MARIO QUATTRUCCI, La Misericordia

LA MISERICORDIA

 

A Mario Lunetta

 

                                                                                   Vince il male… La ruota non s’arresta                                                                                                        E. Montale

 

Il grande manto…,   te ne ricordi

in un giorno d’estate a Sansepolcro

come disteso e immenso in quella pala

de auro fino et de azuro ultramarino

e di cinabri stemperati nella mescola (terre e olio

al modo, dicono, del Veneziano),

lo rammenti come l’accoglie e la protegge

quella compunta ed elegante gente

che inginocchiata e pia lì si ripara (sotto al manto

intendo), e come non consente al male di ferirle

o inzaccherarle, o soltanto sfiorarle,

quelle persone così pie e belle e doviziose

(doviziose di fede innanzi tutto, per lo spirito su loro benignamente disceso –

e d’oro, ben s’intende, ugualmente per quel soffio

sovrabbondante della grazia che le aveva prescelte)

te ne rammenti come dal male le preserva e salva?

 

Un male, si suppone, assoluto anche allora

anche in quel secolo così a noi pregresso,

e sebbene del nostro, vigesimo e terminale

del più che pio e clemente secondo

cristiano millennio, nulla ancora sapesse.

 

Non le ragioni, né le feroci fedi riflesse,

né il silenzio dei lager dei gulag o di quella

anch’essa pia e misericorde radiosa mattina

di Hiroshima,

né il tic tac dei napalm in Indocina,

le nuvole di smog a Santiago e Bayres,

o il suono di castagnette tra il Ténéré e Charing Cross,

la sardana infernale che batte il tempo

sulle linee dei meridiani

– e sebbene a calare con ali di bitume

sulle rive del Hudson e del Tamigi – e dell’Eufrate, of course

e a Beslan e a Madrid, e chissà ancora dove,

a scendere non sia lui, quell’ombroso Luci-

fero, assai temuto in verità dal nostro caro

presagente Eusebio (e chissà se in segreto agognato)

(e dai papi, ça va sans dire, d’ogni numero e nome),

sebbene, dicevo, non sia lui al momento

(lui sì, iuxta Paolo Giovanni, male assoluto)

che stende le sue nere ali semimozze sul migliore

sul più amabile dei possibili  mondi…,

lui già da tempo latitante, anzi: abscon

ditus, (come d’altronde il suo Creatore, si voci-

fera perfino in alto loco),

né è dato sapere se assente perché in son-

no o definitivamente traslato…

 

e il ripetersi infinito sugli schermi

dei di’ dell’Ira, dell’ore dei lamenti

– ma sempre dovunque in nome di Dio

(o in qualsiasi modo in loro lingue e variegati

alfabeti e insoluti ideogrammi sia chiamato)

e in nome dell’uomo, aussi bien,

e della libertà, naturalmente,

e come sempre, non si discute, di una

civiltà superiore…

 

Ma insomma di un manto

come quel manto di Piero così piamente intessuto,

di un misericorde riparo per noi

in questo nostro tempo così malato e assoluto

(fosse pure di iuta, o di stracci, o di plastica opaca,

fosse anche un manto di virtuale virtù catodica o telematica) non ne abbiamo notizia,

non se ne conosce il sito.

 

*

 

Salmo 3

                                a Mario

 

1 – È notte senza stelle ma solcata da stringhe punteggiata d’albe insonne di respiri e pianti e osceni ghigni. Nessuno si nasconde minime miserie e vanità correlate corrono sui binari dismessi o s’arrestano alle piazze che grondano di storia e birra e piscio. Altri altrove impaurano invano altrunque s’addormenta la donna di ragione senza più comprendere né più sentire altrunque la dolce indifferenza culla sogni torbidi e malsani… o il niente della pia celebrazione d’ogni io e io ed ogni sempre io… o il contento di un misero stipendio e del valore (d’uso) di un sofà con angolo cottura e con salotto marrone in un locale mono in zona culturale.

 

2 − L’uomo che tutti i giorni vedevo alla fermata del COTRAL  Regionale pare sia scomparso: ma in compenso adesso vedo un vecchio [italiano peut-être anzi è quasi certo] eroico avventurarsi tra silenzi e mutrie e spezzoni di lingue e di linguaggi e di colore ed extra e poveracci insonnoliti e ragazzine rom scatenate al furto con destrezza. Al bar invece poco prima in un bailamme di TV a palla la prima bustina di dietor mentre dallo schermo il boyscout plurineo (nascosti sotto il loden cazzuola e zinalino) dice due a zero e palla al centro e storpiando la parlata del Gran Padre del Vate del Gran Tosco sibila ancora contre les travailleurs against Trade Unions  contro i Sindahati (nientemeno: e chi altri?) come uno Scelba d’antan o un Valletta o un Marchionne o un confindustrio fascista bestemmiante la trimurti quando noi le occupazioni e le veglie e i cortei per i DIRITTI (e la  Costituzione, certo, nata dalla Resistenza) contro i golpe e le stragi e le pistole di quegli stronzi imbecilli e criminali terroristi per conto dello Stato e dello stato di cose presente. E futuro of course

 

3 – Poi ancora a notte a Roma la movida di merda empia qua sotto Fra Giordano e a Testaccio e Trastevere pajata e cacio-pepe e rigatoni democratici e chìssene per due [che almeno loro sono dem-rigatoni] e  soffia dentro al naso la polvere la bella (e i nomi della polvere: robba, neve, bianca, bamba, stardust, angelo, granita…) e a pallino e a macumba e si brinda alla sentenza hanno prescritto quelle morti (centinaia) per asbesto e in prescrizione se ne vanno gli abbruciati della  Thissen mentre a Terni richiudono e chi s’è visto s’è visto e chìssene anche a Terni di quei protetti maledetti che bloccano l’A1… e a Torsapienza abbruciano li negri e li rom e li cattocomunisti li cacciano e chìssene… e chìssene di tutti purché io e io e sempre e solo io… purché a me er quadrino li sghei el danèè e o franza o spagna purché se magna

 

4 – La notte è solcata è vero ma è buia anzi no è torbida e losca e se vedi le stelle è perché sei bevuto hai trincato e non sai che lassù poco dopo Eridano c’è un buco più largo di un miliardo di anni (anni-luce of course) un buco nero anzi bianco anzi niente e privo del tutto di stelle e galassie (povero cielo di notte privata d’ogne pianeto) e ci dicono è forse (ce lo dicono Homines Scientiae con tanto di palle e cervelloni elettronici umani umanoidi insomma sapiens-sapiens+sapiens (cioè sapiens al cubo) ci dicono che forse quel laghetto è lo stagno di confine (anni-luce 1 miliardo: remember) tra il mondo di qua e un altro mondo di là  tra Universo Primaio e Secondo Universo  (e si sa che dopo il due viene il tre e il quattro e chissà dove altrunque o novunque) e dunque (a sentirli) niente più uni versum cioè questo coso rivolto ad una e una sola unità a un unico mondo mentre quelli della Nasa promettono ancora [contra Norbert Elias]: c’è qualcuno lassù c’è di certo qualcuno e fra poco sapremo chi è…  e  purtroppo per loro sapranno chi siamo noi. Ma noi intanto qua in questa notte romana con cielo anche questo privato d’ogne pianeto e solcata di stringhe e fanali e fanalini di coda (e non dirmi che sono le lucciole ché ci credé solo lui) e puzzolente come detto di piscio e fumata di tutto noi intanto qua intorno (noi  sopravissuti noi pochi noi vinti) ci lecchiamo ferite ormai secche e guardiamo lassù (e quaggiù) e non vediamo più un … niente.

 

5 – Eppure qualcuno in un angolo mormora (a un cantone di strada o a un lampione o al Giardino degli Aranci peut-être e al Clivo dei Pubblicii o sulla porta di San Saba o San Lorenzo o sotto il Colonnato o sul sagrato dei Giovanni in Laterano o sotto al monumento a San Francesco) mormora ancora Hai colpito sulla guancia i persecutori li hai annientati regna il bene e il giusto vive in pace e in abbondanza mentre il summit dei 30 si riunisce e ciangotta ripresa ripresa new deal anche se noi qui da noi non vediamo un bene amato e la notte come il giorno è più grigia e più torbida dei giorni e puzza di bivacco e di stalla e di stracotto andato a male e di fiume solo storia e merda e profuma di mignotte (di Stato, va da sé) e di homeless e squatter e Caritas Sant’Egidio.

 

6 − Ma poi todavia guardo meglio e tra sconcio lassù di nuvole a gasolio e kerosene e pollution  e schizzi di ebola e di emme lungo un cielo losco color bava di magenta putrefatta e di cinabro color bile  la vedo la rivedo la conosco e riconosco che passa e ritorna e che ci impara e ci impara e ci reimpara la vita del silenzio e la luce trasmigrante e la vedo e la sento: è ancora quella e graziosa e silenziosa e del tutto stralunata (diciamolo) e muta del tuo/nostro Giacomino: o quella di Licini Amalasunta amica di ogni cuore un poco stanco epperò ma però pur sempre  una romana Luna magari mareana…  o magari una Lunetta che s’ostina e ci prova e ci riprova e che lago o non lago e buco bianco senza stelle qua per noi in questa Roma come sempre la stalla e la chiavica der monno ci fa segno e ci chiama e ci indica e ci dice: girate girate/ rivoluzionate/ fate come me/(e come lui)/ché la notte più lunga/ eterna non è….


 

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