PINA DELLA ROSSA, Segni permanenti


(Nella giornata mondiale della violenza sulle donne, noi che siamo contro ogni tipo di violenza, in particolare quella contro le donne ‒ e i bambini ‒ come «Frequenze Poetiche» vogliamo dare anche noi un contributo, proponendo di seguito alcuni testi e immagini relative alla performance che l’artista Pina Della Rossa ha tenuto al “MACRO Asilo” di Roma il 21 settembre 2019. Il testo che segue e le immagini sono di Pina Della Rossa. Seguono contributi di Fabio Benincasa, Jacopo Ricciardi, Martina D’Ambrosio e Massimo Sgroi)

 

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Quando l’arte diviene canale privilegiato di espressione autobiografica non può che assumere due connotazioni, la prima dello scavo interiore, con una portata di sofferenza che precedentemente sembrava rimossa; la seconda di catarsi e di superamento del dolore, che si materializza in tutta la sua determinazione. Il nemico finalmente lo si guarda negli occhi. Le ferite come segni permanenti dell’anima diventano testimonianza non solo dell’Io narrante, ma di una collettività che si riconosce nel delirio universale di uno strappo intimo che la violenza provoca. Una violenza che ti fa sentire inadeguata, colpevole di non aver reagito, recisa nei sogni e nei desideri in un’età in cui dovresti essere dominatrice di te stessa. Ed in quel cammino di scelte e di progetti che stai intraprendendo tutto si incidenta, si ribalta.

Hai la sensazione di vivere una vita che non ti appartiene più, segmentata, lesa e straziata. Ti fai passare addosso gli anni ed inconsapevolmente fai delle scelte che ti conducono sempre verso quel punto, quasi a voler segnare il traguardo del “non ritorno”. Poi il dolore si lenisce con il potere dell’evocazione prodotto dallo scatto di una fotografia che non si presta ad alcuna produzione statica. Nasce “Dopo la battaglia”, un progetto in cui comincia la mia narrazione in cui intraprendo la “ricerca di me stessa”, Mi lascio alle spalle qualsiasi produzione ingabbiata in forme di realismo o di oggettività per privilegiare una fotografia che è disposta a negare  la fisicità ed a cogliere l’informale, l’immateriale che la società dell’apparire trascura, un informale che si nutre di tutte le sfumature dell’animo umano.

So, però, di dover continuare il mio viaggio per trasferire la sofferenza personale  all’interno di una meditazione collettiva che sappia  intrecciare la dimensione intima della singolarità con la pluralità di quei vissuti che condividono la legge bruta della prevaricazione e della violenza. Da qui, la riflessione di dare un nuovo volto al dolore, di renderlo addirittura pubblico, di aprire le porte al trauma convinta che l’arte sia canale di massima veicolazione sociale. Un dolore al servizio di quanti non ancora hanno superato l’indelebilità delle flagranti ferite dell’animo ed il peso del silenzio e della solitudine. Nasce, così,  il progetto “Segni  permanenti”, che culmina in una performance al MACRO Asilo, in cui si assiste al passaggio, sul piano personale, oltre che artistico, di una maturità che trascende la malattia dell’animo singolo per assumere la connotazione di messaggio universale.

Ciò che sto cercando di mettere in piedi è il ricorso alla funzione sociale dell’arte, ad una narrazione che vuole facilitare l’ingombrante e paurosa lettura dei fenomeni di violenza, che molto spesso restano nascosti nelle pieghe dell’animo, attraverso una testimonianza diretta che dia la cifra di quanto sia possibile trasformare quel dolore in un impegno a sostegno di se stessi e del genere umano. Io la mia battaglia l’ho vinta, nel momento in cui ho compreso di poterla narrare artisticamente. Ora la dedico a donne ed uomini che hanno bisogno di guardarsi dentro e di sapere che il silenzio va spezzato.

Il progetto al Macro si è svolto attraverso una performance collettiva in cui l’Azione è reale, come Reale è stato l’“ACCADUTO”.

Gli spettatori sono intervenuti dipingendo, con pennelli e smalto rosso, l’immagine del mio volto  fotografato, un  autoritratto in bianco e nero, senza bocca e senza naso. Nel contesto della performance, una voce narrante il mio testo personale, seguita da un accompagnamento

musicale (Sonata n. 3 “Ballade” di Eugene Ysaye). Ogni fotografia, sulla quale è intervenuto lo

spettatore, nell’ambito della performance, è stata fissata con un chiodo sporgente, l’una accanto all’altra, su un  grande pannello di forex, poggiato sulla parete. Su di un tavolo, invece, cinque foto recanti i segni con lo smalto rosso, sono state inserite in teche di legno con sopra un vetro, come chiusura. A completamento del grande pannello, composto dai  tasselli fotografici, è stata inserita, una foto con l’edera uscente da una lamiera con la ruggine, a simboleggiare la Rinascita.

 

AUTORITRATTO

 

SEGNO PERMANENTE

 

 

 

 

 

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PINA DELLA ROSSA | SEGNI PERMANENTI

Flagranti ferite dell’animo, “stigme” di celata violenza, rimosse
attraverso una performance collettiva a valenza catartica.

Direttore artistico del MACRO Asilo Giorgio De Finis
Testi Fabio Benincasa, Martina D’Ambrosio, Jacopo Ricciardi, Massimo Sgroi
Accompagnamento musicale Sebastian Zagame
Voce narrante Dario Riggio
Testo voce narrante Pina Della Rossa, Silvia Della Rossa, Emilia De Rosa

Ospiti:
Luigi Auriemma, Fabio Benincasa, Adriana Bucciano, Maria Antonietta Cambriglia, Franco Ciuti,
Antonio D’Addio, Martina D’Ambrosio, Paola Della Pia, Andrea Della Rossa, Chiara Della Rossa,
Loredana De Falco, Matilde D’Errico, Emilia De Rosa, Alessandro Iacobelli, H.H. Lim, Chiara
Mattone, Giancarlo Mattone, Francesco Gallo Mazzeo, Jacopo Ricciardi, Monica Schember,
Massimo Sgroi, Luca Troso.
Gruppo AIAS sez. Casoria (Napoli) Centro Sociale per Disabili con Salvatore Giacometti e
Ludovico Silvestri
Docenti del Liceo Gandhi di Casoria.

Contributi:

FABIO BENINCASA, Senso e relazione in Segni permanenti di Pina Della Rossa

Nel ciclo di lezioni da lui tenute al Collège de France, l’artista tedesco Anselm Kiefer,
commentando il processo della propria pratica artistica ha notoriamente affermato che “l’arte
sopravvivrà alle proprie rovine”. Nell’indelebilità del segno risiede dunque la vera materia
dell’arte. Tenendo fede a questo assunto l’intervento di Pina Della Rossa al MACRO si concentra  sul lasciare emergere un senso da un approccio volutamente frammentario ed evocativo.
L’oggetto immediato della performance artistica è il risultato dell’interpretazione stessa ed è in
continuo divenire tramite la relazione con il pubblico, permettendo l’affioramento, a partire da
una costellazione di parti, di un oggetto dinamico che allarga il campo del senso.
Segni permanenti, nella sua diretta franchezza, punta a costituire un vettore artistico che,
tramite la riflessione sulle memorie e sulle sofferenze personali, spinge i partecipanti verso
l’apertura universale di una meditazione collettiva.
Pina Della Rossa, invita il visitatore ad agire performativamente in prima persona sul materiale
messo a disposizione, segnandolo indelebilmente, collegando quelle che sono rovine di
pensiero e di dolore con un senso nuovo, ricostruendo storie dai resti di una singola storia. Lo
smalto rosso nell’allusione al sangue versato può essere memoria di dolore, ma anche
promessa di generazione o addirittura di redenzione futura.
Il pubblico è lasciato libero di decidere, ma conscio della necessità di cercare un apertura per
permettere la sopravvivenza della natura umana al di là delle sue proprie rovine artistiche.

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MARTINA D’AMBROSIO

La forza e la potenza dell’attività artistica talvolta permette la ripetizione di un Reale traumatico, la cui irruzione nel passato ha determinato delle ferite, delle tracce, dei segni permanenti. Il trauma ha le sembianze di un indicibile, è assente quella potenzialità rappresentativa che permette di elaborare e storicizzare un vissuto; così il trauma è caratterizzato da una atemporalità che immobilizza e incarcera il vissuto nel sempre presente.
Qui, il potere dell’arte e dell’attività performativa di Pina Della Rossa lascia l’accesso ad una messa in scena di quell’esperienza, migliorandola, rendendola accettabile, aprendola al pubblico, all’altro con cui viene condivisa; tale rappresentazione può determinare una ripetizione migliore di quell’evento, più accettabile; la realtà privata, chiusa e segreta del trauma lascia spazio ad una accettazione pubblica; si può addirittura immaginare che la performance stessa, pur nella ripetizione, porti un senso nuovo all’accaduto, un accesso alla possibilità di simbolizzare un’esperienza, storicizzandola.
L’artista Pina Della Rossa attraversa, in questa attività performativa, tutti gli stadi del trauma,
mettendoci di fronte ad una femminilità interdetta, assoggettata al segno dell’altro, ma in questo caso un segno delicato, di smalto; invita l’altro a riprodurre quell’evento attraverso la possibilità di segnare di rosso la sua immagine passivizzata, muta; quest’invito è però, finalizzato unicamente a sigillare sotto un vetro questi segni, rendendoli passati;
prova ne è l’emergere di una vitale luminosa natura.

 

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JACOPO RICCIARDI

L’immagine fotografica è un ritratto dell’artista, Pina Della Rossa, che si gira verso l’osservatore, offrendo, nel distante bianco e nero, un volto a cui sono stati tolti naso e bocca, mostrandosi soltanto attraverso lo sguardo. In questa lacuna rappresentativa e soggettiva, sofferente di una mancanza identitaria, strappata dall’artista alla donna-artista, gli spettatori dovranno intervenire con pennelli e vernice rossa. Il segno operato dall’osservatore-attore sul corpo della donna-artista è da intendersi ferita, lacerazione, violenta disobbedienza alla staticità classica dell’opera d’arte. Ogni volto ripetuto con il suo intervento rosso formerà un grande pannello, come un freddo catalogo di interventi intrusivi sulla persona e nella persona. Sul tavolo preparatorio, dove ogni persona farà il suo intervento dopo aver visto l’esempio dell’artista, saranno disposti alcuni tasselli con il segno rosso in una cornice di legno naturale con sopra un vetro appoggiato, come a imprigionare o a sigillare l’opera, o esponendola in una vetrina o conservandola come reliquia nel suo contenitore.
Sul pannello composto di tasselli ne comparirà un ultimo a colori che ritrae foglie verdissime davanti a lamiere arrugginite, citando il rosso del sangue. Qui l’artista indica il complesso del suo lavoro precedente, durato più di trent’anni, in una ricerca di rinascita necessaria, labile e pericolosa, sempre sfuggente ma materialmente tangibile.

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MASSIMO SGROI

Esiste la voglia di trascendere dal proprio corpo rappresentandolo attraverso le interazioni
simboliche e virtuali con il corpo dell’altro. Il corpo astratto rimuove, nell’esistenza disincarnata, la paura del dolore, della malattia, della sofferenza fisica. Esso è la sublimazione della bellezza che occupa il non spazio. E’ l’angelo (o il suo doppio: il demone) che si libra nella danza spettrale della pura luce. A questo proposito ciò che Dio ha definito come massimo esempio di bellezza, Lucifero, finisce per essere, nel momento successivo della creazione, l’incarnazione stessa dell’orrore del male. Pina Della Rossa rappresenta se stessa proprio attraverso il corpo disincarnato della fotografia che tende ad essere immateriale; nella dicotomia simbolica del suo lavoro restituisce a se stessa la valenza rituale della purificazione del corpo dalle ferite. E’ una attestazione di realtà che finisce per essere la metafora del corpo ferito che appartiene all’intera umanità; non più soggetto dell’arte ma oggetto assoluto della rappresentazione del dolore del mondo laddove è lo stesso corpo della Madre Terra ad essere ferito. Nel coinvolgere, infatti, i fruitori dell’opera l’artista napoletana condivide non solo la ferita stessa, simboleggiata con un attraversamento pittorico violento di colore rosso, ma il
senso profondo della liberazione catartica dalla violenza in quanto tale. E l’artista è la principale attrice dello spettacolo del reale e dell’allegoria dell’alterità. Il suo corpo è mutogeno e ferito ma il suo stesso fluire fa collassare le distinzioni tra ricettore ed emettitore, ovvero tra il medium ed il reale assolutizzando il senso della ferita perché ciò che funge da detonatore per l’accadere è, questo caso, il corpo stesso dell’artista.

 

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VOCE NARRANTE

“…… Donna ferita, spaccata nello scheletro e nell’ animo, sopravvissuta alla violenza, tramutando la fragilità in forza e non cambiando quello che era importante : le proprie convinzioni, le proprie risorse interiori, tornando a dedicarmi a ciò che mi mancava o meglio mi avevano tolto : i sapori della Vita, i colori dell’Arte…
Segni flagranti, stigme  perpetue  di celata sofferenza! le mie emozioni… trasformate in un’ Arte Rinnovata , Rinata dalle ceneri di ferite di violenza.

Ecco la mia fotografia!“

” Sono trascorsi giorni, mesi e pure anni…e sono qui, si’! Ci sono, sono VIVA, ce l’ho fatta! Bella, forte….. forte? Sono forte o son dovuta esserlo? Non lo so…ma sono qui. Eppure SEGNI indelebili, fisici ed interiori, come un’ombra in un campo soleggiato pervadono..il corpo, sono qui, dentro e fuori di me, ma solo io ho potuto vederli, sentirli, io soltanto.    Silenzio?”    indifferenza? Chissa’… IO ne porto il peso di questi Segni, ma sono qui, sono,pronta a dar VOCE……..insieme all’aiuto catartico di tutti voi!

Un volto!”

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Testo per voce narrante: Pina Della Rossa, Silvia Della Rossa, Emilia De Rosa

Voce narrante: Dario Riggio

Accompagnamento musicale: Sebastian Zagame


Biografia di Pina Della Rossa


 

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