MARIO QUATTRUCCI, Er fattaccio de via De Le Palline


insomma da sta predica de jeri
gira che t’arigira in concrusione
venissimo a sape’ che so’ misteri
G. Belli

 

─ È stato lui, me creda commissà. È stato quer paino, quer fijo de na mignotta che cià fatto er grano.

Così Fernando, l’oste de Borgo Pio, chiusa a ora morta l’osteria, seduto a un tavolino con Marè… Sgocciolanno un bicchiere di Marino, l’oste; Marè un bicchierotto di marsala.

L’avevano trovata, morta che più morta nun poteva, in un appartamento di Via delle Palline: due stanze un bagno e una cucina in un vecchio palazzo molto antico ma appena restaurato.

E la gente che s’era radunata sul porton de casa ─ le donne con le sporte della spesa dalle quali fuoriuscivano, gloriosi, cicci de sellero e foglie d’insalata…, il barbiere, il vinaio, il falegname, il venditore d’arredi e souvenir sacri e papalini… ─ parlaveno, dicevano, raccontavano de dritto e de rovescio ciò che non avevano veduto ma sapeveno de certo.

«Era sdraiata gnuda sopra al letto» diceva Lella, «ricoperta de sangue».

«Ma che sangue?» ribatteva Ernesto: «Chi l’ha detto che j’hanno dato de cortello?».

«E allora com’è morta: de freddo e de paura?» replicava Peppe.

Ma qualcuno sapeva, e stava zitto. Era Giovanni il mobiliere, colui che entrando in casa s’era trovato innanzi agli occhi quella scena: Melania, anzi Melanie, la più bella francese di Borgo di Ponte e Prati de Castello…, e de Roma, dicevano li maschi borghiciani…, stesa stecchita co’ na botta in testa… con un colpo tra l’occipite e la tempia, insomma al di sopra dell’orecchio, lato manco: o un mancino o un colpo di rovescio.

Er paino, cioè il bellimbusto elegantone ambiguo e un po’ sospetto per principio, era naturalmente quel Giovanni.

─ Perché dite che è stato proprio lui? ─ domandò il commissario. ─ E perché dite che cià fatto i soldi?

─ Vedete, commissà: Melania era venuta a Borgo du’ anni fa, bella come la luna ma povera da fatte mette a piagne; co’ ‘n cappottino di lanetta rosicata che quei giorni… ve ricordate la neve de quer mese?…[1] te faceva venì la polmonite solo se la guardavi; due scarpe scalcagnate e niente calze. Entrò da me, mi moje se commosse, la facemmo mangiare, j’aggiustammo una branda nel retrè, la rivestimmo coi vestiti adatti e co’ un paltò col collo de pelliccia. La pigliammo a lavorare come cameriera, si riprese, visse e rifiorì. Ma era troppo bella: la clientela aumentò…, ma l’ommini venivano solo pe’ lei sola; le minenti invece facevano la bava dalla bocca. La conobbe Giovanni, nostro cliente almeno da dieci anni…

─ Quanti anni ha questo Giovanni?

─ Adesso n’ha cinquanta, e se li porta bene. Dunque: Giovanni la conobbe e tutto in un momento s’innammorò de lei come un regazzo. O almeno è quanto disse. Ma Giovanni er mobbijere, l’antiquario, non è un romano schietto come noi. Il maledetto è un canchero del nord, un casertano nato a Milanello e entrato nel ramo pezzi rari coi quadrini di qualche altolocato investitore…, si m’avete capito.

─ Mica tanto? Spiegatevi un po’ meglio, sòr Fernà.

─ Al tempo si parlò di un monzignore che prestava a strozzo e che, secondo la voce del popolo di Borgo…, e su sta voce, commissà, ce potete giocàvvece pure la camicia…, investì parecchi mijoncini de quel tempo nella bottega d’antiquario aperta a Via Crescenzio. E l’affidò a Giovanni come prestanome. Poi che successe? Ci fu lo scandalo Dioguardi…, se ve ricordate…, e Monsignor Moroni dovette alzare i tacchi in una notte: e a Giovanni rimase, da padrone, la bottega  Antichità co’ tutte le chincaje… Ve sta chiaro adesso?

─ Chiaro. Continuate.

─ Be’, cosa fa sto zozzo milanese? La magheggia, je fa vede la luna nel pozzo, je promette una vita da reggina, l’innamora… e se la porta a casa. Tempo tre mesi la mette su la strada… Cioè, no…: la mette in quella casa di Via delle Palline, e la trasforma in squillo. La ragazza piace, è richiesta, si fa una nomea per tutta Roma e alza molte lire. Ma ‘ndo finiscono sti berci l’avete già capito.

─ E dite che ad ucciderla è stato sto Giovanni… Ma che interesse aveva a metterla sul treno della notte?

─ Forse s’era stufata di fare la puttana e d’aricchillo; forse l’ha minacciato di lasciarlo; forse ha alzato la voce e l’ha insultato… Io la vedo così: lui pija d’aceto e de cicoria e je dà giù.

 

Marè uscì dall’osteria col mal di testa. Era commissario capo da due mesi e l’uccisione della francesina era il primo delitto che affrontava con quel grado. Un sordido omicidio, certo. Maturato in un ambiente lurido e malsano. Non di meno un delitto che chiedeva giustizia e d’essere punito. E il quale lui, e non solo a esercizio del mestiere, voleva punire ad ogni costo. Ma il discorso dell’oste lo lasciava incerto: troppo semplice, troppo geometrico e immediato.

Tuttavia, si disse, s’è visto troppe volte che colui che ha scoperto l’ammazzato è risultato poi l’ammazzatore… E anche molte volte s’è veduto che un magnaccia, anche se d’alto bordo come quello, abbia ammazzato la gallina dalle uova d’oro: in un impeto di rabbia… va a sapé.

Be’: l’avrebbe stretto e torchiato per benino, e se era stato lui gli avrebbe fatto tana. Qualche prova, si disse, di certo l’ha lasciata. Intanto, però, come raccomandavano i Maestri, un’altra visita al luogo del delitto.

 

Dove s’era trovata la ragazza adesso c’era un segno; e dov’era stata la testa fracassata una macchia di sangue scuro e denso. Quando era arrivato nella casa, la donna era distesa ai piedi di un sofà, supina, con gli occhi chiusi e le mani stranamente raccolte sotto al seno. Vestiva una vestaglia di seta coi volant, chiusa da una cintura e tesa fin sotto le ginocchia. La casa, a parte una sedia rovesciata ed un cuscino in terra, non mostrava segni di una lotta o vuoi colluttazione: la ragazza non s’era riparata, difesa, forse nemmeno aveva visto la botta che arrivava. La serratura della porta non era stata manomessa: la ragazza aveva aperto lei a qualcuno che aspettava. O che comunque conosceva.

L’arma del delitto era un oggetto d’arte, un souvenir di Roma in forma d’obelisco di pietra tiburtina: quaranta centimetri d’altezza, base diciotto per diciotto. Forse, pensò Marè, un regalo del pappa mobiliere.

Dentro il portombrelli, insieme a un elegante petit parapluie a fiori colorati, se n’era trovato un altro in seta gloria nera: da donna, ma di quelli grandi.

Lasciò l’appartamento, entrò dalla portiera. ─ Eccomi di nuovo ─ salutò.

─ Bòna sera, dotto’: cè qualcosa di nuovo?

─ No, ma vorrei qualche conferma.

─ Dite, dite.

─ Fermo restando che la sera del fattaccio non avete veduto nessuno che saliva…

─ Ve l’ho detto: ciavevo la creatura co la febbre, stavamo in cammera da letto. E poi alle dieci il portone lo chiudo.

─ D’accordo, d’accordo: non facevo appunti… Ma fra gli abituè della ragazza c’è qualcuno che viene il martedì dopo le nove?

─ No, commissà: quella l’appuntamenti li pigliava giornata per giornata.

─ Avete mai visto salire qualche donna?

─ E come no! La sòra Maddalena, la moglie del tranviere…! Ce s’è magnata er còre, poveraccia: il marito, Gianfranco, aveva perso la testa per Melania e veniva più spesso che poteva. Capirete: oltre allo sfreggio de annà co una puttana sapete li sòrdi che lasciava su quel letto? E allora Maddalena cercò più d’una volta di convincerla a lasciarglielo in pace e alla famiglia.

─ E ci furono liti?

─ No, liti mai. Tanto è vero che lei la riceveva sempre gentilmente. La consolava, cercava di convincerla che non era colpa sua ma del marito…

─ E dite un po’: st’ombrello può esse’ della sòra Maddalena?

─ E come no: è suo de sicuro.

─ Ieri m’avete detto che veniva un prete…

─ Che era prete lo sapeva tutto Borgo, anche se lui se travestiva… Sì, insomma: si metteva in abiti civili, senza il collarino.

─ Come si chiama lo sapete? E vive qui vicino in Vaticano?

─ Si chiama Padre Andrew, è un irlandese. Lavora in Vaticano, pare che è uno studioso… o forse il segretario di qualche Cardinale. Abita qua vicino, a Via del Pellegrino.

─ È giovane?

─ Pare un ragazzino, commissà, ma cià di certo una trentina d’anni. Ma perché mi fate ste domande: non penserete mica che sia stato il prete…?

 

Uscito da Via delle Palline, Marè s’avviò verso San Pietro. La traversata dell’immensa piazza, anche con l’umido freddo della sera incipiente, l’aiutava a riflettere…, a pensare.

L’antiquario sfruttatore è il più sospetto, si diceva, e l’arma del delitto porta a lui… Ma non so’ convinto. Vedrò domani all’interrogatorio…

Però anche la donna, la sòra Maddalena, è un’indiziata molto per la quale. Va e rivà, parlano, fraternizzano, ma quella non la pianta. E allora quella sera s’è decisa: invece di parlare ha fatto. Qua non se n’esce, avrà pensato, l’unico modo è de spedilla ai padri… E nell’agitazione del momento dimentica l’ombrello…

Era arrivato presso la fontana che butta a settentrione. Un vento di libeccio sparpajava er zampillo. Si fermò, lontano dagli spruzzi. Rimase nei pensieri… C’era qualcosa che non gli ribatteva: qualcosa in quella casa, in quella scena… E all’improvviso seppe.

Tornò in fretta verso Borgo Pio. Passò sotto l’arco ai Corridori, prese er Pellegrino, suonò al 27.

─ L’aspettavo ─ disse Padre Andrew.

Sì: trent’anni, atletico, biondo, bello come un angelo caduto. Il portoncino apriva su una scala stretta; l’appartamento, minuscolo, era al primo piano. Lo invitò a sedersi in una poltroncina di pelle screpolata. Poi aprì le cateratte.

─ Ero impazzito, disse, avevo perso del tutto la ragione, ero stato… stregato, stregato veramente.

E raccontò, piangendo, i tormenti di quel turbine dei sensi che l’aveva preso… ed arso le sue fedi. Infine confessò il delitto.

─ Non avevo altra strada… o almeno non l’ho vista. Per salvarmi, capisce… e anche per salvarla… E l’altra sera… Ma non ha sofferto, mi creda: non se n’è avveduta, non ha avuto paura…

Marè telefonò. Nell’attesa gli versò uno Stravecchio. Quando vennero Silipo e Pompili il prete se ne andò senza una parola. Inebetito.

 

─ Ma comme ce ‘nzertastë, principà? ─ chiese Zocchi il giorno dopo.

─ Era tutto sbagliato. Quando una persona viene colpita sulla testa dalla parte posteriore, e poi con quella forza, è improbabile assai che cada e resti giù supina; e comunque non così composta, con la vestaglia chiusa e tirata sui ginocchi, con gli occhi chiusi e non sbarrati, e con le mani giunte sul torace. No: era stata accomodata. Atti di pietà, quasi gesti di un rito. E quando ho associato queste strane cose all’esistenza di un cliente prete… Poi a casa sua la controprova: era mancino.

− Certo, principà che sete forte −  fece Pompili per commento: −  toccassero tutti a voi li misteri d’Italia…

Marè l’interruppe: − Quelli, caro Pompili, come sai sono misteri…: e sai che dice er Belli dei misteri…

Ma nun penzamo alle italiche schifenze: annamo a pranzo che ciattocca… E oggi, oh: tutti dal Pompiere. Offro io, che dovemo bagnà la promozzione.

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[1] Si tratta della grossa nevicata dell’85.


Biografia di Mario Quattrucci


 

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