MARCO PALLADINI, Overload


… aveva contratto la malattia dell’Assoluto, ma adesso suppone di esserne guarito… il Mecco (al secolo Marco Tassini) esce da McDonald’s soddisfatto, dopo avere divorato un panino con hamburger con salsa BBQ, cipolla rossa di Tropea Calabria IGP, aceto balsamico di Modena IGP, gouda stagionato e coleslaw… ora che, dopo la disfatta della politica, deve affrontare nuovi snodi destinali lui sente che in questa città si spande una fragranza di enigma… si possono percorrere vari itinerari per arrivare in queste ignobili strade (peraltro derattizzate) dove i suoi amici hanno sputato (e sprecato) la loro giovinezza, hanno scatarrato la loro ansiogena ricerca di una vita alternativa, hanno espettorato la speranza postrema di sfuggire a un fato pre-scritto da qualcun altro e forzosamente inscritto nel girone degli infami e dei perdenti… lui è consapevole che la problematicità del contesto ha distrutto ogni possibile linearità del testo… il Mecco è tornato come pensando di poterli vendicare, ma poi è naufragato nel mare del cattivo humore ed ha smarrito il cervello nelle tenebre, quasi immaginando che quella fosse una strategia soterica, quasi un “brain project” per uploadare i programmi della mente e trasportarli altrove… intanto la radio della geopolitica planetaria annuncia: c’è un uomo solo al comando, la bandiera che sventola è rossa, la lingua che parla è il cinese, il suo nome è Xi Jinping… a Venezia ha visto i turisti imbesuiti che prendono il traghetto e poi approdano, mangiando patatine fritte col ketchup, nelle calli del ghetto… a Paris les Gilets Jaunes hurlent “macron tête de con!” … appare distrutta l’aristocrazia del pensiero nel tempospazio ove trionfa la democrazia onnivalente del dire, tutti che credono di avere il diritto di parlare anche sapendo nada de nada, perciò non vi è alcuna “veridizione” e si è legittimata l’ontologia trashendentale della mera falsificazione… come un esperimento epigenetico che ha trasmutato la macrosocialità oggidiana, dove pure non mancano le esistenze minorate di famiglie sbandate in cui ci sono i maschi che fanno la paternale, ma rompono pure le donne che fanno la maternale… intanto i figliocci si acciambellano a terra come beduini per accannarsi, o si ammalloppano come drudi stracotti, pischelli e pischelle rimbambiti dagli agi e dai quotidiani vizi… il Mecco sapeva che c’è oggi un disallineamento evidente tra la domanda e l’offerta di ratio kritika e che questa forbice è destinata ad allargarsi a dismisura… era così affascinato dall’autocefalìa delle chiese ortodosse d’Oriente, perché vi riconosceva un presidio di resistenza all’entropia terminale dell’homo occidentalis… qui si percepiscono soltanto gli ormoni depotenziati e i loro aromi asfissianti, la drastica caduta del desiderio contagia pure la schiera di quelli che ancora spendono e spandono seme nei locali del piacere a pagamento, i lupanari sono oramai come conventi per la conservazione della libidine che accolgono conventicole, appunto, di residuali, abietti sporcaccioni… sono gli incorreggibili nirvanati dal porno che domandano: ma se c’è un oltremondo, lì continueremo a fare almeno sesso virtuale?… lui non celava la genealogia del disprezzo e rivendicava la filologia del dispregio da esporre anche soltanto per sfregio… i vecchi amici gli contrapponevano il bluff dello spaesamento e la millanteria del détour e la finzione della permanente rincorsa per accumulo dei tomi della letteratura odeporica… il Mecco procede lungo il limes che segue la deriva dei continenti, dove incontra Johnny Spedicato, un gangster pregiudicato e più che spregiudicato killer prezzolato che gli lascia il suo biglietto da visita e gli confida che legge soltanto i gialli a firma Adolf Thriller… lui si fa uno shampoo nei glaciali giorni della merla, anche un po’ stupito e istupidito per il fatto di non riuscire a venire fuori da certe giornate, anzi da anni di merda… io MARCO il mio esserci (che a sua volta mi marca e mi marchia ad essere perduto, a fare ostinatamente il contrario di ciò che servirebbe fare)… When the Rolling Stones became the Rolling Stoned… vecchie storie di rotolanti strafattoni con le espressioni frante tra il disgusto patente e il disguido negligente… il Mecco ritrae l’accattivante foliage per un obliquo guardare e un guadare di sbieco il fiume lattiginoso… chissà perché parecchi grandi personaggi di Molière hanno il nome che comincia per A: l’avaro Arpagone con il magone, lo pseudomalato Argante in fase calante, il misantropico Alceste conciato per le feste o vittima della sua medesima peste… ha visto un film su Orson Welles da cui trabalzavano in retorica figura i miti, le pedine, i cavalieri, i re e i buffoni, e lui era insieme tutti e nessuno indossando un’impeccabile divisa da “demente colonnello”… il Mecco si connetteva alle reti neurali dove, secondo nelle file di brulicanti formiche rosse, i professionisti dell’Ipermoderno si agitavano per dettare memi e stilemi ad alto survoltaggio neurotico-algoritmico… ecco che si incontrava il raggiro della moyen age e la truffa delle Terre Desolate e le vanterie sull’origine della vita e la montatura delle Muse intorpidite e l’inganno delle forme archetipali e la smargiassata della soggettualità utopistica e l’imbroglio del sogno collettivo ad occhi aperti e la simulazione della razza post-humana e la sbruffonata del mega-poster con su scritto “Beware of the Minkia Kids”… poi lui sbucava in un’oasi sedicente mistica ovvero un open space multipiano, mentre lei lo aspettava in piedi, fredda e distaccata, sbuffando fumo di cigarillo Marlboro Leaf, ravvolta nel suo elegante cappottino bianco di lana con in testa un berretto di pelliccia leopardato… il sovraccarico preludeva al Game Over… qualcosa, si disse, che finisce per poi rinascere nell’intelligenza della Macchina…


Biografia di Marco Palladini


 

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