ARMANDO BERTOLLO
Volumi immaginari*

Il primo ‘quaderno’ inedito, ricevuto in anteprima dall’autore per la sua pubblicazione, con il titolo “volume immaginario” è risultato Finalista al Premio Lorenzo Montano 2020, indetto da Anterem nella sezione Raccolta Inedita.
Immaginiamo per un istante d’essere di fronte all’inestricarsi di ciò che pure è apparente, tangibile quasi, per quanto apparentemente dilatato nell’assenza di forma che non si lascia afferrare, se non dallo sguardo creativo che superato lo scoglio dell’immaginifico, giunge al concepimento onirico del sogno, o forse, dell’illusorio abbaglio della luce; al pari del risveglio dal bozzolo della farfalla la cui forma eclettica (dei disegni e dei colori) fuoriesce nel vuoto che la circonda, e che s’invola a dar luogo alla danza sulla musica costante dell’aria che l’accompagna nello scompiglio necessario, o forse, in una specie di ordine necessario, che la rende viva, come dentro uno stato di ebbrezza febbrile …

“la farfalla notturna —— sostava nell’ / ombra / del bordo dell’ _ orinatoio bianco / — all’improvviso / manifestarsi / di una necessità: un tiepido fiotto d’am / bra / si turbò / come un pipistrello / scosso — dallo scroscio __ di un sogno” (a Marcel Duchamp)

Misurarsi nella capacità di rincorrere / tracciare — tratteggiare le linee di questi voli astrusi può risultare piuttosto arduo, per quanto l’odierna quantistica insegni, insieme a tante altre cose, che è possibile rappresentare ciò che è credibilmente visibile, catturandone dapprima il ‘suono e le vibrazioni’ che circondano ogni cosa, così come l’afflato della cifra verbo-poetica che l’avvolge, purché non se ne violi il mistero. Ciò che vale per i vuoti e gli spazi, per le forme e i colori, come per i suoni e la musica, poiché tutto rientra nella concatenazione matematica della creazione, l’unica formula che accoglie in sé le linee cosmiche della spazialità così come le forme intangibili e immateriali della creatività, in rappresentanza delle espressioni e dei valori dell’umana conoscenza …

“del frutto il_ pro_fumo / vite udite _di _vite / il suono — strin-gente / — l’im_ma_gi_ne ___osservate / ___di ___lumi_no_sa / l’inter_faccia / ___sen_za_ap_pigli / —per l’insett—o / om_bra _di vite___udite / lapres_sione _ i_ il tormento / nel_l’o-riz_zon_tale / materia / la testa_al_vuoto / (a) — fili —rami—di—nel buco_lico —soste_gno / della cor_nice _ eco_no_mica / origini — / se in pianta stabile / ___c_erti_fica_ti”

È così che la natura ondulatoria intrinseca della quantistica applicata alla ‘poesia teoretica’ di Armando Bertollo “tra pa(r)lato e orto-dossia, tra regola e te-gola, tra desiderio e volontà”, sembra esplodere quando non è ancora forma, cioè ancor prima di raggiungere una sua compiutezza, permettendo al lettore di spaziare nell’evoluzione delle linee grafiche (onde, rette, tratteggi ecc.), e dei caratteri tipografici (punteggiatura, monosillabe ecc.) che l’accompagnano: dai reconditi ‘vuoti’ alle ‘forme’ avite dello Yin e yang (parti del ‘tutto’ nella cosmologia cinese), in cui i versi dell’autore s’adombrano e s’illuminano di quella ‘gioia di volare’ che da sempre accompagna il desiderio antropico universale …

“—l’affondo_del c a l a b r o n e /— è repentino / puntuale___eminente /— tragico come un tallone / —il tocco lo fa pre-ci-pi-ta r e / e letterarlmente / —presto / —af-fon d a / — re—nudo”

“grillo _ e / —lucciola / —piccole ore esti-ve / —giocare___insonni”
“—___lucertola / ___ballerina / ___pattina___mattutina — / —sul— / ricordo— della brina—”

Siamo più vicini a Dio di quanto pensiamo di essere, sì che un lettura analitica coinvolgente entrambe le formulazioni teoretiche avanzate dall’autore, si rivela sempre più aderente a una partitura musicale, in cui il testo grafico ‘delle forme’ e quello più esplicitamente poetico ‘delle parole’, compone una sorta di compensazione, che agisce equamente sia a livello conscio che a livello inconscio sulla ‘autoregolazione del pensiero’ individuale, teorizzata da C. G. Jung in ‘psicologia del profondo’.
Cosa non succede in un cervello di così sbalorditivo, quale confusione, qual è, per così dire, la funzione poetica di una trattazione che fin da principio appare teoretica?
Assistiamo agli estremi di una ricerca che solo apparentemente traspare, e che pure accoglie in sé la completezza del creato e tutta la bellezza del mondo segreto del suo autore. Armando Bertollo infatti suggerisce dapprima di abbandonarsi all’intuizione, allo sguardo d’insieme, quindi approfondire la creatività specifica insita di ogni singola tavola, e infine, elaborare i collegamenti filosofici applicati alle linee di congiunzione, ai teoremi formati dai cerchi come punti di riferimento, da cui partire per rifare il tragitto all’inverso …

“ ( ? ) —cos’è ‘grondaia’ / quest’—azione della bocca—/ nel dire___quasi a vuoto / _ (vongolare) _giù_verso / —con l’ingombro — della lingua / —minimo / —a ritrarsi / —schivando papille e corde / ___masticando / ___di gronda / —in onda?”

Dacché le assonanze e le dissonanze musicali, le congiunzioni onomatopeiche, gli ossimori contrastanti, forniscono qui la chiave sonoro-simbolica di questo elaborato discorso poetico, presago di un futuro linguaggio comunicativo interscambiabile, con funzioni diverse, quante sono le scienze chiamate a interloquire: psicologia, filosofia, sociologia, fisica, matematica quantistica ecc. Ognuna afferente alla singola cellula allo stato di formulazione del bozzolo embrionale da cui nasce la nostra farfalla iniziale, un ibrido nelle forme, come nei disegni che nei colori, la cui composizione è altrettanto esile quanto effimera, al pari dell’ombra che lascia nello spazio e nel tempo del suo passaggio, subito afferrato e riaffermato dall’illusorio abbaglio della luce …
Altro non resta che lasciarsi abbagliare e battere le ali nella danza, lasciarsi cadere nei vuoti e risalire verso gli estremi lembi dei pieni inglobati nelle forme. Come narra una leggenda sahariana: basta il battere delle ali di una farfalla a scatenare una tempesta di sabbia. In fondo è quello che noi tutti, semplici lettori e amanti della poesia a noi contemporanea ci aspettiamo …
… l’afflato di una complicità indulgente e coinvolgente della formula apotropaica. (Giorgio Mancinelli, Volumi Immaginari… ovvero la danza dei vuoti e delle forme)

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Sono tracce che affiorano dal nulla, quali echi o memorie di energie segniche riconducibili al pensiero visivo taoista delle origini (I Ching), le linee rette e curve, e i tratti spezzati, o come abbandonati e galleggianti, che abitano le pagine di Volumi immaginari. Pagine dove la densità e la profondità della parola, il suo volume, fuoriesce dal proprio perimetro per dilatarsi e rifondarsi in immagini e segni. Una profondità e densità che viene percepita e visivamente ricreata e trasposta da Armando Bertollo negli spazi reali del tempo, con la consapevolezza che è solo in questo modo che la parola può essere sondata e letteralmente vista in tutte le sue potenzialità. Una sinergia forte e compiuta, quella tra parola e immagine, un flusso di significante e significato dislocato e tradotto da Bertollo in figure ritmiche perfette. Una concretezza visiva fatta di filamenti e trattini che si integrano e alternano al nero di forme e rettangoli disposti a volte anche su una pagina intera. La parola che implode/esplode nel nero, fino a farsi incandescente scia di luce, un non detto la cui essenza si scopre essere pensabile. Un nero, dunque, che assorbe e restituisce la parola maggiorandola in termini di intensità e destino dove, per destino, qui si intende quella particolare promessa e abilità della parola di far coesistere detto/non detto, stando sempre in equilibrio tra segno immagine e pensiero. Elementi, questi, che Armando Bertollo fa interpolare e reciprocamente interscambiare e vivere in un’acuta sapiente tessitura, creando quel provvidenziale reticolo capace di restituirci ciò che intimamente siamo o scopriamo di volta in volta di essere. (Silvia Comoglio, dalla 4a di copertina)

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Biografia di Armando Bertollo

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