GIORGIO MOIO – Le asine di Saul di Tiziano Salari


Dopo il fallimento della poesia, la poesia è l’unico “rimedio”. Sembra dirci essenzialmente questo Le asine di Saul di Tiziano Salari. Più dettagliatamente, nonostante la limitatezza delle pagine (ma poi perché un libro ben argomentato e ben fatto deve per forza essere una specie di toma?) e la disposizione “simpatica” in estratti (dando l’idea della precarietà anche del pensiero. Leggiamo, poi, nella Nota posta alla fine del volume, che gli estratti, qui proposti con titoli, altro non è che un’introduzione a «una più ampia ricerca che porta il titolo Poesia e senso dell’essere. Escursione non convenzionale nella poesia italiana del Novecento, secondo un criterio di lettura innovativo» (p. 61), si traccia in esso – a nostro modesto modo di vedere – un percorso filosofico letterario della modernità e della contemporaneità, nel segno di Leopardi e contro l’intuizione tutta gonfiata di quel pallone gonfiato del Croce e di tutta quella critica asservita.

Leggiamo volentieri che si rivaluta tutta quella scuola di pensiero dei vari Conti, Rensi, Tilgher; che Leopardi non va considerato come poeta idillico dalla “vita strozzata”; che (finalmente qualcuno che la pensa come me!) il male della poesia italiana del Novecento, almeno di quella parte che si è bagnata per decenni nel fiumicello dell’ermetismo e/o assoggettata ad una poetica della regolarità e della sicurezza anacronistiche (mentre nel resto dell’Europa si dava corpo ad una “poesia caotica”) lo si deve a Le occasioni di Montale, Il sentimento del tempo di Ungaretti e Parole di Saba, con la complicità del devastante crocianesimo quale immagine compiaciuta della provincia, impedendo ogni infrazione mentale, riducendo a irrazionalisti i poeti “dinamici” (che hanno poi tracciato la via della Poesia) e, appunto, il grande Leopardi a poeta idillico.

C’è voluta poi tutta la forza di quella poesia che considera il fare poetico come interrogazione dell’essere per aprire nuovi spazi alla poesia, relegando il Croce e compagni a poveri provinciali. O per limitare i danni, p. es., l’uso di un linguaggio “minore” e contingente, lontano dai centri di potere, da una visione pietistica e addolcita della realtà, in contrapposizione al Grande Stile, al populismo (o neorealismo).

In più, tutto Le asine di Saul, dall’inizio alla fine, verte sul fatto che il critico moderno italiano, sia esso critico di professione o critico-poeta, si è sempre distaccato dalla vita, facendoci comprendere la sua verità, senza interessarsi – secondo Salari – di individuare una poesia come ricerca della verità: «In genere, i poeti italiani hanno sviluppato l’elzeviro dove hanno raggiunto anche brillanti risultati, come Montale o il Pasolini di Descrizione di descrizioni, ma è mancata ai critici professionisti, per i quali il lato specialistico del discorso ha teso a sopraffare quello della Ricerca di

Verità, che pulsa nelle pagine della grande saggistica europea da Benjamin a Lukas, da Benn a Thomas Mann, da Simmel a Heidegger, da Dilthey ad Adorno, senza distinzione di specialismi filosofici o letterari» (pp. 48-49).

Questo volume non deve essere interpretato come lo sfogo di un intellettuale contro una certa critica di mestiere. È anche uno sfogo, sia ben chiaro, uno sfogo argomentato e pungente su larga scala (Salari spara a raffica, certo, sulla scarsità della cultura italiana, che ammicca ancora all’arcadia), ma è soprattutto un’analisi accurata che non riconosce il ritorno all’intuizione e sensibilità poetiche crociane o alle pascoliane “piccole cose quotidiane”, a discapito di una poesia basata sul concetto di contraddizione.

E concludiamo questo breve scritto sull’analisi filosofica del linguaggio poetico alla ricerca della vita-verità, presente in questo interessante volume di Salari, con una chiosa tratta dal capitoletto La critica ermetica:

«L’Italia è da tempo immemorabile la patria del Realismo e del cinismo intellettuale, quale specchio del realismo e del cinismo di un popolo. Non ci sono stati, dopo il Medioevo, costruttori di cattedrali. Il grande romanzo moderno, la filosofia e la musica e la pittura, nelle loro più alte manifestazioni, sono nate altrove. Anche a livello poetico […] si è sempre teso a fissare il limite, a recintare il perimetro di Arcadia, a farlo diventare un boschetto di delicate sensibilità, tenendone al di fuori rotture ed eccessi […] la domanda sul senso dell’essere» (p. 41).

Di conseguenza si è operato «di più alla fossilizzazione di un canone che all’apertura conoscitiva, alla recinzione di un codice piuttosto che al superamento dello specifico letterario» (p. 62), con la società spettacolo a farla da padrone, con conseguenze a di poco disastrose che ancora oggi, in questo inizio di nuovo millennio, siamo costretti a fare i conti.

 

Tiziano Salari
Le asine di Saul
Per una ripartizione dello spazio poetico
Anterem Edizioni, Verona, 2004, pp. 63

 

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