DORIS BELLOMUSTO
Oro e petrolio
L’amore è un pugno nel ventre,
oro e petrolio.
L’amore è grembo e placenta,
nutre, ma non sazia
*
Propositi
Cercare il buco nella rete,
lo spiffero e lo spiraglio.
Con l’amore nelle tasche
pagare i miei debiti.
Se resta qualche spicciolo
comprare sogni nuovi.
(da Vuoti a rendere)
*
NANNI CAGNONE
XV
Nel séguito delle notti,
luce segue l’oracolo,
negativamente si compie ‒
è questa la conoscenza
elementare, la guida
per chi muova
nel valoroso sole.
Non c’è perdita nel buio,
bensí adempimento,
definitiva imitazione
d’ogni tentata vita ‒
i cedri non possono
spostarsi, per questo
apprezzano il vento.
Ora indugi
innanzi alla scuola
in cui imparasti
a mentire.
(da Sterpi e fioriture, La Finestra Editrice, 2021)
*
DONATO DI POCE
Vivo nelle cose che non so trattenere
Vivo nelle cose che non so trattenere
In tutto quello che non vedo
E nelle parole che non so dire.
Mi perdo nel silenzio delle cose
Come polvere che fluttua nel vento
Ascoltando i ritmi sbagliati del silenzio.
Sarò guardiano delle parole scomposte
Che balbettano nell’assenza dei vivi
Ascolterò la dissonanza di una visione
Che si ostina a vivere nelle pause del respiro.
Milano 26/01/2022
*
LUCIANA GRAVINA
Lamento per le twin towers ferite
(New York 11 settembre 2001)
Non erano le cinque della sera e non so se ci fosse
un orologio incastonato-appeso alle pareti delle twin towers.
Due, erano due. Ahi, lucidi pinnacoli, le due spighe
d’amianto, le due sfide al cielo, brulicanti di vite
affaccendate, e l’uomo
d’occidente sventrato, nella sua pace in armi.
Non erano le cinque e nemmeno della sera.
Non erano le cinque della sera, quando trillarono (perché trillarono)
tutti i telefoni del mondo.
Fino alle cinque e oltre della sera,
a pelle tesa, a occhi sfasi, a video acceso.
No. Non volevo vederla, nuova polverosa morte,
morte crepata in corpo, non di sangue, morte di smog.
Ma ho creduto che mi accadesse di fianco. Ora potrei (o dovrei?)
barattare il mio segmento di pace, questo segmento
di pace alla finestra, alla finestra sul mare e di fronte il
monte alto del Fortino, e la finestra
nel mezzo, cioè io alla finestra, appunto in mezzo, potrei
scambiarla con tre bombe su Kabul. Oppure tre notti
(di pace, dico), per una sola bomba, perché non è dato adesso
sapere se un missile vale tre notti di pace o una notte è per tre
bombe, mi piacerebbe, mi converrebbe magari, trovarle giuste
le bombe e tonde (sopra Kabul, naturalmente), qui a questa
finestra con la mia notte di pace perché di fronte c’è
il mare (alla finestra dico) e a fronte i monti alti
del Fortino, e me con la mia pace nel mezzo. Ahi, le twin
towers ferite…!
Voglio vederli.
Voglio vederli qui, gli uomini di coraggio, appollaiati
sulle fabbriche delle armi, asciuttinpianto.
E le donne.
Canto delle donne occidentali
Ci siamo vestite di nero
per questa morte diversa
noi donne in nero (o baccanti?)
donne baccanti in nero
la veste succinta e i capelli
sfatti, scollati alla fronte.
Donneinnerobaccanti.
Ci siamo vestite di bianco
perché bianca è la morte
nera le vita nera
somma di tutti i colori
noi che portiamo il nero
noi che portiamo la vita
donne da stupro e da storia.
Da sempre mettiamo parole.
Voglio vederli qui gli uomini di coraggio, in armi, accosciati
sulla febbre delle donne dannate nel buio del burqa.
Canto delle donne afgane
Abbiamo nei rozzi cotoni
annientato l’oro degli occhi
e il canto della bocca
dentro la rete di tela.
Figli polverosi per mano
portiamo il furore del ventre
in fuga verso il confine
le dita dipinte nascoste
nel buio del burqa
noi principesse di rayon
oriniamo le soglie di fango.
Ora forse, potrei (o forse dovrei) vederla questa morte,
enorme dentro la Storia, incollata al presente, finalmente
perfetta. Ora che il vento è il boato delle twin towers da crollo,
e la furia è soltanto la febbre del Talebano, forse
dovrei (ma potrei?) strappare il burqa (o indossarlo?)
dipingere bocche (o sfiorirle?), avviare canti (o tacere?).
Voglio vederlo qui il coraggio, hic et nunc, in presenza
del presente, qui ed ora, tra un burqa e una tower.
Ahi, donne baccanti in nero e le principesse di rayon,
e le twin towers fiorite di morte, le mie notti di quasipace!
Poiché niente è più insolente di questo presente.
*
DANTE MAFFIA
Avevo deciso
Avevo deciso d’andare via
da questo mondo esausto, alla deriva,
quando tu sei venuta a farmi compagnia.
Tu bella e dolce e viva,
profumata d’amore, senza finzione,
un balcone
aperto sul mare.
Adesso la strada è meno scoscesa,
la nostra intesa
ha saputo dare
senso anche alle nuvole in cammino.
Non è poco, t’assicuro.
Non ho più soltanto il muro
davanti, alto, oscuro,
ma un orizzonte di luce che aspetta
che tu arrivi e mi
baci
e dia retta
al mio cuore e alla mia carne di braci.
*
GIORGIO MOIO
il non vivere
è questione di oggi
la rima non rema
nella versione opposta
del rimare
resta la rimanenza
dell’umano
*
FRANCISCO SORIANO
69
e la bellezza distoglie da ogni senso di fine ‒
dilaga la speranza,
fino a racchiuderla in due palpitanti mani
appena – in preghiera
dopo un ansimante miracolo.
era solo schiuma,
infatti ‒
volteggia il dolore dei corpi
e si ricomincia
alla ricerca di un naufragio salvifico
con il gelo sulle ciglia del mattino
appena risorto:
come quel dio inventato e, già,
subito ‒
morto.
e le anime dove sono,
quelle inquietudini
sul frontone un po’ più in basso di un eremo.
senza luce
aborriscono le ombre
quelle vesti
senza grinze –
i corpi si muovono e si arrestano
sono guglie confuse in lontananza.
e primigenia, la bellezza si sveste e riveste d’amore –
ci sono palmeti ondeggianti
che non ne contengono il respiro:
acuta,
la paura si tramuta in dissidio.
ne è valsa la pena,
sussurra il cieco –
nell’angolo di quella piazza dall’antro bianco
come il ventre
di quella noce divorata dal tarlo.
che resta, se non
una volta di cera
nell’immobile presagio del tempo
(da Frammenti, sulla bellezza e sulla sua inutile illusione di accendere in noi una speranza liberatoria)
*
ANTONIO SPAGNUOLO
Parole
Le tue parole hanno l’oblio del peccato:
nude tra i rami neri e le foglie,
improvvise e interrotte solo alla fine
del tempo.
In un gioco senza sosta che rende martirio
ho saputo che ritorna primavera
eppure ancora il sussurro apre ogni stanza
con un gesto delicato e un turbamento
che gioca all’incanto.
Ci sono manovre che marcano il ritorno
disegnando finzioni e intermittenze
rinnovando gli spazi assieme ai sogni.