CIRO DE NOVELLIS, Il senso dell’attesa

A volte incalzante, a volte lento e ritmato, in ogni caso quello di Ciro De Novellis è un canto e in questo canto la vera, grande protagonista è la vita, con tutte le sue contraddizioni, con i suoi quesiti irrisolti, ma anche con i rimpianti, le incertezze, i dubbi e le paure che si trascina appresso.

La sua presenza è muta, però è assoluta: in effetti essa è dappertutto, nel tufo antico, nell’acqua che rimbrotta, nella terra arbosa, nel vento che strappa le foglie dai rami, nei profumi e negli antichi odori di fragranze, ma anche negli sguardi di gioia e nell’oscuro dolore.
Spesso nei versi del nostro poeta è la vita stessa che parla, quasi in prima persona; a volte, invece, appare e scompare tra le parole, usandole come uno schermo; a volte, infine, rimane sullo sfondo, come un convitato di pietra, a suggerire immagini e pensieri.
Il senso del suo evolversi è incompiuto, forse solo immaginato; e neanche la poesia ha le definizioni che occorrono, o le risposte, ma solo negazioni. La poesia, come dice in modo quasi programmatico il testo della retrocopertina, pone domande incerte e chi risponde replica se stesso, che è uno in mezzo a tanti, mutevole, variabile, che arriva e poi scompare, flessuoso come l’eco.
Così la vita, nonostante tutti i nostri sforzi per comprenderla, rimane sempre un mistero; il gioco, i numeri, il magma delle parole, l’arte, tutto contribuisce a renderla indecifrabile nel suo continuo mutare.
Ed a questa indecifrabilità sembra adeguarsi anche il linguaggio di Ciro De Novellis, tra frantumazioni, singulti, capovolgimenti di significati, fughe in avanti e ritorni improvvisi.
D’altro canto nella nostra esistenza c’è tutto, ma anche il contrario di tutto, la luce e il buio, il bianco e il nero, l’ignoranza e la sapienza, l’ottimismo e il pessimismo; e poi, come dicevamo prima, ci sono anche gli sguardi di gioia e l’oscuro dolore.
Principalmente, però, c’è il momento della riflessione, dell’orfico pensare, che a volte cerchi di raggiungere tuffandoti nel vuoto di te stesso, ma c’è anche il momento dell’ironia, dell’incoerenza, del sorriso, oppure della vera e propria risata, che spiazza tutti e smaschera l’inutilità delle cose, riportandole nella loro vera dimensione; o meglio, che toglie la luce alle cose effimere, quelle che non contano, ed illumina quelle veramente importanti.
E tra le cose importanti, quelle che contano sul serio, c’è anche il mito, la leggenda che attraversa la storia e si sedimenta nell’inconscio collettivo; allora qui il poeta si confonde con lo studioso della cultura e delle tradizioni popolari e le sue parole, come l’eco di un antico sapere, diventano anche frammenti della nostra memoria.
E infine, mentre la natura nella sua grande opera cerca un equilibrio, mentre la vita cerca un’apparente giustizia tra gli affanni senza fine dell’uomo, il nostro autore, come estremo gesto di rivolta contro il non senso che ci circonda, decide di parlare solo con i gabbiani.
Per il resto c’è il freddo silente, lontano dai nostri occhi, ed a noi restano soltanto pensieri, fantasmi, ricordi (Enrico FagnanoIl senso dell’attesa – posfazione)

CIRO DE NOVELLIS

Il senso dell'attesa

Postfazione di Enrico Fagnano

Edizioni La Parola Abitata Napoli, 2017 - pp. 74
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