sommuove raffinata forma del
pensiero una luce che
incastona tempo spazio e sole
nel giardino scolpito d’aria e
richiami incandescenti da
mordere
Immanente l’inganno
sulla pelle dipinge occhi finti
eruttati sudari sbalordiscono
mareggiate alla fantasia che
ascende direzioni nei salti dei
pesci
Diversamente il mare
non esaurisce onde; sotto
moti incontinenti slega quadri
sguaina cornici conficca i
ricordi nelle nascite che
fuggono disciolte …
… Intorno
le progressioni fervono attese
disereditano il vuoto alle immagini
insondabili criteri interplanetari
smaltiscono infezioni
‒ Silenzi aprono anticipatari circuiti
spinti fuori
denudano corpi e fitte
rifratte soglie
animano la parola
e sostanziano
Giallognolo
lastricato di fratture
un caos scisso alle molecole si
sperde amarezza – Ne annuso
la rivolta vergine rimediata alla
scrittura assetata di messaggi
officia mare l’abbraccio
inconfessabile che il vento
risuona furia
Il dolore non dorme mai
ustionato irrompe memoria la realtà
dei papiri e allega ai distanziamenti
che investiti da sassaiole ingorde
spezzano gli affari raggruppano
capacità e prospettive sulle pieghe
alte degli alloggi …
… Nell’impronta si raccoglie
chiaro gelido abbacinato di
specchi un principio verticale i
cui punti rantolano pulsione
un seme mai giunto a fioritura
che urla arsura l’ebbrezza
del risveglio fuori
dall’esilio
Solo amare rinfranca l’asfalto
sciolto catrame in bocca
erutta briciole
in terra al respiro
Così insinuata
ho sottratto alle savane
la gazzella mutilata
rinvenuta sciarada antica
fetida losanga addosso
intrusa nel vizio di vivere
ho saziato traiettorie sfigurando afflizioni
contese alle ombre, hanno stagnato quarzi
disincastrato spasmi alle fughe
nel bagliore declinato controluce
hanno accudito il vuoto eternato
senza ragione mortale …
… Sovrano è intervenuto il corpo
ha specchiato la fronte nei vetri
sorseggiato il cuore alle radici
cantato sulle sponde del Giordano
una fierezza sconosciuta, impastata agli avi
ha mutato la scena – Strapiombi
hanno dialogato con l’irrequietezza
la miccia ha svoltato crocevia
la sete fosforica e invescato
fiaccole alle istanze che innalzano
irrisioni sui rottami e giocano
Valanghe le ore giungono
elettromagnetiche; sul mouse espandono incomprensioni
in fondo ad Ade torturano Medea e Persephone liquefatte
tra sciami meteorici, risvoltano ininterrotte accensioni
tra una chiave e un asse
traspirano lampeggiamenti cosmici
senso che inventa effluvi di cristalli
e germoglia l’erba nei capelli
L’increato dunque naviga sotto
la pioggia battente, nel freddo-caldo
concima i virus e nessun minerale sana
‒ Balenii sono dieci miliardi di persone che
non smettono
dissentire brividi
nel web scivolare le braccia
sugli schermi dirigere forme
‒ Fuori chat lo stupore dipinge
infanzia un focolare divelto tra
parvenze dissolute e madonne
menzognere rimosse da cieli
d’acqua sollevano in punta di
spighe, il pianto e abbeverano …
… Niente è noncurante come l’istante
riesuma genetica la solitudine
febbrile ravvisa picchi
collegascollega allabeltà
sversa tempie
improvvisa uomini versanti
e trascina nella danza
rammentando sull’acqua
‒ Desta curiosità calcarea, incardinare
sbocco dalla ressa, l’incompiutezza
dei pomeriggi estivi squallidi
dilatati sotto al sole, vagano corridoi
lusingano primizie languide
estasiando in corpo
svampano tagli
nella laguna ignara
Dal resto fingo di non essere isolata
riparandomi nella pioggia scrosciante
legandomi a ragnatele e persiane
mi assopisco carezza rubata alle anse
uncino marionette
nell’esausta doglianza avanzo asmatica
a fronte del vacillamento giungo a dimostrare che il buio
scaglia distanze sulle punte delle rette
‒ Vedono l’inaccaduto i guardiani, mi riconoscono naufraga
rifratta d’acqua, sfreccio il tempo avanti
sfarinando calanca
plano aquila e ammaro
D’altro canto
è istinto dell’uomo perpetrare la circolarità del tempo
nel salto mortale quadruplo sforare la sorte
su terrazze e disappunti annaffiare lo sfaldamento della
pece, fracassare convenzioni e cicatrici
scese in punta di scure
nella mia stanza mi hanno consacrata estranea
assediata da pungiglioni causa del distacco
ho attecchito il taciuto ad un vago paesaggio di
gemme
‒ Lo scruto stremando agguati alle lucerne
schizzo l’urlo avanti al nulla che animi
increata al raggio, la non giustifica
dell’aurora
… Muta nella folla
indago i respiri
li tocco
‒ Un brusio ebbro di crune
fatiche bronzee e segreti
è sentinella inespressiva d’ogni incontro
‒ Nulla basta alla memoria che svanisce
nel bicchiere mezzopieno, l’amore
cercato ingordo nella stoltezza
di bagnare i guanciali
infeltrire gli occhi
invidiare i fiori alle api
Ora sporgo
l’angustia sottopelle, nella poltiglia intingo
le fenditure, svelano sfiguramenti
velocizzano ideogrammi,
traducono il chiarodiluna in lingua
di Bethoveen
‒ Scoperto il nervo è inserto
varca cartilagini; apre sulla fine
mari irrazionali li cavalco onde di
muscoli ed ossa
galoppano pianeti, per ogni stella inventano
cieli, scalpitano lingue irreligiose
abbattono il niente riempiendo orizzonti di giardini
vergini, ravvivano lo spazio ed espandono
scrivono che nessuna certezza è verità
solo la fuga dilegua
Lagenitura è bulbo
ingravida fiamme di parole
non svanisce longitudini e volumi
invade il disorientamento
nascono collisioni …
… Nel brulichio
l’acqua è risacca
pareggia erranze
disseta la diversità
storna i tagli stanca le
regole di Dio
vendute in devozione,
scortano dispensa
inconoscibile, gli innesti
di plastica e
sperimentano
agonizzando l’onda nera
liquefatta
Fuggenti occhi di drago
rossi nell’aria partono i treni
sconfinano le attese bagnate di periferie e
Siberie, accasciano norme usurando la
morte fra correnti in estasi
‒ Stamane quello delle sette e trenta
fischia puntuale e dilegua un silenzio che
rimbalza sciabole
trafuga lampi viatici
alla ribellione
Il passaggio estirpa
all’alibi indecifrabile, la custodia dei
desideri nel bisogno di esaudirli, tra inferi
e salmi sulla pelle che scorticano
‒In alto scorgo la finestra sgangherata
che mi ha ammutolita statua trapunta
di bugie, lallazioni e sassi, ho risalito
volte alle promesse e congiunto ai
rovesci ‒ Le fate prive di capelli turchini
ho torturato per vendetta, stanate nei
castelli a mezzanotte abusavano i colori
banchettando lune piene col terrore
alticcio che incanta il tempo, lo
imprigiona spettro …
… L’ esperienza è inventario
gioca a scacchi con il mare originando
latitante ai cancelli, la libertà
schiva che risale fondali
‒ Mulinelli ne ridondano guizzi
contaminano la massa marina in seno
all’anima che specchia nell’audacia dei
pesci, i salti e moltiplica
Ossidata, ritorno nell’inizio
nel numero senza vie annego
i guadi sordi tagliati alle convenzioni e
concupisco memoria il Nilo, carne
nuziale dominio del vento turbina che
nulla esiste eppure lui mi sta
sognando
nuda, lo so! E facciamo l’amore ovunque è spettatrice
la bellezza indispensabile a scontare l’alibi
alla morte e gustare la luce naufraga
dell’oscurità
Nello stridore spiaggiata, ho
rimosso lo spareggio ai
granelli e sottratto lo scatto
alla deriva coincidendo volo
e tonfo, nella delusione
inarrendevole che l’erranza
apposta tra esche e gabbiani
nel luogo pensato, ma già il
punto sposta il segno e svolta
lo sguardo
Dal mio canto
la vita spenta nei lampi pallidi
ride piange deraglia lontananze
‒ Ogni cosa si riscrive incompiuta
la continuità riprende a consumarsi
Avanti al reparto dei sottovuoti
strazio i bottoni, dentro la pelle
rapina apparenze, mi sgrano nella fila e discosto
‒ Fiscale la cassa avanti dissolve la folla
la rimuove eterno scorrimento …
I giorni sono vagli invisibili
… Nulla muta il corso inverso
la solitudine ricicla veglie
sono campi di marzo le domande
archi tra finestre giocano alla
roulotterussa; lapidano il destino
‒ Il grigio dell’impronta è cera e
discioglie; talora si crede zattera in cammino
incendia canne al vento, ne impicca i rantoli
bruciano in gola brandendo festa un falsetto
da espiare colpa al tempo, senza ragione
Tizzoni, gli alfieri matti ho affrontato arpe,
solfeggio allucinato ho asceso a pelo d’acqua il
vezzo d’immolare Isacco
‒ L’afflizione ha seccato il latte
denudato il pianto; la marcia accecata, avvolta
nei segreti, ha lievitato radar, l’abbandono
‒ Gli astri affiorati sono polvere di limo
urtica i baci, appanna le seduzioni corrompe la
noia senza vendicare lo sputo caduto in faccia
‒ Platee nomadi appaiono e scompaiono
adornano l’infelicità a sprezzo dei rimedi
frusciati postumi, ora sventagliano timoni
tra mani sporche
disfano acqua fuoco aria
ne impastano zolle al concime
Nulla trattiene strappi e senno
per ogni maschera
burattino e sipario
prova la sorte a generare nomi significanti
l’identità delle Perseidi accerchiate in rogo
‒ Ne riconosco le filigrane che filtrano ferite
senza nome pigmentano balbettii
come monitorare il soffitto
sfrecciare dicerie agli untori
dirottare torri di controllo, sul marmo
localizzare fondali di perle
disperdendo conchigliette nel becco
della gazzaladra
Mentre scrivo, le cicatrici drogate scindono gli atomi
… Universalità è parolaimmagine della
trascendenza
contesa che assottiglia il Verbo
consola il sogno infedele trasudando venature
gialloavorio, estorce al sole
‒ E sono gli occhi germogli d’alfabeti
incidono pellicole, in rifrazione fondano stato, la luce
e convertono gli amplessi in messe a fuoco infinite
forme che il silenzio affiora canto, del pensiero
ostaggio
Nelle giunture appena schiuse
mi infiltro fatalità, sorprendo limbi lunari
genealogie celesti succedono alle pietre bianche
divinamente levigate squarciano il tempo
in nome dell’Amicizia alleano Gesù e Lazzaro
nell’eco che implode i sensi
sfuma le arterie alla morte …
Niente smette la natività perpetuamente mutante
… È il tempo
(…)
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Alfonsina Caterino
Il tempo non disperde
Edizioni Frequenze Poetiche
2021
pp. 82
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Biografia di Alfonsina Caterino
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