MIRKO SERVETTI, Venticinque haiku


Rido in autunno
sugli insetti drogati.
Amami in basso

 

*

All’ora terza
il mio loto emana alcol:
festa dorata

 

*

Corpi lontani
questa fortezza di noi
sugli alfabeti

 

*

Nell’altra vita
regalerò ghiaccioli
alle tue ciglia

 

*

Aree di sosta,
vomitando scirocco
a prima notte

 

*

Si è respiro
con pura cognizione
di tempo e luce

 

*

Così giunse un dio
rivestito di carta
e acque fragili

 

*

Così, da tempo,
lascio sedimentare
il tuo silenzio

 

*

Sei triste, Praga.
Longarone, sei triste.
Hybris e parole

 

*

Godot, la morte?
Ridi pure tranquilla,
ritarda sempre

 

*

Genova è luce
scodellata dai monti.
Lo penso a notte

 

*

C’è psicotropia
nell’area della bocca.
La lingua arretra

 

*

Ma quest’inverno
accenderemo lumi,
oro e musica

 

*

Fabbrica vuota,
la tua fame in affitto.
Non moriremo

 

*

Bruni algoritmi
nell’ondosa serata.
Si cena tra un po’

 

*

Scorrete lenti
umori del tempo.
E siate in ascolto

 

*

Braccianti e santi,
la stessa condizione
senza riscatto

 

*

Noi, un tempo figli,
abbiamo quasi colto
scorie di voci

 

*

Sarai bohème
negli antichi sospiri
sotto quel ponte

 

*

Eros malato,
come striscia sul mare…
Versi esauriti

 

*

Mi raccoglierò
su questo o quel dirupo.
A mente spenta

 

*

Anni trascorsi
nella chiara ignoranza.
È nato un bimbo

 

*

Grigi rimpianti
per i mesi a venire.
La strada è nuova

 

*

Muoio in Armenia,
mia nomade radice
nell’est vivente

 

*

Il vino vecchio
sarà la vertigine
di fine inverno


Biografia di Mirko Servetti


 

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