RITA PACILIO, Piccola antologia

Uno stato di stupore sotto gli occhi di tutti e che non vede chiunque. 
Questo è la poesia.
(R. Pacilio)

 

Si increspa il lago di Nemi

in un gesto di doloroso silenzio

a vederlo mordere nuvole

l’affanno arriverebbe in cima.

 

Salgono visitatori

in una strada scoperta riaffiorano

in mezzo alle piante

ragazze di colore nude a metà

 

pascolano paure

e cosce raggelate. E fissano

l’inquieta luce della sera

come fosse un contatto.

 

 

Chiedo perdono al mondo/ come lo chiedo a te/ per il mio

peregrinare stanco/ per l’urlo muto/ per la corsa che mi

affanna e dice./ Il destino è un cerchio senza fine.

 

***

 

Sputa i suoi drammi

coi colpi di tosse

per gioco, per amore

scorie sottili nelle mani esibite

è latente lo scontento sulle spalle.

Gli imperfetti sono gente bizzarra

lasciati nell’arena, non so dire esattamente,

come un silenzio, un ghigno.

Ho pensato che Dio ama l’insicurezza

e le sfumature dei dirupi.

Io mi trovo qui dove non si torna indietro.

 

***

 

Li ho visti avanzare a testa china

venire avanti a voli bassi di uccelli

in mano il sangue castano, le unghie

e

tra ginocchia l’acqua clandestina.

Li ho visti senza Dio, senza parole

con lacrime asciutte di rabbia luttuosa

singhiozzare l’amen di seni spogliati

al figlio trapassato.

Li ho visti assorti, smarriti, soli.

Portavano negli occhi i rovi del mondo

con decenza e con il pungolo nel cuore.

(Poesie tratte dalla raccolta Gli imperfetti sono gente bizzarra, La Vita Felice, 2012)

 

***

 

Lei è la maschia forza che risorge

dalla morte, sotto il porticato c’è

la festa alle viscere rancide

e la consolazione dalla tenebra.

È faticoso buttare i languori

quel primo seme raggrumato

largo, tornito, ricolmo nella gonna

colpita.

Quella sera erano una folla profanata

un tetto che soccombe molle, senza luce

tumefatto di collera.

Quella che hai amato

io l’ho uccisa

l’ho scucita lungo la schiena

le ho tirato via la carne

succhiato il sangue

l’ho stesa sul lenzuolo:

è lei stessa quel Cristo feroce.

(Poesia tratta dalla raccolta Quel grido raggrumato, La Vita Felice, 2014)

***

 

Quel giorno voleva fare un orto con la gente

raccoglierla per strada, imbiancarla di canfora

serbare nella valigia la tenerezza nascosta

nella crosta indurita, mantenere

il niente piccolissimo in cui si imprimono

frequenze cardiache, la voglia di toccare il lato

del suo letto, saperlo per le vie in ogni ora.

 

Ma lui è il vicolo cieco, il filo scuro tra gli occhi.

(Poesia tratta dalla raccolta Prima di andare. Poesie e lettere d’amore, La Vita Felice, 2016)


 

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