ROSA FRULLO, Una scrittura e una poesia d’attesa quella di Giorgio Moio

Io sono un poeta che lascia il compito per incunearsi nei meandri dell’incompiuto.Un continuo ed incessante lavoro di sperimentazione internamente alla parola mi cattura
(Giorgio Moio, Ciclone, da Scritture d’attesa)

 

Con lucidità intellettuale, Giorgio Moio descrive sia i contesti che le situazione, gli stati d’animo e le emozioni di chi affronta e lotta, in una infinita battaglia per difendere la poesia dal suo smembramento esistenziale, e ideologico. Per cui il poeta è stato costretto a creare un altro mondo tra il verosimile e l’autentico, vibrante toccante, in cui l’uomo poeta affronta un giorno dopo l’altro, la costruzione, la distruzione e la perenne attesa di un linguaggio/scrittura. Ma l’attesa porta con se anche la consapevolezza di una fine ineluttabile: «Il compito della poesia: riempie il vuoto con principi sempre più nuovi. La prigione attende di essere smantellata il nostro tempo: era ove l’irridente ed il comico e la sfrenata industrializzazione d’ogni cosa (perfino quella dell’uomo) hanno preso il posto della parola che crea, ove (ahimè) si arriva a pensare che il denaro faccia gli uomini. Si è smarrita la capacità di traslare il senso delle cose, la capacità di liberarsi da questo letamaio puzzolente in cui stiamo affogando a poco a poco. Il soggetto non esiste più, è da dimenticare» (da Per Equo Azioni, in Scritture d’attesa di Giorgio Moio).

Io credo che uno dei mali più temibili della poesia contemporanea è l’omologazione, che essendo per sua natura una struttura cancerogena, fatta di una sostanza tumorale invade il “corpo” della poesia/parola, trasformando tutto in una straziante metastasi. Il poeta Ferruccio Benzoni chiamava l’omologazione “una metastasi sepolcrale”. Il sepolcro in questo caso è ciò che resta della poesia/parola, un sovrapporsi altalenante di immagini e di flash back, dove appare il nostro passato, ma anche il presente drammaticamente incerto. La poesia per sua natura è trascendentale, ovvero certezza dell’immanente, ma è anche trascendente, spiritualità, anima, ideale; nella poesia di Giorgio Moio la trascendentalità è l’attesa delle parole: «Io sono un poeta e nulla più; un culminante profumo acceso di sangue, nemico delle parole convenzionate; voce complice di immagini che si fermano presso la stagione del tempo ove il farsi ha deciso di sfarsi; voce complice (infine) di frammenti dall’origine fertile che guardano i mille nomi al di là della soglia» (da Scritture d’attesa, 1989).

*

Anche in altri scritti come Sabbie mobili e Work in progress il tema dell’omologazione ritorna prepotentemente, tra silenzio e ossimoro ritmico associato con l’elemento visivo, che fa parte della simbologia di molti poeti “sperimentali”. Anche Valentino Zeichen arricchì la sua produzione letteraria con esperimenti di poesia visiva; ma Zeichen e Moio sono poeti del “trascendentale”, non li si può intrappolare in una forma chiusa. Lo stesso Zeichen mi confessò che si era dato agli haiku, o aforismi, perché non voleva cibarsi di parole in putrefazione: «Oggi va di moda Auden e il pensiero veloce…»:

[…]
è dunque lo
scompiglio
capovolge
larchetipo
un tono nuovo
fra gli estremi
deforma burlesco
traduce in
moltiplicazioni
i connotati di
unallegoria
(da Sabbie mobili, p. 9).


Biografia di Rosa Frullo


 

/ 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.