MARCO PALLADINI, “Due secoli di fantasmi” di Simona Cigliana ovvero le avventurose liaisons tra spiritismo e modernità


Autorevole indagatrice del movimento futurista nelle sue componenti e diramazioni artistiche extra-razionali (vedi Futurismo esoterico, Roma, 1996 e Napoli, 2002) Simona Cigliana ha allargato e approfondito negli ultimi vent’anni le sue ricerche sulla macrosfera socio-culturale del mondo dell’occulto sino a produrre un importante saggio – La seduta spiritica. Dove si racconta come e perché i fantasmi hanno invaso la modernità, Roma, 2007 – che oggi viene ripubblicato dalle Edizioni Mediterranee in una nuova veste ampliata ed aggiornata con il titolo Due secoli di fantasmi (case infestate, tavoli giranti, apparizioni, spiritisti, magnetizzatori e medium). Uno studio ponderoso che può interessare sia i cultori della materia, che sono tanti ancora oggi, sia i lettori curiosi, come il sottoscritto che con le fantasime ha più che altro intrattenuto rapporti inerenti alla scrittura letteraria.

Colpisce, in coda al libro, una bibliografia di ben 52 pagine che diparte dal 1734 ed arriva al 2018, e che attesta della enorme mole di scritti direttamente o indirettamente connessi col fenomeno dello spiritismo elaborati da fitte schiere di pensatori, filosofi, scienziati, storici, psichiatri, psicanalisti, scrittori, poeti, artisti e, naturalmente, esperti del soprannaturale e occultisti di ogni indirizzo, ordine e grado (di personale credibilità). La modernità occidentale, come spiega ad abundantiam Cigliana, è strettamente intrecciata per mille e mille fili con la cultura o sottocultura spiritista-spiritualista al punto che non è concepibile senza di essa, laddove anche i progressi della scienza e della tecnica, soprattutto all’epoca del positivismo, si sono più volte raccordati e hanno interferito con le esperienze occultistiche, cercando sino allo sfinimento la ossimorica prova “scientifica” dell’esistenza dei fantasmi, vale a dire della vita dopo la morte o meglio della immortalità dell’anima. Esemplare in tal senso il capitolo riguardante la articolata vicenda della Society for Psychical Research fondata a Londra nel 1882.

Ancora più interessante, dal mio punto di vista, la parabola dello scienziato-filosofo svedese Emanuel Swedenburg (1688-1772) che dopo una prima parte dell’esistenza dedicata alla conoscenza scientifica con fecondi, enciclopedici e assai rilevanti risultati che gli rimeritarono i maggiori onori accademici e i riconoscimenti da parte del re di Svezia Carlo XII, improvvisamente, come racconta con dovizia Cigliana, incomincia ben oltre i 50 anni ad essere ‘visitato’ da una serie di visioni mistiche, pur in stato di veglia e di completa lucidità, che lo condussero a incontrare creature superiori (persino il “Salvatore”) e apparizioni angeliche. Da tali comunicazioni medianiche Swedenborg ricavò notizie e rivelazioni che trascrisse in migliaia di pagine, intitolate Arcana Coelestia, che vennero a configurare una “Vera Christiana Religio”, naturalmente subito contestata e messa all’indice dalle autorità ecclesiali ufficiali. Che un sapiente di ascendenza razionale-illuminista si sia tramutato in età avanzata in un profeta che annunciava che ogni uomo vissuto in rettitudine sarebbe diventato post-mortem un angelo (questo è, secondo lui, il paradiso), è un episodio certamente non ordinario che attirò, riferisce Cigliana, l’attenzione persino di Immanuel Kant che esaminò il caso e non tacciò Swedenborg di mero delirio o mendacio, ma attribuì alla fine le sue visioni ad una sorta di pulsionale forza psichica ipersoggettiva.

Alla prudenza e misura critica del pensatore di Königsberg mi pare che si attenga anche l’autrice del saggio che accumula una grande quantità di racconti e di materiali senza assumere posizioni preconcette, ma pure senza avallare né la facile credenza né l’adesione ingenua alla plurima realtà delle epifanie fantasmatiche. Del resto, chi potrebbe sostenere che è tutto chiaro, per esempio di fronte al fatto acclarato che Swedenborg prevedette esattamente il giorno e l’anno del suo decesso avvenuto a Londra il 29 marzo 1772? Soltanto un caso?

Nel libro di Cigliana si naviga a vista tra la effervescente compagnia tiptologica familiare delle sorelle Fox comparse a metà dell’Ottocento nello stato di New York, e le magnetizzazioni fluidiche dell’austriaco Franz Anton Mesmer (1734-1815), inventore appunto del “mesmerismo” come induzione energetico-terapeutica; tra le prodezzze illusionistiche di Houdini e le stupefacenti evenemenzialità spiritistiche e levitatorie di Daniel Douglas Home; tra le attività “perispiritiste” di Allan Kardec e la Società Teosofica di Madame Blavatsky (1831-1891); tra la antroposofia di Rudolf Steiner e gli esperimenti psichiatrico-ipnotistici sulle isteriche della Salpêtrière di Jean-Martin Charcot; tra la fascinazione iper-british per le Fairies, ossia le fate, di Sir Arthur Conan Doyle, “papà” di Sherlock Holmes, e i medianismi anche cialtroneschi della pugliese Eusapia Palladino che, comunque, riuscì a mettere in crisi anche le sprezzanti certezze positivistiche di Cesare Lombroso.

Piuttosto, avanzando nella lettura mi sono domandato come mai la complessa e sfaccettata fenomenologia dello spiritismo moderno sembra riguardare soltanto l’Occidente e non abbia, per quel che posso capire, un corrispettivo in Asia (l’unico nome, in tal senso, che traggo dal libro è quello dell’anti-guru indiano Juddu Krishnamurti, morto nel 1985). Tralascio l’Africa dove nella prospettiva delle credenze animistiche la compresenza di spiriti vivi e spiriti morti è come data per scontata. Ma in Oriente? Nell’impero ottomano, in quello cinese, nel Sol Levante giapponese lo spiritismo non ha avuto luogo? I fantasmi colà non si sono appalesati o hanno trovato altri modi per manifestarsi?

Nella sua chiave di ricerca socio-culturale Cigliana, comunque, coglie un punto essenziale: «Se lo spiritismo ottocentesco – democratico e spettacolare, avveniristico, anticlericale, con pretese scientifiche, scandalistico, e perfino divistico e imprenditoriale – costituisce insieme al suo pendant di ricerca psichica una delle estreme frontiere sulle quali l’uomo moderno ha giocato, con regole nuove, la sua partita con i propri limiti e con la morte, esso, d’altra parte, si trova ben in accordo con quella propensione all’individualismo, quel desiderio di onnipotenza, quella attitudine critica, sottilmente polemica e oppositiva, che fermenta negli interstizi delle società di massa».

L’altro punto da rimarcare è contenuto nel capitolo I fantasmi e la decima musa: laddove l’avvento del cinema si presenta subito come una forma nuova e diversa di visione che ha a che fare profondamente, ontologicamente con l’inconscio, con i fantasmi interiori. Talché il progressivo declinare nel Novecento dell’immaginario medianico connesso alle apparizioni spiritistiche ed ectoplasmatiche è stato sostituito dalla crescente, iperbolica invadenza dell’immaginario cinematografico, come si sa gremito di “fantasmi artificiali”, spettri orrorifici, vampiri, zombies, stregonerie, allucinazioni demoniache, larvali cauchemar, avatar e quant’altro.

Significative sono le ultime pagine del volume riservate al celebre paragnosta torinese Gustavo Augusto Rol, morto nonagenario nel 1994, di cui il suo amico e ammiratore (un po’ atterrito) Federico Fellini, il più geniale inventore nostrano di fantasmagorie filmiche, diceva: «… gli occhi di Rol non si possono guardare a lungo. Son occhi fermi e luminosi, gli occhi di una creatura che viene da un altro pianeta…». Ed effettivamente le “azioni” paranormali di Rol, dal trasporto psicocinetico all’attraversamento della materia, dalla bilocazione alle endoscopie, dalle chiaroveggenze alle trasmutazioni a distanza degli oggetti, lasciano basiti e sembrano rinviare alle capacità di un soggetto alieno. Del resto, lui che disdegnava spiritisti, medium, occultisti, maghi e maghetti, considerava se stesso come il prototipo di un uomo a venire, di un uomo “aumentato” in grado di trascendere i limiti dello spaziotempo e della ordinaria realtà materiale.

Chi è, invece, un uomo normale, forse anche un po’ “diminuito” dalle negatività della temperie epocale, chiude la lettura del libro di Cigliana, avendo imparato tante cose sull’argomento, ma senza approdare ad alcuna certezza, restando in una posizione al fondo agnostica. L’unica cosa evidente è che il bisogno di stabilire un contatto, una forma di comunicazione tra mondo visibile e mondo invisibile è un bisogno che affonda nei precordi dell’essere umano, nelle sensitività latenti, nelle sinapsi della sua biomacchina cerebrale il cui funzionamento è tuttora in larga misura sconosciuto alle neuroscienze. Se anche questo pluriteatrino fantasmatico fosse una proiezione iperillusionistica della nostra mente, esso comunque ci insegnerebbe molte cose sulla costituzione catafratta e “inventiva” della psiche, sulle dinamiche non lineari in cui l’ego multiplo interfaccia interiorità ed esteriorità. Secondo dice il regista Peter Brook circa la sostanza dell’arte teatrale, non serve chiudere al mysterium, è meglio lasciare la “porta aperta” all’invisibile. Così, forse comprenderemo meglio pure il segreto annidato nel cuore del visibile.

 

Simona Cigliana
Due secoli di fantasmi
Case infestate, tavoli giranti, apparizioni, spiritisti, magnetizzatori e medium
Edizioni Mediterranee, 2018, pp. 313

Biografia di Marco Palladini


 

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