MARIO QUATTRUCCI, Salmo 4 

Ad Aldo, in memoria

(Per “Le parole del dialogo – pane e lettura”, Mario Quattrucci ci propone questo testo forte e complesso).

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1 – C’è spazio ancora spazio di là dell’autostrada e di qua per una pausa dal rumore e dalla luce c’è ancora modo di fermarsi in un bar di paese in una vecchia osteria di bere in penombra un bicchiere (mentre fuori il sole si spande e si spende) e tornare a parlare e ascoltarci e magari perfino sentire? perché certo non è nostra vocazione rester a contempler le eccelse vette e il mare senza fine e la vastità dei deserti e il rumore dei fiumi ma cercare e cercare come avessimo già trovato e trovare e trovare come se cercassimo sempre non è del cielo infinito e del corso delle stelle ciò di cui vuoi sapere ma di me e di lei e di loro e di te e della verità che è in noi. Forse.  

2− Sebbene chi può sapere daddovero chi può dire all’altro ecco le tue parole mi hanno fatto sapiente ora so chi tu sei e chi può dire a sé stesso ecco ora so ciò che porto davvero e sento entro me quale guerra si sta combattendo nel profondo di me ciò che voglio davvero e ciò che non voglio? Io ad esempio davanti a questo foglio di quaderno squadernato (si fa per dire perché il foglio come sai è uno schermo azzurrino trapunto di pixel) ma insomma davanti alla famosa temibile terribile page blanche epperò decisissimo a scrivere qualche cosa di me (e in versi naturalmente… si fa per dire anche qui…) ecco che mi ritrovo a peccare di molto a gravemente peccare e dunque di conseguenza a meritarmi il castigo che sempre (come sappiamo) segue il peccato…  

3 − E tuttavia sperando nel perdono e nella grazia perché beato è l’uomo (dice colui che disse) a cui la colpa è tolta e coperto il peccato… e perciò senza resistere (o con falsa resistenza) e fidando nella vostra comprensione e perdonanza (va da sé dopo aperta confessione in illo tempore autocritica detta) al dolce dolce/amaro peccato mi abbandono.        

4 – Veniale o mortale non saprei ma dal monito severo che discende ogni qualvolta ex cathedra et scripta (e con voce giudicante) ancor prima che il gran libro venga aperto (in quo totum confitetur/unde mundus judicetur) deduco molto grave… E pur sempre todavia (per dirla col Maestro) con speranza di una qualche remissione assoluzione di un però di un benevolo (appunto) todavia…: ma di certo un bel peccato perché (come mi dite) è resa e cedimento e perfino sentimento perché i nomi sono sempre ciò che sono ossia significanti ma tambìen significato e dunque quel peccato che sia detto finalmente va detto confessato va chiamato νόστος άλγος, nostalgia, nostalgie, ferneweh, nostalghia… o forse (più veniale) spleen malinconia melancolia (non però freudiana e atrabiliare) o forse solo tango (pensiero triste che si balla) o rimpianto o rimorso per ciò che s’è perduto per tutto che è perduto per le neiges d’antan e le speranze le occasioni le illusioni per le belle bandiere nel fango trascinate le drapeau rouge e il garofano e il stendardo al sol fiammante  l’ideale (entro terra dai campi al mar) l’ideale futura umanità… 

5 – Confiteor igitur: confesso… Ma senza pentimento: ché dolore non è colpa tanto meno del ritorno: e rimpianto non è fuga o rifugio dopo il crollo: sentimento non è sentimentale… e se è vero (ma è vero) che quidquid latet apparebit nil inultum remanebit memoria (memoir memory erinnerung recuerdo…) rimembranza non è non può essere peccato che Dio c’imputerà ma (iuxta Jacobus Leopardibus) di noi necessità: senza lei (senza memoria) non si è nulla e non sapremmo fare nulla.

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