ALFONSINA CATERINO, Il serto di viole mammole

«Conoscere, coltivarsi, studiare e ricercare, questo è il significato più importante della vita!» Le parole in mente a Katia risuonano come un rullo compressore che stritola i blocchi, li riduce a masse informi. Aveva visto un documentario scientifico in cui carcasse d’auto divenivano lamine! Lungo la strada le insegne luminose specchiano i colori nella pioggia che li erompe e filtra in cascate di fasce incendiarie. A casa l’accoglie il disordine consueto, alla fine d’una giornata intensa, fredda in cui tutta la libertà assaporata, annusando il profumo della pioggia, ora è ingombro d’una pienezza che è al contempo tensione, noia e fuga nell’immaginario…

Squilla il telefonino. È Gianni, la saluta. Katia risponde a monosillabi: «si , no, non lo so, vedremo, si, si può fare, vedrò di…». Gianni si stizza, non sopporta quelle pause che, dopo un anno, gli sembrano secoli. Lei, come in agguato al suo ribadire che l’ama ed amarla per lui non è un volteggio di voglie, gli ricorda l’appuntamento rimandato da alcune settimane, anticipando il suo invito… «Ci vediamo allora?» ‒ «Certo amore mio!». La viva voce di Gianni si spande nella stanza, magnetica e meravigliata. «Va bene per te martedì  prossimo?» ‒ «Si certo!» ‒ «Allora siamo d’accordo, ci vediamo nella sala thè del bar London, dietro al cimitero vecchio!» ‒ «È abbastanza lontano dal mio ufficio, Katia, lo sai ‒ Potremmo andare al centro, vederci al bar Bengala ‒ Ti va? ‒ Ricordi le sue vetrate d’un azzurro intenso e blu che paiono aver copiato i colori al mare di fronte? ‒ Sembrano scolpite di triangoli, di stelle guardiane, di sguardi affondati nelle rovine d’un tempo puntellato da paludi sabbiose che affiorano a perlustrare il presente! ‒ Ricordi la sera in cui sentisti una forza invisibile, trascinarti dentro a quegli sguardi e danzare nei loro occhi?» ‒ Hai ballato dicesti, in preda ad uno sdoppiamento febbrile che ti stordì per pochi minuti ‒ Infatti, mentre ti guardavo, capivo che eri altrove!» ‒ Un’energia plasmata d’affezione ti aveva sospesa nello spazio senza tempo!» ‒ «Ero vicinissimo a te, amore» ‒ «I tuoi occhi brillarono e si accesero i capillari ‒ Erano catturati da una visione sconvolgente, apocalittica e sanificatrice! Dio Mio, se ci penso Katia… ‒ Poi  la percezione del vuoto ti avvolse, come in un panno scottante!» ‒ «Ricordo Gianni, ricordo tutto! ‒ Non un panno ti dissi, ma una  dimora che duplicava sé stessa continuamente ‒ Linee e forme, nell’accavallarsi mi evocarono un labirinto trasparente nel quale si intersecavano soglie e filiere interminabili di ginepri ‒ Era a forma di tunnel, profondo da non potersi guardare, e la sua bianchezza accecava» ‒ «La parte visibile proiettava dentro, una sorgente d’acqua color oro ‒ Fu in quel punto che sentii l’anima fuoriuscire dal corpo ed essere inghiottita dalla sua fonte ‒ Un mare d’occhi mi sommergeva, mi apparteneva ed anche quelli che avevo captato nella danza, mi appartenevano… Ero un’entità senza forma e danzavo… ‒ Conoscevo la persona che sono la quale mi seguiva, come un’ombra e passava ovunque… Ricordo nitidamente di aver oltrepassato la porta della morte» ‒ «Sai tesoro», Gianni la interruppe per dirle che le sue parole le teneva scolpite interiormente. Si erano liquefatte in un mormorio lento e continuo, come flusso impossibile a tacitare…! E continuò, «Talvolta si fanno voce e mi  scuote!… ‒ Ne vengo risucchiato e sbuco magicamente nel luogo ove tu sei ed è un luogo in cui ti intravvedo estraniata, seduta su un’altalena, giochi ad invaghire le insidie alla vita» ‒ «Katia, io ti amo d’un amore vergine che nessun essere umano ha sfiorato» ‒ «Ti amo, Katia» ‒ «Anch’io ti amo, Gianni!» Vediamoci dietro al cimitero vecchio, caro…!» ‒ Un brivido la scuote, è quasi buio.

«Domani non deve passare senza ritirare il vestito blu indossato alla nozze di Giulia e Gilberto» ‒ … «Sono due mesi che sta lì ‒ Finirà che si perde, se non provvedo! Bisogna assolutamente che passi in tintoria, domani!» ‒ I passi si affrettano sulla strada, prima in salita, poi in discesa ancora in salita. «Che fatica! ‒ Tutto costa fatica, anche andare ad un appuntamento d’amore!» ‒ Adesso avanza spedita, sembra che corra; ha indossato le scarpe basse per marciare sicura accordando i passi con la strada umida e scivolosa. La sensazione di essere pedinata da qualcuno la sta accompagnando da quando è uscita di casa ‒ Svolta in un vicolo, subito ritorna fuori. È cieco, non porta da nessuna parte! Un timore improvviso le serra la gola, si ferma, si appoggia al muro. «Cosa mi sta succedendo? ‒ Sembra di stare nello stesso punto». «Ho imboccato di nuovo il vicolo sbarrato!» ‒ Annotta! Ad ottobre annotta presto ‒ «Cammino da un’ora e vedo le stesse case, gli stessi gerani ai balconi ‒ Buona sera Katia, dove corri così contenta? Buonasera Rosa, scappo in tintoria e spero che non chiuda prima che arrivi ‒ Va tranquilla cara, sono appena le tre, la lavanderia apre alle sedici e trenta e chiude alle otto e mezza… di tempo ne hai!» Poco avanti Katia guarda l’ora, il suo orologio segna le diciassette e quaranta… «È palese che Rosa dopo il brutto atterraggio dell’aereo di ritorno da Monaco, non sta più bene ‒ E ha tutte le ragioni! Non è possibile rimanere gli stessi quando si è toccato terra con un motore in fiamme, un’ala che brucia proprio dalla parte dove era seduta, il panico fra i passeggeri e gli ultimi minuti vissuti fra la vita e la morte ‒ Più passa il tempo, più riscontro in lei una somiglianza inverosimile con mia madre, anzi a volte sembra lei… Stesso sorriso beneaugurante, stesso passo, stessi occhi che perlustrano, ma restano incantati ‒ Trovare un candore come quello, in un’altra persona, proprio non pensavo che potesse succedere e, invece»… «Portava in mano una cosa colorata, bella… ‒ Ricordo! Era un mazzetto di viole selvatiche, lo portava al braccio, un serto di viole mammole!» Una strada così ampia, io non pensavo che esistesse! ‒ Quanta luce! Sembra di ruotare su un sistema planetario stellare, intorno ad una altro sistema stellare! ‒ Non mi acceca, mi attira come una calamita ‒ Il buio dietro mi soffoca ‒ qui sto bene ‒ Camminerò lentamente, non fa nulla che non arrivo in tempo a ritirare il vestito ‒ Al diavolo i vestiti, ne comprerò altri mille ‒ Non mi importa nulla dei vestiti ‒ Ora sento la vita ‒ Questa luce è vita» ‒ «Meno male che è passata Rosa, non c’è anima viva intorno, avrei avuto paura ‒ Paura? Cos’è la paura? ‒ Io non lo so! Io non ho paura! ‒ Ricordo che la paura esisteva ‒ La luce aumenta caricandosi di mulinelli e reflussi! «La sento riscaldarmi la linfa di bambina, quando mi attorcigliavo nell’erba alta e nuotavo giocando a saltellare sulle onde… Ancora mi bruciano le guance dall’emozione ‒ Oh! Ecco il cimitero antico! ‒ Ho fatto tanta strada, pensavo di essermi persa… ‒ Sono le otto, com’è possibile che non me ne sono accorta? Prima di entrare nel bar vado a salutare mia madre!» ‒ «Ciao!» ‒ «Cosa sono queste lamine intorno, chi le ha messe, stanno solo da te! Non riesco a capire! Sono venuta da poco a pulire e già sei circondata da un giardino posticcio! ‒ Anche la fotografia è schizzata di fango; avrà piovuto!» ‒ «Le violette invece sono fresche» ‒ «È un serto! L’avevo capito che era un serto, lo portavi al braccio! ‒ Proprio adesso deve suonare questo benedetto cellulare? ‒ Un momento, arrivo!» ‒ «Si, un istante, ho il secchio d’acqua in mano, bisogna pulire… » ‒ «Katia, dove sei, ti sto aspettando dalle tre, sono le cinque e… sono preoccupato! ‒ Stai bene? Avevi detto che passavi in tintoria e poi da Rosa ‒ Cosa è successo? ‒ Katia guarda sul comodino, non riesce a mettere a fuoco. La macchia oscura che gli occhi proiettano sull’orologio, le impedisce di vedere l’ora.

«Nulla Gianni, non è successo nulla!»   

/ 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.