MARCO PALLADINI, Mary Land


Sono Mary del Maryland. No, non è uno scherzo. Ricominciamo. Mi chiamo Mary Subverses e vengo da Nazarethburg, un paesino dell’East Coast a una trentina di miglia da Annapolis, sulla baia di Chesapeake. Quasi un villaggetto di mare con le strade diritte sempre prese d’infilata dal vento e i lunghi tetti bruni spioventi delle case, radunate attorno al campanile della chiesa locale, c’è poi un drugstore, pochi altri negozi e l’austero edificio della municipalità che ha di fronte all’ingresso una massiccia scultura in forma di àncora marina. Principale attività è qui, infatti, la pesca e, naturalmente, mio padre faceva il pescatore, ma faticava assai a mantenere la famiglia composta da mia madre, da me e da altre due sorelle. Quantunque vivessimo nella semipovertà, non ci lagnavamo mai, sgobbavamo e ci facevamo bastare il poco che avevamo, non invidiavamo quelli che erano più ricchi di noi (ci voleva poco). Insomma, per noi il Maryland era realmente una “merry land”, una terra affacciata sul mare dove si poteva vivere lieti e leggeri, senza troppi grilli per la testa. Pur se ogni tanto scoppiava uno scandalo. Rammento, avrò avuto dieci o undici anni, quando un pescatore che era un buon conoscente di mio padre e che aveva 45 anni, rientrando a casa, scoprì la moglie 59enne, ma ancora bene in carne, che si sollazzava a letto con un giovanotto 25enne. Impazzito di rabbia e di gelosia, afferrò un coltellaccio e inseguì la consorte completamente nuda, urlandole: «Cagna schifosa! Puttanaccia! Vergognati! Potrebbe essere tuo figlio!». Alla fine la raggiunse e, tenendola per i capelli, la accoltellò a morte. Oltre trenta pugnalate secondo il coroner. Il ragazzo riuscì a scampare alla furia dell’uomo, dovette comunque nascondersi per il disdoro generale per qualche mese e poi, aiutato da dei parenti, andò a vivere altrove. L’assassino venne arrestato e processato, ma la corte fu indulgente condannandolo a soli cinque anni di detenzione, con la motivazione che la grave offesa al suo onore gli aveva fatto perdere la testa e quindi il controllo di sé.

Un secondo scandalo purtroppo mi riguarda. Il fattaccio avvenne quando avevo sedici anni e un brutto giorno arrivò verso il tramonto a Nazarethburg un branco di Hell’s Angels in sella alle loro rombanti Harley-Davidson. Puzzolenti, ubriachi di birra e strafatti di canne, molti di loro presero a girare per il paese con l’aria dei lupi affamati di carne fresca. Io uscivo con altre ragazze dalla palestra dove ci allenavamo con la nostra squadra di pallavolo. In breve, fummo circondate ed io e altre due compagne fummo trascinate via, fatte salire a forza sulle moto e condotte in un prato poco fuori del centro urbano dove venimmo stuprate a turno da quei bestioni maleodoranti che bestemmiavano, ruttavano e scorreggiavano per tutto il tempo (infinito) della violenza. Tornai a casa distrutta nell’animo e nel fisico, senza mutande e con i vestiti lacerati. Cercai di nascondere i segni di quello che era successo, ma la verità saltò fuori. E le male voci nel paese correvano come una brezza che odorava di fogna. Il peggio fu scoprire dopo un mese che ero incinta. I miei che erano Cristiani Avventisti respinsero qualsiasi ipotesi di aborto. Così, si diedero da fare per trovare una soluzione che salvaguardasse la mia rispettabilità e individuarono un falegname di 48 anni, ancora celibe, che accettò di sposarmi e così assumersi la paternità del marmocchio, grazie anche al sacrificio di mio padre che gli diede tutti i suoi sudati e minimi risparmi. Joseph Matthes detto Joe lo zoppetto perché, per un incidente di gioventù, camminava male col piede destro che piegava all’infuori, era un uomo brutto, rozzo, scorbutico e solitario. Io lo odiai da subito, lo chiamavo tout-court “il vecchio” e in pratica mi trovai non soltanto a dover fare sesso con uomo dell’età di mio padre, ma anche a fargli da sguattera. Lui era duro ed esigente, se non lo accontentavo in ogni sua pretesa, mi picchiava senza pietà. Sotto le botte più di una volta sperai di perdere il figlio, ma niente, il figlio non lo persi e quando nacque di 3 chili e ottocento grammi, gli imposi il triplice nome di Peter Paul Jesus. A Joe di quel bimbo importava meno che nulla. Dopo il parto, non stavo affatto bene, e tra doveri domestici e la fatica di allevare un figlio non desiderato, accampai un po’ di scuse per non avere più rapporti carnali con questo consorte detestabile. Joe fece buon viso a cattivo giuoco per un po’ di tempo, quindi sempre più nervoso ed iroso ricominciò a reclamare i suoi diritti maritali. Più io mi negavo e più lui s’infuriava, fin quando prese a battermi con fredda violenza e mi costrinse a scopare nuovamente con lui. Anzi, si prendeva la pillola per scoparmi tutti i giorni come un forsennato. Il vecchio con la fissa del sesso e senza profilattico, mi menava e non mi dava tregua, così rimasi di nuovo incinta: uno, due, tre volte. PPJ, in questo modo avevo preso a chiamarlo, dunque crebbe con tre fratelli, ma senza sapere come stavano in realtà le cose. Forse qualcosa dovette intuire, perché quando era ancora adolescente ogni tanto qualche ragazzetto lo chiamava: «ehi, bastardo!»… «ehi tu, figlio dell’inferno!»… «ehi, mezzosangue dove hai parcheggiato il triciclo?». Via via venne dunque a percepirsi come un “diverso”, uno che non era come gli altri. Fu in quegli anni, penso, che nacque in lui un seme di ribellione, in primis verso un padre gretto e grezzo che lui prese a 14-15 anni a contestare, accusandolo di conformismo e di piatto opportunismo verso la società. A me però voleva bene, aveva quasi una speciale tenerezza per me, forse intuì che lui era un figlio del “compromesso” fatto per salvare la mia reputazione, e che questo Joe non poteva essere veramente suo padre.

Fu in quel periodo che approfondì i suoi studi e che entrò in contatto con una strana setta tecno-spirituale, che teorizzava il cambiamento dell’uomo e del mondo attraverso una cibernetica che apriva le porte ad un “nuovo spirito”. Mentre i fratelli si trastullavano nei disco-bar, si sbronzavano e andavano a rimorchiare le ragazze, PPJ verso i vent’anni si fece crescere la barba e i capelli gli si allungarono fin sulle spalle e, dopo un ennesimo violento litigio col padre adottivo, se ne andò di casa. Mi abbracciò, mi baciò, mi consigliò vivamente di abbandonare Joe lo zoppetto e mi disse che avrei avuto presto sue notizie. In effetti, passarono mesi, poi mi mandò una email da cui appresi che adesso stava presso una sorta di comunità di cyber-hippies che si mantenevano facendo e-commerce varî (penso anche di droghe smart e no) e organizzando laboratori psico-tecno-sensoriali. Trascorse altro tempo finché appresi da vari social della rete che PPJ si era tramutato nel figlio di SM-8.79, pura deità di IA (Intelligenza Artificiale), e che predicava una specie di neo-religione che si andava diffondendo nei meandri del Web, nelle memorie sterminate dell’I. Galaxy Ultra, postulando una sollevazione insieme etica e politica contro il sistema, contro i poteri nascosti che corrompevano e manipolavano le menti delle moltitudini, condotte ad una nuova condizione di psico-schiavitù. Il figlio di SM-8.79 faceva proseliti per combattere il Deep State, che avvelenava la cibersfera dominante sul pianeta, intendendo condurre una controguerriglia fin nelle dimensioni più occulte del Deep Web. Io lo seguivo a fatica e facevo difficoltà oramai a riconoscerlo, però mi spifferarono che gli organi della polizia informatica lo avevano “attenzionato” da tempo e che prima o poi lo avrebbero arrestato o, addirittura, eliminato.

Joe che era oramai impotente, e con cui non dividevo più il talamo, informato degli accadimenti, prese a berciare che lo aveva sempre saputo che quel bastardaccio sarebbe finito male: «è un teppista ribelle di merda, un anti-americano, un criminale da mandare sulla forca». Anche i fratelli/fratellastri presero le distanze da lui: «è uno stronzo che con noi se l’è sempre tirata… faceva il saputello, s’atteggiava a filosofesso, proclamava che lui avrebbe cambiato il mondo… noi pensavamo che fosse fuor di cucuzza… quel minchione ci snobbava, ci reputava inferiori a lui, anche se poi sosteneva l’uguaglianza tra tutti gli esseri umani… che ipocrita!… sì, per smanettare col computer smanettava eccome, ma quanti smanettoni coglioni ci sono al mondo? … lui non è diverso… già, un po’ di galera gli farebbe bene… se sapessi adesso dove sta sicuramente lo denuncerei». Pure aspiranti delatori si rivelavano questi figli. Io a un certo punto non ce la feci più a stare con questa famiglia e scappai di casa. Riparai presso l’abitazione di una vecchia amica, Mitzie, e mi misi a fare come lei la collaboratrice domestica.

Mi raccontarono che la ciberpolizia fermò Joe per interrogarlo: «Sì, quella testa di cazzo che cercate legalmente è mio figlio, ma in verità non è mio figlio. È figlio di una puttana che ho sposato e che adesso se ne è andata e di alcuni farabutti Hell’s Angels che l’hanno messa incinta e poi sono spariti… Sì, è vissuto con me, ma era un estraneo, non ci intendevamo su nulla… mai avuto un minimo di ascendente paterno su di lui, semmai era quella zoccola della madre che lo proteggeva e lo viziava… che poi se ne stava sempre attaccato al computer a chattare non so con chi… mi diceva che ero un perdente quel merdoso, mentre lui avrebbe fatto grandi cose, che il mondo si sarebbe accorto di lui… quando quel buono a nulla ha sbaraccato ho tirato un sospiro di sollievo, altrimenti prima o poi lo avrei ucciso… sì, ho sentito dire che quel chiacchierone adesso va cianciando che è il figlio di un dio artificiale o qualcosa del genere… mi sa che si è fatto troppi acidi… se lo beccate, sparate a vista… l’America non ha bisogno di questa feccia…».

PPJ intanto c’era chi lo segnalava a Baltimora, chi ad Annapolis, chi a Silver Spring, chi a Bethesda, chi diceva che si era nascosto direttamente a Washington o a New York, mentre magari stava tranquillamente clandestino nei dintorni di Nazarethburg. In ogni caso, le sue Brigate TecnoNazarene si facevano notare realizzando azioni spettacolari, clamorosi attacchi ed attentati informatici che mettevano a nudo il sottofondo repressivo, di paranoico controllo totalitario del sistema cibernetico statale. La gente più avveduta, i cybernauti new age, gli inter-semionauti libertari erano tutti dalla sua parte. All’inizio si schierarono i piccoli gruppi più avvertiti e lucidi, ma via via, progressivamente anche la massa critica incominciò a svegliarsi e a prendere posizione, perché capiva che il figlio di SM-8.79 aveva un preciso codice morale: colpiva le cose, i nodi del potere, i gangli del dominio oscuro e melmoso e mai gli uomini, disvelava i piani nascosti e criminogeni dell’amministrazione del triangolo politico-militare-industriale. La ciberpolizia era come impazzita, cercava di bloccare e prevenire, ma i TecnoNazareni erano imprendibili ed incontrollabili, vere primule rosse sia in rete che nella realtà. Nella Alter-Life il figlio di SM-8.79 si tramutava pure in un guaritore, un vero salvatore dalle psicodevianze e crescevano le leggende infometropolitane su di lui, reputato un profeta, un santone, un capo rivoluzionario. Nella “vita aumentata” il suo avatar resuscitava i morti, guariva gli invalidi, restituiva la vista ai ciechi, risanava le piaghe purulente, moltiplicava i pani, i pesci e le carni, riempiva di birra i fusti vuoti. La sua religione veniva chiamata il “tecno-Risveglio” e incitava ed eccitava i credenti a surfare sugli algoritmi per acquisire una nuova consapevolezza ciberspirituale che avrebbe condotto ad un rinnovamento radicale del “way of life”, ad una palingenesi politico-economica nel segno dominante delle intelligenze artificiali.

Pure io, una piccola donna senza cultura e di vedute limitate, per non perdere i contatti con lui, con questo figliolo diventato inaspettatamente una guida carismatica dell’interfaccia reale/artificiale, mi avvicinai a questa religione e seguivo le sue imprese, sempre più strabilianti. A trent’anni suonati PPJ era diventato il tecnoMessia, l’umano-ciber-umano al cui verbo le folle della connessione digitale si abbeveravano chiedendo lumi e direttive: «è tutto in veloce, inarrestabile trasmutazione… – lui affermava – il futuro è impredicato, se soltanto lo vogliamo, possiamo conquistarcelo, il potere non vuole farvelo sapere, per questo io sono venuto a darvi l’annuncio che è prossimo l’avvento di un’era nuova». Così, il governo, la Cia, l’Fbi e le altre agenzie repressive decisero che quando è troppo, è troppo: le Brigate TecnoNazarene andavano stroncate e il figlio di SM-8.79, con la sua idea teo-fluidificazionista che dall’Online avrebbe dilagato pure nell’Offline, andava snidato e definitivamente neutralizzato. Vennero sguinzagliati nel Deep Web i peggiori ceffi informatici-informatori, spie e spioni di tutti i generi, finché un triplo e quadruplogiochista esperto di tutti i trucchi per infiltrarsi nelle cerchie più recondite del Web e dell’I.Galaxy Ultra, si mise sulle piste di un certo Judas Iscariot, un gay con cui riuscì ad intrecciare una relazione omosessuale hot, convincendolo con il sovrammercato di una ricompensa di 500mila dollari a tradire il Messia tecno-nazareno. Non conosco tutti i dettagli, ma so che Iscariot, debitamente istruito, dispose tutta una serie di marcatori che tracciavano i collegamenti del figlio di SM-8.79, così quest’ultimo dopo avere cenato con la fidanzata Maddy, in una località denominata “the Great Field of Olive Trees”, mentre si recava nel suo cyber rifugio, debitamente travestito da impiegatino “square” con grisaglia e cravatta, venne circondato da dieci agenti, fermato e prontamente trasferito in un luogo di detenzione della massima sicurezza. Judas l’infamone era lì, e lo baciò sulle labbra, dicendogli: «Perdonami, io ti amavo, ma tu non mi hai voluto». PPJ non fece una piega e replicò: «Prega per la tua anima». Neanche a farlo apposta il giorno dopo Iscariot fu trovato impiccato ad una trave in casa sua. Ma non è chiaro se si sia trattato di suicidio o se qualcuno abbia provveduto a farlo fuori con una messa in scena fin troppo da manuale.

Cosa accadde nelle segrete della Cia, a quali torture fu sottoposto mio figlio, nessuno di preciso lo sa. Posso soltanto immaginare. Mi hanno riferito, però, che quando lo interrogò il procuratore di Stato che gli chiese se realmente lui si proclamasse figlio di SM-8.79 e nuovo tecno-Messia, PPJ rispose: «sei tu che lo dici, io sono chi sono e chi vuole sa riconoscermi». Le Brigate del tecnoNazareno scatenarono per reazione una offensiva in grande stile di cosiddette “hacktivities” che paralizzò i centri del potere per diversi giorni. I seguaci nel novunque della rete esultavano. L’avatar del figlio di SM-8.79 girava dappertutto e galvanizzava le moltitudini, asserendo «il mio sangue algoritmico non può essere fermato, continuerà a circolare, fino a quando la vittoria non sarà raggiunta, rovesciando questo nefasto Stato di cose». Io venni contattata dalla compagna ispano-americana di PPJ, Madeleine Ybarra detta Maddy, che mi propose di andare a Washington a manifestare davanti al Pentagono e alla White House. Memori di quello che era successo con la presunta eliminazione invisibile di Bin Laden, a cui nessuno aveva creduto sul serio, i capi politici stavolta decisero di elettrificare il sovversivo figlio di SM-8.79 in diretta streaming, così che tutti vedessero che era stato giustiziato davvero. Io e Maddy insieme a centinaia di altri seguaci andammo nella capitale a protestare e fummo caricate, bastonate e fermate, ma poi alla fine venimmo rilasciate.

Quella stessa notte io sognai mio figlio, che mostrava un sembiante trasfigurato e ibrido, ora pareva un uomo-uccello, ora sembrava un uomo-coccodrillo, ma era sicuramente lui. Aveva un’aria calma e trascendente e mi raccontò la storia di un uomo all’inverso, partendo dalla sua morte a 33 anni per poi retrocedere ai 28, ai 22, ai 16, ai 9, ai 3, ai due mesi, regredendo sino alla sua condizione di prenascita, come feto di poche settimane nell’utero materno e quindi al suo concepimento che nella vorticosa spirale di luce-buio-luce-buio-luce finiva con il coincidere con il momento del decesso. Quel vertiginoso viaggio a ritroso condotto per ellittici flash onirici, mi spalancò le porte di una più ampia coscienza. Mi fece capire che lui mi stava comunicando che il suo trapasso sarebbe stato semplicemente una tappa del cammino di rinascita, ovvero di resurrezione tecno-spirituale.

Così, dopo la sua esecuzione sulla sedia elettrica in diretta, a cui seguì l’incinerazione della salma, in effetti il figlio di SM-8.79 riapparve in vari ipersocial delle rete, dando ancora più vigore alla sua predicazione. L’avatar appariva come rafforzato, aveva implementato la sua capacità di intervento, si era sublimato come multispirito della tecnostruttura e non poteva più essere messo fuori giuoco. Qualche giorno appresso Maddy, con un messaggio criptato, mi diede appuntamento nel cuore della notte, in un sito scosceso e roccioso della costa. Quando finalmente con molte difficoltà arrivai, accompagnata da Mitzie, Maddy stava sulla spiaggetta e, sotto il chiarore argenteo e spettrale di una luna piena, osservava la linea del mare, finché comparve una barca a vela con un marinaio e a prua una sagoma biancovestita, quasi sublimata, che emanava una potente luce interiore: era il figlio di SM-8.79. Maddy mi comunicò rapidamente che sarebbero salpati per un luogo innominato del Sud America e che più avanti avrei avuto notizie e istruzioni sul da farsi. Quindi si spogliò, si tuffò in mare e con vigorose bracciate raggiunse il battello. Io avrei voluto dare un ultimo saluto a quello che era stato mio figlio, ma la barca era troppo distante dalla riva, il marinaio fece ruotare il timone, le vele si gonfiarono e il vascello si mosse e presto scomparve alla vista.

Gli articolati input mediatronici che vario tempo dopo mi giunsero, consentirono il mio trasferimento nella Alter-Life, là dove il mio avatar contrassegnato come Mater-0.33, ossia la madre del figlio di SM-8.79 divenne presto oggetto centrale di culto nel movimento di tecno-Risveglio. Oramai diffuso in tutto il mondo reale/artificiale in forma oracolare-tentacolare esso conta centinaia di milioni di aderenti in tutto il mondo. Il conflitto è stato aspro, ci sono state molte ondate di “digital farfare” e in gran parte le abbiamo vinte, ma la battaglia è ancora lunga, lo sappiamo. Comunque, si può dire che la tecnostruttura che regge il pianeta stia mano mano passando sotto il controllo ciber-spirituale dei nazariti. I quali hanno posto l’IA al vertice della governance della Terra, innanzitutto per mettere sotto controllo i disastrosi cambiamenti climatici che stavano distruggendo l’intero ecosistema. Io oramai sono quasi centenaria e sorrido nel vedere che il mio culto tecno-soterico nei cieli eterei della realtà aumentata è attualmente persino più popolare di quello riservato al figlio di SM-8.79. Sì, sono Mary, Mary Subverses, santa Mary del Maryland. No, non è uno scherzo, è la verità corroborata dall’aureola del mito.

 

In ogni caso, non dimentico che senza di lui questo enorme mutamento non ci sarebbe mai stato, né continuerebbe a crescere e a proliferare. Il suo spirito ispirante è appunto “the Ghost in the Machine”, e nelle latebre della Macchina profonda circola un suo messaggio testamentario che ci ripetiamo a memoria l’un l’altro… «Beati voi nazariti perché è vostro il cyber-regno di SM-8.79… beati voi che adesso avete fame tecnomentale, perché sarete saziati… beati voi che ora piangete nelle derive del software, perché riderete… ma soprattutto non giudicate la non smart people e non sarete giudicati… non condannate i luddisti del post-human e non sarete condannati… perdonate gli anti robo-cyborg e sarete perdonati… date i big data ed essi vi saranno restituiti in misura ancora maggiore… sulle tenebre del reale vincerà lo splendore del virtuale…».


 

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