CRESTOMAZIA
Testi verbovisuali di: Mirella Bentivoglio, Franco Falasca, Grazia Fresu, Gianluca Garrapa, Siti Ruqaiyah Hashim, Serse Luigetti, Franco Panella, Lucia Marcucci, Claudio Romeo – Alfonso Lentini, Giovanna Sandri, Antonio Spagnuolo, Stefano Taccone, Patrizia Vicinelli.
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MIRELLA BENTIVOGLIO
Libro etimologico: teste textile
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FRANCO FALASCA
Le rose e l’asino
Danzano le rose e l’asino
alla fonte dagli scrosci bianchi e schiumosi
tenero era l’astio che borbottava
nel granaio curvo e pigro;
l’irsuta origine del gesto
ripercorre le catene ondulate
dove i gesti smarriti nel rito
arpionano le antitesi nel pozzo muschioso
d’origine orientale.
Se le righe che sbarrano il testo
interpretano i ritmi
tace all’orizzonte il calcolo delle liane
smemoratezze mal considerate od
ignoti eventi che arpionano le antitesi
nelle grotte delle nostre arabescate coste.
(da Aa. Vv., Poesia senza kuore, a cura di Mario Lunetta, Robin Edizioni, 2010)
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GRAZIA FRESU
Si dice che in ogni poeta
Si dice che in ogni poeta
c’è una madre tessendo parole
c’è un animale feroce in attesa
c’è un fiore di mille petali
che ancora non ha nome
una svolta imprevista
nell’angolo della sorte
un dolore per inventarsi il giorno
un miraggio maturato
nelle perdite nei cammini
un silenzio unico per ricevere il vento,
si dice che in ogni poeta
si assemblano caravelle
per mari sconosciuti
e terre lontane lo aspettano come
il testimonio che possa raccontarle,
gli si muovono i versi
gabbiani in cerca di una riva
gli sanguinano i ricordi e le dita
mentre mangiano nelle sue mani
derelitti e uccelli notturni,
irriga continenti e isole
con luce di luna acqua di pozzo,
si dice che in ogni poeta
liquidi del suo corpo rischioso
si mischiano con la polvere delle rovine
nella chiarezza dell’albeggiare
negli amori dimenticati
nell’amore senza oblio
generando uomini.
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GIANLUCA GARRAPA
alieni
la notte al mio paese
vedo atterrare
alieni nel cuore
ieri chioppe. grandine. troni e furmini.
l’odore che trae dalla terra
questo grigio cielo di sogno
quando incauto precedi il ricordo
con questo presagio di eterno.
lu ’ndoru de terra de asfaltu
lu ’ndoru ete n’astronave e te porta addhu vole.
voli. volo. trasmigro in quella dimensione
quando
papà era vivo. il giardino era un orto di stelle.
volo. a quando ero vivo. e vivevo qui.
dormivo qui. studiavo qui. morivo qui.
adesso che muoio altrove
quando ritorno ritorna l’odore
di terra di alberi di pelle animale.
comu n’astronave e scindune alieni
certi ricordi dritti nel cuore.
la notte quando senti sulu
nu silenziu chinu de tuttu.
e te senti stranu. te senti vivu.
te senti mortu. te senti lieve.
comu n’astronave galleggi
e le cose ca vidi te parune alieni.
(da Pagina bianca, Miraggi ed., 2020)
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SITI RUQAIYAH HASHIM
Nessun miraggio
(traduzione di Giorgio Moio)
Il tuo dolore
e il mio dolore
non sono miraggi
di percorsi paralleli di due mondi,
sono linee tratteggiate
che uniscono le nostre anime
e si uniscono alla tua confusione
e la mia
e non c’è nessuna quantità di versetto versato
che potrebbe guarire questa ferita.
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SERSE LUIGETTI
Concrete poetry
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LUCIA MARCUCCI
Il paesaggio falso
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FRANCO PANELLA
lA SEttiMana In vertiCAle-ASEMICA
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CLAUDIO ROMEO – ALFONSO LENTINI
Senza titolo
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GIOVANNA SANDRI
Cifrare le previsioni
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ANTONIO SPAGNUOLO
Azzurri
Trafiggemmo nel cielo alcuni azzurri
pastello,
ché non avevi spazi ad inseguire favole.
Era la storia che spezzava gli anni
tra le mie parole,
la paura di un flauto ferito
da quel dio insolito, schermato fra i cespugli,
sgualcendo cattedrali.
Nei solchi il tuo mantello, le unghie
del silenzio per ritorni d’amore,
nel gesto incaute occasioni.
Là dove c’erano glicini o soltanto
segni di una possibile scomparsa,
compaiono le orme delle nostre scansioni,
compaiono i giorni del giardino
che ripete il mio gesto.
Resta sospeso un capogiro
nel quaderno di un’ora.
*
Profumo di carne nel sortilegio della tua cera,
scolpita per stordire,
mentre s’ingorga l’inguine brunito
stringendo anelli e porpore.
Il candore della voce accresce distanze
tra le immagini inesplorate
e la mia alienazione,
rubicondo tranello di quelle luci del giorno,
che mi avvolgono quando sei tra le pareti.
Anche nei silenzi trovo la rete
col segno della fuga, e dai segreti sussurri
l’impossibile carezza della solita illusione.
Ad uno ad uno i cristalli sciolgono riflessi
tra le falangi ed i polpastrelli
nel confondere giorni e licheni.
Ora che il giorno non ha pupille vaganti
non riesco a vederti!
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STEFANO TACCONE
Fermata solata
fermata morta
nel tempo immenso
nell’invaso sterminato
cambia il vento
muta il clima
ora assolata
ora precipitata
in mezzo a tuoni
e allucinazioni
ma mai mezzo
passa e carica
fermata fantasmatica
alone metafisico
girone che nullifica
pensieri leggeri
come involucri
di plastica lucida
trasparente come bolla
infingarda come colla
fermata senza fiato
sprecato a correre
perché tanto tutto scorre
e uguale si ammolla
fermata limbica
di un evo infinito
non lampeggia il display
non si cura di un okay
desolata rimane
lasciando vacanti
le mani secche
e le braccia come alberi
degradati a stecche
fermata lontana
lontana da dove
chi l’attraversa
non ha luci nuove
corre e non si ferma
passa e conferma
ciò che non afferma
e non si sa
né da dove viene
né dove va
*
PATRIZIA VICINELLI