MARIO QUATTRUCCI, Che poi mio padre in fondo…


Che poi mio padre in fondo…

…Che poi mio padre in fondo è stato fortunato. Che quando all’altra guerra fu mandato che ancora non aveva diciott’anni a cacciare l’odiato Cecco Peppe… Va fuori d’Italia va fuori stranier!… i crucchi lo presero e lo misero ai lavori… Che poi si trattava di lavori di fatica e fame con razione giornaliera di pane di segala grande quanto un pezzo di sapone che l’ultima se la tenne per ricordo fino a quando fui in età di intendere e capire… E che poi riuscì a scappare… Che quelli però lo riacchiapparono di notte nottetempo con quei cani che chiamavano gendarmi… che poi saranno stati m’immagino quei cani cani-lupo o pastori Deutsche Schaferhund che a loro in ogni guerra gli sono sempre assai piaciuti perché sono molto belli sì ma anche molto tosti vale a dire che a loro gli riesce di farli diventare assai feroci… Come loro.

E che una belva di quelle gli piombò alle spalle all’improvviso e l’azzannò che il segno gli rimase finché visse e lo stesero legarono e riportarono al lager… Che non era ancora un lager dei nazisti ma sempre di lager e patire si trattava… Che poi fu allora quella notte a quanto dissero barba di dottori fu allora che gli venne la sindrome di… coso. Be’ come si chiama quella sindrome non me lo ricordo ma insomma si trattò di epilessia e per tutta la vita se la tenne… che io da ragazzino quando rimanevo spaventato dai disturbi che a un tratto all’improvviso lo mettevano croggy e kappa-o sentivo che il dottore e la famiglia dicevano che aveva il piccolo male… che non ho mai capito perché mai lo chiamavano piccolo datosi che invece era piuttosto spaventoso ma vedevo che ne parlavano sempre sottovoce e come se ci fosse un po’ da vergognarsi… Che poi chissà perché… Che poi forse fu per quello che anche io sono un po’ così e cioè un tantino squinternato.

Che insomma dicevo fortunato che per merito diciamo di quel male… che o grande o piccolo o com’era è un male che ti piglia con disturbi da paura che uno cade a terra e fa la schiuma e poi resta intontito e in confusione o addirittura si perde la memoria per due ore o tre… e che ti viene specialmente se uno è mal nutrito o si ritrova… (come oggi si direbbe)… in istato di stress e di tensione… che per merito dicevo di quel male si salvò dalla morte ben due volte.

Che una fu in Grecia dove era stato comandato a farsi la seconda… intendo guerra… come maresciallo dei Ci Ci carabinieri di rincalzo e a vigilare sull’Armata famosa S’agapò che il grande condottiero Buce dell’Impero l’aveva là mandata a spezzare le reni a quel popolo e nazione… Che là in Grecia quel male così piccolo divenne a quanto pare quasi grande e lo mise in una tale condizione che n’ebbero pietà e lo rimandarono in Italia… Che in quel modo sfangò… e dite voi se questo non è culo… la retata che i nazisti fecero dei nostri dopo l’armistizio: là alla Grecia… Che i nostri e anche i suoi Reali Ci Ci carabinieri il Re e i suoi ministri e generali li avevano lasciati senza ordini né mezzi in mezzo a quei nazisti…

Che l’altra… l’altra volta voglio dire che sfangò il de profundis… fu a Roma… Ma stavolta fu dopo l’armistizio nell’ottobre quando i nazi decisero di fottersi dei patti e occupare le caserme dei Reali e anche già che c’erano… fregandosi di Roma Città Aperta e del Papa e de li Santi… deportare un po’ di gente e specialmente di giudei…

Che però fra i deportati deportarono pure gli Erre Ci [1] lasciati da Roatta e Re Pippetto soli come tutti e senza guida ma i quali quasi tutti hanno risposto vaffanculo al bando di Graziani e restavano a proteggere la gente e a fare rispettare Roma Città Aperta… Che poi di Erre Ci ne deportarono duemila due e cinque.

Che fu dicevo proprio il sette ottobre durante quello scontro che il piccolo male lo salvò un’altra volta.

Che lui come da direttiva di quelli rimasti al loro posto… intendo Comandanti… rientrava alla Stazione dei CC su un tram della ES vale a dire Circolare Sinistra detta Rossa con nessuna allusione né politica né umana… e che in zona che si chiama Parco Celio e allora Orto Botanico e che oggi ci sta quell’Antiquarium il tram fu fermato dai nazisti e a lui tirato giù un lurco tedesco gli puntò alla testa la machine… pistole… Che dunque era lì lì per fare la  fine la più brutta quando invece mandato dagli dei quel male detto anche per l’appunto il male degli dei lo mise in convulsioni e stramazzò… lasciando l’Esse Esse come un tutero interdetto e senza fiato… Che poi il maledetto fu distolto da altra sparatoria e lo lasciò per morto là per terra…

Che allora i passeggeri lo rialzarono e ripresero sul tram… che si vede che a quel tempo quando i rischi erano rischi della vita non era come è adesso che uno che stramazzi sull’asfalto nessuno se lo fila… Che il tram allora ripartì rapidamente e quando fu davanti ai Santi Quattro… intesi come via… e lui sembrò tornato in sentimenti il conducente anima grande rallentò fino a fermarsi… o quasi-quasi… E che così potette scendere non visto dai tedeschi che al centro del Piazzale Colosseo correvano armati fino ai denti appresso a patrioti disarmati e ad altri Erre Ci Carabinieri e lui così riuscì a infilarsi e riparare in un portone… A via dei Santi Quattro…

Che poi una famiglia che abitava in quel palazzo a pianterreno lo accolse a casa sua e gli dettero un vestito del marito netturbino e misero l’arma e la divisa in una sporta coperta da una maglia e lui il netturbino lo protesse e accompagnò fino alla casa… Che avevano capito che non stava tanto bene e a rischio d’essere acchiappati e deportati pure loro lo fecero arrivare fino a casa passando davanti alla Caserma ormai occupata e su per il Piazzale quello Celio e giù alla Navicella e di là della Porta Metronia fino a via Norico 8 in cui abitava…

Che la cosa non so a voi ma a me mi fa pensare che di gesti come questo umani altruistici e rischiosi durante quella guerra ce ne furono una cifra che andarono a riscatto di quegli altri che in divisa nera o neri dentro al cuore vendettero per  cinque mila lire patrioti o renitenti e famiglie di ebrei e pochi giorni dopo mandarono nel Ghetto i nazi alla razzia per prendere gli ebrei per deportarli e più di mille e poi altri duemila come sai non tornarono mai più… Che altri poi furono coi nazi fino all’ultimo e alle estreme nefandezze degli eccidi delle esecuzioni delle torture e degli oltraggi… delle Fosse Ardeatine o di Ponte degli Allocchi di Marzabotto e Boves e nella Lunga notte di Ferrara e dei morti patrioti milanesi di Piazzale Loreto… e che poi qualcuno viene a dire che dopo acchiapparli e fucilarli fu peccato…

Che poi raggiunta casa la faccenda della gente brava e della strana Italia continuò… che dovendo decidere dove e come nascondersi datosi che forse sarebbero andati a cercarlo a domicilio ebbe la trovata… che chiese asilo a un pezzo grosso d’un certo Ministero padre della medaglia d’oro Vittorhugo G. che lo nascose in casa sua per giorni tre di nascosto dal coinquilino M. R. capitano della Milizia… Fascista… E che poi passati quei tre giorni e messosi in borghese si dette alla macchia e venne su in Abruzzo…

Che noi mia madre e io stavamo lì da un anno e sette mesi sfollati al paese di mia nonna che si chiama Gioia (il paese non mia nonna che invece si chiamava Domenica)… Che poi era successo che dopo l’armistizio da Gioia c’eravamo allontanati e ci eravamo trasferiti a Collelongo che mio zio diceva Gioia è troppo di passaggio essendo sulla via tra il fronte di Alfedena Linea Gustav e il nodo di Avezzano e quindi c’era il rischio di tank e di bombe e di cannoni… Che poi invece a Gioia non ci fu bombardamento e invece a Collelongo sì ma questo fu dopo che mio padre era arrivato…

Che anche quella fu una scena mica male che mentre lui arrivava giù dalla montagna vestito alla borghese e accompagnato da quell’altro zio e da mio cugino che aveva appena 9 anni… proprio in quel momento sulla strada principale una colonna di tedeschi entrava nel paese e l’occupava… Che poi si seppe che quelli nella Scuola Elementare avevano piazzato la Kommandantur ma anche un deposito di armi e munizioni e fu per questo che dopo gli alleati sganciarono le bombe…

Che questo però fu dopo qualche mese e dopo che la neve ci aveva ribbelatë che tanta come quella non l’avevano mai vista se si esclude l’inverno del ’28 e figuratevi per me che cosa fu che io né tanta né poca la neve non l’avevo mai veduta… Che insomma dicevo quelle bombe furono dopo Sant’Antonio e le Cottore che è una festa de 17 dë gennarë che per tutta la notte nelle case mettono sul fuoco nei camini paioli smisurati che li chiamano cottore e dentro ci lessano quintali di granturco che diventano così i cicirocchi… E che in quella notte si accendono falò chiamati ji torcioni e la gente va in giro per le strade suonando fisarmoniche e entra nelle case dove t’offrono i cicirocchi e poi la mattina le ragazze con le conche di rame sulla testa li distribuiscono insieme alle panette… Che quella notte però le fisarmoniche non c’erano e nemmeno i giovanotti che quelli o dalla Yugoslavia o dalla Grecia o dalla Russia non erano tornati o se erano tornati senn’e stevene alla macchia a fare i partigiani… Che insomma jë bomardamendë il 3 marzo che la scuola non la presero e nemmeno un nazi e invece ci rimasero in sette e cinque tutti e cinque d’una sola casa più poi i tre che fucilarono quando abbandonarono il paese…

E che va detto che anche lì mio padre fu molto fortunato che ai tedeschi si spacciò per commerciante sfollato da Roma San Lorenzo dopo il bombardamento di luglio 19 e con la casa distrutta aveva perso i documenti e quelli per l’età o non so come gli credettero e gli diedero perfino il gardenale che è una medicina necessaria se si ha l’epilessia… E che in fondo pure noi fummo molto fortunati che dalle bombe dai nazisti e dalla fame scampammo pure noi…

Che però mia madre e mio zio dissero qua non è più sicuro e risfollammo di notte su un carretto e ritornammo a Gioia… E anche lì fummo molto fortunati che a Le Grette che era un borgo sul costone trovammo una specie di tugurio scavato nella roccia e col muro davanti dove ci potemmo sistemare… Che è chiaro che anche lì mio padre fu molto fortunato perché poté scampare alle razzie che quando venivano su si nascondeva in una nicchia coperta da due balle di paglia e soprattutto coperto dalla gente che in tutto quel tempo non l’ha mai tradito e così non fu preso nemmeno quella volta che invece si portarono nove cristianacci che in un borgo così piccolo sono davvero tanti per i campi di lavoro della Todt e di quelli nessuno ritornò… Che poi non fu preso nemmeno l’altra volta che tornarono per razziare gli animali e le stalle erano vuote e i tedeschi urlavano ai vecchi e alle donne si non portate pèstie prentiamo mannen cioè uomini e mia madre si mise a parlare col comandante del plotone… Che seduti davanti alla caverna un po’ coi gesti un po’ in francese mi ricordo e un poco in italiano gli spiegò che pèstie animali non ce n’erano ormai più e nemmeno mannen e che lì eravamo tutti donne e kinder poveracci senza più nemmeno gli occhi per piangere e quello cominciò a dire che anche lui era buono non tedesco ma osterreicher e tirò fuori le foto della frau e dei kinder e insomma si ritirarono senza pigliare nessun mann… Che mio padre tutto quel tempo era rimasto in fondo alla caverna nella nicchia dietro il fieno…

Che poi un’altra volta fui molto fortunato pure io che insieme ai tedeschi venne su una banda di fascisti quasi ragazzini in divisa con quei baschi e armati di fucili e di machine e si misero a urlare e a sparare perfino alle galline e per poco non mi pigliavano in pieno con un colpo che io stavo giocando lì vicino con la terra e i bastoncini… E che adesso da vecchio sento dire che anche loro poverini erano idealisti e si devono onorare come i partigiani ma io che di tutti ho comprensione e perfino pietà a quelli non li onoro nemmeno se me lo chiedesse mio padre redivivo…

Che insomma poi finì… e quella notte dalle Grette sul costone si videro brillare cento lampi sulla strada che scende giù da Pescasseroli e va ad Avezzano e erano i tedeschi che si ritiravano e facevano saltare con le mine tutti i ponticelli messi a ogni tornante… Che invece la mattina successiva uscii dalla grotta e c’era quel silenzio strano e il paese lì sotto lo vedevo come sopra un plastico ma questa è una parola che ho imparato molto dopo e nessuno camminava sulla piazza e per le strade e che i tedeschi non c’erano più ma tutti i gioiesi se ne stavano alla casa come se aspettassero un altro cataclisma… E che guardando giù verso il paese vidi uno spettacolo curioso come fosse stato al rallenty ma anche questa è una parola che ho imparato molto dopo e vidi una moto con la carrozzetta che tornava dalla strada di Ortucchio e di Avezzano e due di quei nazi maledetti scendevano davanti alla cabina elettrica che a me dall’alto mi pareva una scatola da scarpe o di biscotti e poi sempre al rallenty li vidi ripartire e dopo un po’ forse un minuto forse meno un lampo e una nuvola di fumo e appresso un botto ovattato e quando il fumo il vento l’ha disperso al posto della cabina c’era un mucchio di macerie…

Che poi però la gente piano piano uscì di casa e noi pure scendemmo a jë paesë pure noi e a un certo punto si misero a suonare le campane come quella volta che tutti credevamo che la guerra era finita e invece era solo l’armistizio e la guerra per noi era appena cominciata… Che stavolta però almeno a Gioia era finita veramente… Che poi arrivò una camionetta con cinque o sei inglesi o forse canadesi e scesero in piazza e mia madre mi disse Siamo stati liberati… Che poi le campane chiamarono tutti da ogni parte e ci furono abbracci e lacrime e risate e la gente s’affollava sotto a i municipië e dal balcone dove stava la tromba che per anni aveva altoparlato jë discorsi del duce e che aveva dato la notizia dei bombardamenti di Roma e dei Castelli si affacciarono gli inglesi e altri tre e in italiano quasi buono che tutti lo capimmo il comandante inglese o forse canadese disse che lì a Gioia la guerra era finita e che eravamo liberi anche dal fascismo e anche Roma era stata liberata e tutti gridavano e applaudivano e io ero rimasto allocconito e ci avevo gli occhi tanto… Che lassù su quel balcone a fianco degli inglesi c’era uno in divisa da Ci Ci e era mio padre maresciallo… Che appena gli inglesi erano arrivati s’era presentato alla caserma e aveva esibito i documenti tenuti nascosti chissà come in tutti i mesi da quando era alla macchia e s’era fatto dare una divisa coi gradi e aveva preso il comando della Stazione dei Reali…

Che poi la fortuna continuò perché per via di quella sindrome e detta epilessia in appena tre anni di visite domande carte e controcarte dopo d’essere stato congedato ci pigliò una ricca pensioncina di lire italiane 5.000 con le quali ci pagammo l’affitto della casa almeno fino a quando non sbloccarono gli affitti e fu lo sfratto… Che invece di pensione ordinaria per tutto quel servizio militare con due guerre e prigioni e tutte le fortune relative si beccò nientemeno che lire 7.000 che con quelle campavamo tutti e tre che l’olio costava 1000 lire e la carne pure 1000 e un uovo 30 e che però allo Stato gli costò parecchio perché mio padre campò fino al sessantacinque e anche se fu messo sul treno della notte in conseguenza come dissero di quello che le guerre gli hanno regalato arrivò nientemeno che a ben sessantasei di cui però quasi quaranta in divisa militare… che in divisa mio padre ci  stava proprio bene.

Che dunque mio padre in fondo è stato fortunato. Abbastanza anzi molto fortunato lo ammetto e riconosco e certo lo capite pure voi…

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[1] Erre Ci sta per Reali Carabinieri, come allora si chiamava L’Arma. Altrimenti detta Benemerita e anche Fedelissima.


Biografia di Mario Quattrucci


 

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