Rido in autunno
sugli insetti drogati.
Amami in basso
*
All’ora terza
il mio loto emana alcol:
festa dorata
*
Corpi lontani
questa fortezza di noi
sugli alfabeti
*
Nell’altra vita
regalerò ghiaccioli
alle tue ciglia
*
Aree di sosta,
vomitando scirocco
a prima notte
*
Si è respiro
con pura cognizione
di tempo e luce
*
Così giunse un dio
rivestito di carta
e acque fragili
*
Così, da tempo,
lascio sedimentare
il tuo silenzio
*
Sei triste, Praga.
Longarone, sei triste.
Hybris e parole
*
Godot, la morte?
Ridi pure tranquilla,
ritarda sempre
*
Genova è luce
scodellata dai monti.
Lo penso a notte
*
C’è psicotropia
nell’area della bocca.
La lingua arretra
*
Ma quest’inverno
accenderemo lumi,
oro e musica
*
Fabbrica vuota,
la tua fame in affitto.
Non moriremo
*
Bruni algoritmi
nell’ondosa serata.
Si cena tra un po’
*
Scorrete lenti
umori del tempo.
E siate in ascolto
*
Braccianti e santi,
la stessa condizione
senza riscatto
*
Noi, un tempo figli,
abbiamo quasi colto
scorie di voci
*
Sarai bohème
negli antichi sospiri
sotto quel ponte
*
Eros malato,
come striscia sul mare…
Versi esauriti
*
Mi raccoglierò
su questo o quel dirupo.
A mente spenta
*
Anni trascorsi
nella chiara ignoranza.
È nato un bimbo
*
Grigi rimpianti
per i mesi a venire.
La strada è nuova
*
Muoio in Armenia,
mia nomade radice
nell’est vivente
*
Il vino vecchio
sarà la vertigine
di fine inverno