AA. VV., Siamo contro i concorsi letterarii a pagamento!


Appena apro la mia pagina fb, la prima cosa che leggo è “A cosa stai pensando”? Spesso vorrei pensare ad un accidente di niente, per non deprimermi in questa società di merda. Ma non riesco a non pensare, e noto che anche per l’arte la partecipazione ai premi è a pagamento. Quando la finiamo con questo mercimonio? L’arte, come la poesia, è libertà, evidentemente una libertà fasulla se gli artisti, specie se giovani, per farsi notare anche attraverso concorsi e premi, sono costretti a pagare la loro libertà di espressione! (g. m.)

 

* * *

 

François Nédel Atèrre ‒ A giudicare dalle inserzioni pubblicitarie che appaiono, FB non è interessato al nostro pensiero in senso animistico, ma alle nostre preferenze commerciali. Anche quando esprimiamo qualcosa di apparentemente slegato dal commercio e dall’impresa, l’algoritmo lavora per quello.

Mary Blindflowers ‒ Eh sì, tant’è che se linki i post si vedono meno perché preferiscono le inserzioni e i link a pagamento.

Antonio Spagnuolo ‒ Carissimo e ottimo amico Giorgio Moio – Mi sono accanito ad indagare su di un premio che dichiara apertamente il numero dei partecipanti paganti (parte per 20,00 euro e parte per 15,00) ed al conteggio ho potuto conoscere che chi organizza ha incassato oltre 4000,00 euro! Esentasse! Fessi noi che prepariamo un premio senza tassa di lettura!

Giorgio Moio ‒ Non lo so, carissimo Antonio; so solo che la dignità di un artista si pondera con la sua libertà di esprimersi. Il problema non è tanto causato da chi organizza premi, che parte già con l’idea di fare soldi, altrimenti non chiederebbe una tassa di lettura per leggere qualche testo, ma da chi crede di valorizzare la propria libertà pagando per entrare in contesti che, probabilmente neanche lo leggono. Poi c’è la categoria di chi pur di apparire, alla ricerca di una illusoria considerazione, si venderebbe la propria madre. Io sono in una botte di ferro, in questo senso: la madre non ce l’ho più. Dài, amico mio, stiamo facendo bene.

Lella Buzzacchi ‒ Per quanto riguarda la domanda «A cosa stai pensando?», rispondo sempre con un sorriso: «E io dovrei dirlo a te, a una macchina, agli sconosciuti?». Jamais!

Giorgio Moio ‒ Infatti. Vogliono sapere anche cosa pensiamo queste macchine?

Bruno Di Pietro ‒ Oh Giorgio, perché ti poni ingenue domande? Se non ci fossero quote di iscrizione non ci sarebbero premi medagliette e cotillons per i vincitori, non ci sarebbero le spese da sostenere per gli illustrissimi giurati (rimborsati e in qualche caso pagati) che spesso lo fanno per mestiere, non ci sarebbero eventi per consegnare medagliette. Fai prima a dire aboliamo i concorsi ma dubito seriamente sia giuridicamente possibile. E poi come si costruirebbe quella rete di vassalli, valvassori, valvassini che popolano il neofeudale mondo della poesia? L’unica via per ora di uscita è qui, con tutti i limiti del caso. ma questo è già un altro discorso. Non rovinarti invano il week-end.

Giorgio Moio ‒ Bruno, vogliamo dare tutto per scontato? A chi giova? Certamente non a noi, ma a chi vuole mantenere lo status quo. Quindi, credo che certe domande vanno poste, anche per non dimenticarci il da fare che è tantissimo.

Bruno Di Pietro ‒ Giorgio sai che io ci provo. Lo hai visto. Ma tu sai quanti nemici ti fai in questo arduo percorso? A me “piace spiacere” (come dice Guccini in “Cyrano”) “io amo essere odiato”… ma chi se la sente di esserlo insieme a me?

Giorgio Moio ‒ Sì, lo so. Ci provi, ma se ti può consolare piace anche a me farmi spiacere se riesco ad intaccare anche minimamente il marciume che c’è nella cultura odierna.

Bruno Di Pietro ‒ Giorgio e allora ci incontreremo spesso perché io sono uno che le grane, se non ce le ha, se le va a cercare!

Giorgio Moio Abbasso il “politically correct”. Nell’arte è come una prigione.

Bruno Di Pietro ‒ Giorgio sì, purché non siano parole scritte sull’acqua.

Giorgio Moio ‒ Mi ricordi un mio verso: «vorrei scrivere una poesia sull’acqua ma non ho l’inchiostro adatto».

Bruno Di Pietro ‒ Giorgio Moio è un bel verso!!!!!

Lella Buzzacchi ‒ Sono perfettamente d’accordo. Non partecipiamo ai premi dove vi sia da pagare una quota. Per quanto donchisciottesco sia, continuo a credere nella libertà della poesia.

Dario Ulkrum Zumk ‒ Io ho rinunciato ai premi da circa tre anni, a meno che non sono senza richiesta di denaro.

Mary Blindflowers ‒ Ormai l’identificazione dell’arte con il marketing è un processo di marciume irreversibile. A parte concorsi e concorsini tutti a pagamento in cui si lodano e imbrodano da soli, anche a livelli alti prevale il business e non solo in Italia. Ma vi sembra normale chiamare uno che mette animali sotto formaldeide dentro teche, artista? Eppure… E sono milioni che girano. Perché i soldi fanno altri soldi. Se poi non sai fare nulla poco importa.


 

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