WALTER NESTI, “Le ceneri rimosse” di Francesco Belluomini

(Pubblichiamo questa recensione di Walter Nesti a Le ceneri rimosse di Francesco Belluomini, già pubblicata su «La Gazzetta di Firenze» del 27 gennaio 1990. Qui, leggermente modificata dall’autore per «Frequenze Poetiche», questa recensione vuole essere anche un piccolo omaggio da parte nostra al poeta viareggino [Viareggio, 10 luglio 1941 – Camaiore, 27 maggio 2017] nel 1° anniversario della sua morte).

 

Francesco Belluomini, un viareggino arrivato alla letteratura dopo aver fatto il marinaio per molti anni, era noto per alcune raccolte di poesia che gli meritarono l’inserimento in alcune prestigiose antologie, e in particolar modo per aver fondato nel 1981, il Premio “Camaiore”, che in pochi anni divenne uno dei più ambiti premi di poesia.

Le ceneri rimosse (Newton Compton, 1989) prende le mosse da un fatto tragico della nostra storia, l’eccidio di S. Anna di Stazzema, e lo rivela a un pubblico più vasto come prosatore capace di suscitare sentimenti contrastanti di partecipazione e disgusto, pietà e odio.

La storia è veramente singolare. A S. Anna vide Dodo, un adolescente psicologicamente debole, che fin da bambino è stato oggetto del dileggio degli altri ragazzi del paese. Dodo diventa lo scemo del villaggio, si chiude in se stesso e dà sfogo, quando gliene capita l’occasione, alla sua ira repressa, alla disperazione per non essere considerato uguale agli altri. La misura raggiunge il colmo quando bastona a morte un uomo che aveva osato corteggiare sua madre. Viene arrestato e poi internato in manicomio.

Qui la sua vita si consuma in compagnia di pazzi che gli rivelano ogni giorno il baratro in cui egli cerca di non cadere. Unici sprazzi di luce l’amicizia prima di Giorgio e poi di Mario, ma sono solo attimi, poi la solitudine lo riafferra. Infine la guerra, la salvezza. Una bomba che cade sul manicomio convince i responsabili di dimettere i ricoverati, così Dodo si trova sulla via del ritorno, verso il paese dove nessuno lo aspetta, perché anche sua madre ormai è morta da tempo. Un unico pensiero lo rode: vendicarsi di coloro che gli avevano da sempre fatto pesare la sua diversità.

Da poche frasi udite per caso da due donne si convince che il vero pericolo per il paese sono i partigiani e Dodo sente che può servirsi di loro per attuare la sua vendetta. Vive con una formazione alcuni giorni e quando lo inviano al paese ad avvertire i civili di sfollare per non esporli alla rappresaglia tedesca, scende invece al comando di Serravezza e si offre di condurre i tedeschi a S. Anna, dove, asserisce, c’è un distaccamento di ribelli. Ottiene però dal comandante l’impegno di rispettare le donne e i bambini.

Quando al crepitare della mitraglia si trova vicino il corpo inanimato di una bambina, portandola in braccio raggiunge il comandante tedesco per chiedere il motivo dell’eccidio. Ma non ha tempo di finire le sue domande, paralizzato dalla tragedia e da quanto si offre ai suoi occhi. Muore così, desolatamente consapevole.

Un romanzo, quello di Belluomini, che si fa leggere d’un fiato e porta avanti una tesi fantastica quanto suggestiva. Può la storia servirsi, per i suoi oscuri fini, di un povero mentecatto? Ma Belluomini dà un’altra risposta non meno inquietante: attraverso la tragedia inconsapevolmente attivata, Dodo, nell’attimo stesso in cui capisce di morire, diventa veramente uomo, per questo rimane immobile ad attendere la giusta espiazione.


 

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