DOMENICO CIPRIANO, Poesie edite e inedite


Dichiarazione di poetica (I luoghi della poesia)

La poesia fa sì che il pensiero e la nostra visione del mondo diventino arte attraverso l’espressione linguistica, ed è per questo che è parte innegabile della nostra esistenza e ci sarà sempre, come le altre forme della creatività. Credo che la poesia ci permetta ancora di collegare l’inconscio alla realtà. Per far questo, spesso, si avvale del ricordo, o di ciò che ne resta rielaborato dentro di noi, nei luoghi, nelle cose e nei desideri. Poesia, quindi, che rimanda alla realtà ma che diventa anche uno scavare nella memoria, personale e collettiva, non un crogiolandosi in essa, ma un’elaborazione continua della riflessione sul nostro divenire, senza perdere di vista la nostra origine, gli incontri, i rapporti umani, gli affetti e i sentimenti profondi, nonché i luoghi e il loro significato.

Dalla raccolta Il continente perso (2000) fino a Il centro del mondo (2014) ho continuamente riflettuto sul microcosmo della nostra esistenza, visto come antidoto alla trasformazione incessante della nostra vita, pur nella consapevolezza del nostro divenire; ma anche sul bisogno di evocare le vicende della nostra epoca remota, in particolare nella raccolta Novembre (2010) a trenta anni dal sisma del 1980 – vissuto durante l’infanzia – soffermandomi sul mutamento dei luoghi e del senso di comunità, nonché sul rapporto storia–memoria. Una riflessione poetica che si avvale di tanti elementi metaforici, poesia che col tempo è diventata più pacata, cosciente, come nell’ultima raccolta, L’origine (2017), che condensa un percorso macrocosmico, partendo dal nostro passato lontano fatto di ere geologiche, tracce antropologiche, echi cosmici – a cui apparteniamo più di quanto avvertiamo –, per arrivare ad una dimensione già indagata dal mio percorso poetico, un microcosmo esistenziale, ma cercando frammenti tra luoghi e personaggi che in qualche modo fissassero l’origine di sensazioni emotive o riflessioni.

Luoghi dell’esistenza, quindi, o racchiusi nella memoria, che possono essere anche i cosiddetti “non-luoghi” con il loro fascino, così vicini e così lontani, zone d’ombra, dove le vite si incrociano, ma spesso non si incontrano, eppure, nello stesso tempo, luoghi così intimi, sospesi nella loro bellezza di confine; luoghi di libertà, perfetti per un dialogo con se stessi dove è possibile scovare l’eternità della poesia.

Un bisogno di scrivere che si evolve nel pensiero e guida la scrittura in versi, un’impressione che ha il risvolto con immagini e segni, suoni e incastri precisi delle parole.  E, nel mio caso, la poesia è strettamente legata alla musica, espressa prima con la ricerca fonetica, nonché con la scelta stilistica di indicare un brano ideale all’inizio di ogni sezione poetica che artisticamente esprime – fin dal titolo – l’interpretazione in musica della tematica principale della sezione; poi continuando tale indagine in specifici progetti di jazz-poetry. Un completamento della mia espressione artistica, a partire dall’intesa che si crea con i musicisti, per far convivere le due passioni: poesia e musica.

Un equilibrio, quindi, di molti elementi, che si traduce nella ricerca continua di una “imprecisa precisione” che si può esprimere solo in poesia, per riuscire ancora a condensare l’indicibile attraverso la realtà (d. c.).

* * *

(Tre poesie da L’ORIGINE, L’Arcolaio, 2017)

Ci vediamo dal di fuori
esaminando movenze che ci appaiono strane
col corpo che sobbalza goffo da quell’altezza
dove un osservatorio tenta di capire meglio
la nostra vivenza multiforme e unita negli strati di colore. Hubble

osserva da 25 (venticinque) anni le onde
che si impreziosiscono e scompaiono
nel loro stesso respiro. Anch’esso
con acciacchi da vivente, curato per il suo sostentamento.
Se osserverà i fenicotteri si accorgerà

che non sono animali immobili
ma grazia e corollario di una creazione mutabile
tra luci distanti, impercettibili, solo immaginabili
o di un chiarore della mente
che non lascia arrendere la conoscenza.

E salviamo la distanza
nell’intento di conservarci intatti
mentre tutto si trasforma
incessantemente
nei nostri occhi scrutati da lontano.

(24 aprile 2015)*

* La poesia fa riferimento al telescopio spaziale Hubble, sigla HST, ed è stata scritta esattamente 25 anni dal 24 aprile 1990, data in cui fu inviato.

 

*

(per Sofia)

C’è sempre un risarcimento
un ciottolo di selce levigato
una disposizione del carbonio che scintilla
o il fuoco addomesticato
a sedimentare la memoria del cosmo. L’istante
dove spunta l’inizio dei pensieri
la nascita.

Ci saranno dissolvenze, la grazia di frammenti
provenienti da lontano, nelle foto
nei diagrammi dei ricordi. Solo una scena si ripete
sbucando da un’epoca scolpita
nel tepore di un’auto in partenza, in un viso trasformato.

Un dettaglio marginale – sepolto o inaccessibile –
che compensa l’angoscia
la distanza sconfinata dalle stelle.

 

*

(per Salvatore, che ha trovato i segni del Paleolitico in Irpinia)

Con delicatezza, dopo millenni di abbandono,
transitano tra le mani i resti
di una nostra esistenza sconosciuta, da ricostruire
o inventare nelle ipotesi più sognanti.
Un oggetto semplice (silice scalfito),
vorace se curvato sulle pelli di animali:

un sasso di cui non avremmo premure né interesse
se creature che ci hanno germinato
non avessero lasciato una traccia, senza
sapere del futuro, cercando di resistere
alle successioni del loro presente inesplorato.

Avremo la stessa cura (credendo illusi a un futuro eterno)
di tramandare un legame duraturo
con quanti attraverseranno questo spazio
e l’aria respirata da chi l’ha vissuto,
ora che lo sguardo ci rivela chiari
i segni illuminanti del paesaggio?

 

* * *

(Poesie inedite*)

Il sorriso

Quando penso all’infinito
mi dispero:
è un cerchio? un faro?
gli occhi, le labbra,
il tuo viso? noi che ci diciamo amore
all’improvviso?

C’è un dettaglio da cercare nel presente
che non ti lasci
indifferente se la mente si arrovella
e non trova alcuna prova duratura
negli oggetti realizzati, nelle forme che assume la natura.

Resta l’idea del pensiero appena cancellato
nel ricordo reinventato dalla forma
che accenna il tuo sorriso. E poi comprendo.

Ciò che si è perduto
rinasce scomparendo.

 

Nostalgia di un luogo

Ho nostalgia di un luogo
che non ho mai visitato.
Della sua lingua straniera e della musica
che ne è radice. Del sole mentre scompare
e della nebbia paziente
in cui immagino i volti la sera.

Un paese che non ha percorso il corpo
destinato a imprimere memoria
ma la mente ogni notte crea
trascinando nel pensiero ciò che sono stato
e ho desiderato. E nelle sue contrade ci incontriamo
per tracciare i nostri passi: due equilibristi
sopra questi abissi.

 

Il cliente

Nel modo di parlare
con le guance compiacenti
quel cliente obeso
aveva con sé un pezzo di me dimenticato.

Avrei voluto sedermi e ascoltarlo
al calore della tavola
da tempo apparecchiata, la risata
rilassata.

E più ripenso a quella scena
più ritrovo la pazienza assorbita negli anni

la serena nostalgia degli amici
che trascinano i ricordi tra bottiglie di rosso
e piatti enormi.

Un tempo lontano ogni tanto ci cerca
affabulando col silenzio, masticando il cibo.

 

Il respiro

Quando il nostro respiro
si unisce, nella notte,
tutto si ferma e ascolta
il battito che dettiamo al mondo.

 

Lo spazio minimo

In uno spazio minimo
sei rannicchiata: 20 (venti)
per 20 (venti) o 25 (venticinque)
quasi contasse la superficie che occupa
il tuo corpo. Cerchi una misura
da conquistare, senza infastidire,
un angolo da cui partire per vivere
il tuo mondo, la vita che si svela
poco a poco oltre la misura.

Anche io, bambino, mi ritrovavo
in luoghi piccoli e nascosti.
Un’esistenza ricreata nella mente
dove non riempie spazio il corpo
e si dissolve, perdendo ogni misura
ogni confine.

* I titoli sono inseriti per facilitare l’impaginazione e la lettura, nelle pubblicazioni normalmente non indico titoli. Essendo testi inediti potrebbero cambiare prima della stesura definitiva per una pubblicazione.


Biografia di Domenico Cipriano


 

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