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LEOPOLDO ATTOLICO
Affettuosamente
a Vito Riviello
Della tua pappagorgia
mi manda ai matti il côté metafisico
l’andamento didascalico
tra gioia fiabesca
e turbamento contemporaneo:
un fiore che non fa ghirlanda
ma terapia del sorriso d’antan
fuori ordinanza
dove Botero ha fatto un nido di pace contundente
perché ci ha messo l’anima
*
ANTONIETTA BOCCI
Un sogno
Nella veglia s’insinua
una disperazione –
le lame del reale
riducono a brandelli
lo sfuggevole incontro
fra desideri umani.
Il volto si contrae,
le palpebre serrate,
disabili le orecchie –
tutto l’essere aspira
ad inseguire un’ombra
d’utopico ricordo.
È nel sonno soltanto
che dimora il senso – una
bocca che della vita
ride, mentre la mano
ricopre d’immortale
terra un’eco di figlia.
*
ALFONSO CARDAMONE
Fantarealtà
seduto al riparo del gazebo
del bar tu vedi soltanto
quinte e quinte e quinte
e poi auto che sfrecciano
da ogni lato forse
non c’è nessuno alla guida forse
in questo mondo di quinte
e quinte le auto sono gli ultimi
residui estremi dell’umano
avanguardie degli automi
che si apprestano ad asservirci tutti
settembre 2021
*
MARCO CONTI
Père Lachaise
In questo sogno i cancelli
sono aperti, le panchine vuote
ed è prima che la vita finisca
in un pomeriggio brunito di sole
come al Père Lachaise. Sono in ascolto,
in mano ho quattro ciottoli:
cozzano come un desiderio sotto il cielo
di rame. Qualcosa sfugge,
qualcosa è stato scritto sui polsini.
*
ALEQS GARRIGÓZ
Supongo que el girasol sabe
(Traduzione di Silvia Favaretto)
Supongo que el girasol sabe
lo que se siente todo esto.
(Esto: vivir esclavizado en los días a un sol que tanto duele y,
por la noche, sumergirse con pánico en la tiniebla cuadrada.
Y lentamente marchitarse,
mientras desfilan uno a uno los atardeceres sin regreso
de un destino –el propio– incomprensible).
Suppongo che il girasole lo sappia
Suppongo che il girasole sappia
quello che vuol dire sentire tutto ciò.
(Ciò: vivere schiavizzati tutti i giorni ad un sole che fa così male e,
di notte, immergersi con panico nella nebbia quadrata.
E lentamente marcire,
mentre sfilano uno ad uno i tramonti senza ritorno
di un destino – il proprio – incomprensibile).
*
ORONZO LIUZZI
P/1
mi manca il sentito sollievo degli altri
il deglutire frammenti di memoria
il fruscio degli alberi la sera
i visionari pettegolezzi al bar sotto casa
il vento dolce della nostalgia
il gesto tenace della vita.
migro dentro e fuori le onde luccicanti del mare
nel minimo pezzo pulito di cielo
nei deserti al crepuscolo
migro nel fiato di una danza selvaggia
migro nudo nei segreti più riposti
attraverso montagne a notte fonda
dove il silenzio non corrotto si riproduce
nell’asfissia del vuoto lungo gli anni
nelle sale d’aspetto e negli ambulatori.
1974
*
CARLA MALERBA
Incontri
Che buone cose
certi incontri
aiutano
quando ci si volta
a scorrere
la turpitudine dei tempi
di mille e mille anime
la storia
ad ogni pagina scritta.
Solo per questo
lettere di fuoco
non bastano
a dire che è sogno
si sia potuto vivere
o morire
come estratti da una lotteria.
(Inedito, febbraio 2020)
*
MONICA MESSA
Ogni tabellina ha un suo colore,
come la mattina dalla finestra
che va dal blu all’arancione.
Quella del tre sembra un fiore che muore
(modi d’amare che restano)
quella del due decisamente marrone
(occhi che sorridono per l’ultima volta)
quella del cinque color cane triste
(non picchiarlo, non picchiarlo più)
quella del sei pallida lama
(il papà ti ama)
quella del quattro biondo grano
(correre, correre al sole).
A quella del sette non ci è ancora arrivata
(non ci voglio andare, lasciami stare).
Ha le scarpe al contrario
ma non le importa.
Per seguire le formiche non serve equilibrio.
*
RAFFAELE PIAZZA
Mirta nel mio specchio
Sei nel mio specchio, Mirta,
campiti i nostri volti
nel vetro che pare infinito.
Ti sei uccisa, Mirta, e non
ci credo e invece è lutto
per la bandiera della mia
vita. Abbiamo mangiato
insieme al ristorante
dei vivi e mi parlavi di
Anne Saxton anche lei
suicida. Dicevi la vita
è bruttissima come una
bambina di 44 anni, Mirta,
donna dei boschi e prigioniera
del tuo film.
*
ALBERTO RIZZI
? T’aricordas li culp vud in t’la tu porta
Gèra l’angussa indènter
y ‘na mota ad dumand ka n’tle videvi
? T’aricordas combien de culp vud in t’la tu porta
Piciàdi par las seras d’octobre
par l’umbrìa clara d’un matin de nèbia
et los arbores chi vèrz’anquò li rami
cumm’ le pium d’ün pavun
virrdi…
Las palabras ka t’urlìa in t’la recias
par la vidas intuorno
se son fündè in t’la tèra
kum ke l’angussa indènter
ka nun t’a vulevi vider jamais
(tratta dalla raccolta inedita Il movimento del musicista)
*
ROBERTA SIRENO
allora si ritorna alle vertebre in flessione, alla notte
crepuscolare che piega l’angolo
ed estremizza l’allungamento infiammatorio:
il tendine si spezza ad ogni ricerca si sente
nella torsione gli organi, i visceri, le pelvi e la marea
sommergere: nel singhiozzo del mondo
nessuna parola è pronunciata
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Grazie per l’ospitalità. Lieto di vedermi accanto la “vecchia conoscenza” Oronzo Liuzzi – sempre valido – e Monica Messa: che sta crescendo molto bene; e mi illudo che un po’ di merito vada anche agli stimoli che le ho dato.