NEVIO GAMBULA, Il giorno della strage di Bologna

Il giorno della strage di Bologna, il 2 agosto 1980, ero al mare, in Toscana, dopo aver fatto l’esame di maturità. Decidemmo, io e i miei compagni di viaggio, di partecipare ai funerali pubblici, previsti per il 6 agosto.

Quel giorno Piazza Maggiore era stracolma. La maggior parte dei presenti contestò duramente le autorità; si riteneva assurda la presenza delle massime autorità dello Stato ai funerali di una strage che presentava tutte le caratteristiche di una strage “di Stato”. Se ricordo bene, si salvò dai fischi solo il Presidente Sandro Pertini.

Di lato alla piazza, proprio nel punto dove mi ero sistemato, cominciarono dei tafferugli tra il servizio d’ordine del Partito Comunista e del sindacato, con l’ausilio di un cordone di polizia, e quello del “movimento”; i primi non volevano permettere ai secondi di entrare in piazza per evitare contestazioni ancora più violente, soprattutto contro il Presidente del Consiglio Francesco Kossiga.

Dieci minuti di corpo-a-corpo, finché si decise di uscire in corteo. Si passò davanti alla stazione, con ancora evidenti i segni dell’attentato. Immagini che non dimenticherò mai.

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Quella di Bologna fu una strage compiuta dai fascisti e con l’intervento, acclarato anche processualmente, di almeno tre alti funzionari dei servizi segreti italiani e, nella veste di probabile mandante, di Licio Gelli, “maestro (tutt’altro che) venerabile” della Loggia massonica P2.

La P2 aveva un forte potere di influenzare la politica italiana. Ad essa aderivano ufficiali di tutte le forze armate e della polizia, nonché uomini dei servizi segreti, parlamentari, giornalisti, industriali.

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Forse in molti non lo ricorderanno, ma la P2 elaborò un “Piano di Rinascita Democratica” che influenzò per anni la politica italiana. Il Piano era segreto (fu scoperto per caso durante una perquisizione alla figlia di Gelli, nel 1981) e conteneva una serie di obiettivi in tema di assetto istituzionale, di organizzazione economica e politica e dei media… Tutte le principali forze politiche si sono peritate nel fare propri quegli obiettivi e perseguirli, tant’è che oggi molti dei punti previsti dal Piano di Rinascita della P2 sono stati realizzati.

Il Piano prevedeva, ad esempio, il superamento dei partiti per favorire la nascita di due grandi schieramenti (centro-destra e centro-sinistra); prevedeva inoltre la diminuzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo (ricordate la riforma di Renzi?) e del proporzionale, la separazione delle carriere in magistratura, la trasformazione dei sindacati in sindacati concertativi (non più conflittuali), la limitazione del diritto di sciopero, il superamento del monopolio della Rai, il controllo dei media…

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Un’altra cosa che non si dovrebbe mai dimenticare è che in quegli anni l’Italia era “a sovranità limitata”. Tutta la cosiddetta “strategia della tensione”, cominciata con la strage di Piazza Fontana nel 1969, aveva come scopo quello di non fare governare la sinistra.

Come hanno appurato le ricerche storiche e persino i processi, quella strategia fu orchestrata da parti cospicue dello Stato, da generali dei carabinieri e dell’esercito, dai servizi segreti italiani (solo in seguito definiti “deviati”) e godette del sostegno, anche militare, degli Stati Uniti, con la Cia in prima fila, oltre che di una struttura clandestina della Nato, denominata Gladio, formata da militari, poliziotti e neofascisti.

Quando si parla di democrazia non bisognerebbe mai dimenticare che la nostra fu una democrazia sotto tutela americana; una democrazia poco democratica.

2 agosto 2021

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Biografia di Nevio Gambula

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