Lorenzo Pataro, Piccola antologia

(Il filo che lega questi testi di Pataro è l’amore. Un amore ancora acerbo, “sottotono e sottovoce”, al limite della purezza, ma con la freschezza e la leggiadria della gioventù. Non potrebbe essere altrimenti, Pataro è giovanissimo, non ha ancora compiuto venti anni, ma già in grado di aprirsi a quel sentimento che lega tutte le leggi del mondo, cioè, l’amore, fino a toccare le corde dell’anima, un pregio che non si trova tutti i giorni in un giovane, anche se alla fine tutto rientra in quella spensieratezza e giocosità, in quella sfrontatezza e incoscienza – proprio della sfera giovanile – per rotolare la notte “come pentole rotte / per fracassarci le spalle con morbide ferite / tra le crepe fiorite dell’asfalto”, per trovare nell’amore “ancora acerbo” quello che la società odierna tende a sostituire con il freddo ragionamento che tutto debba passare per il mercato, per il potere dell’economia.
Si può definire un viaggio, questo poetare di Pataro, su una zattera fatta di parole resistenti che non temono di andare alla deriva o approdare su nuovi lidi, consapevole che la strada che porta a costruire quei sentimenti nobili per vivere un’esistenza nel rispetto di se stessi e di chi si ama, è impervia, irta di ostacoli, ma nonostante la giovane età di Pataro, sembra non avere ancora creato crepe nella sua visione della vita.
Dirà Eleonora Rimolo, nella prefazione a Bruciare la sete del Nostro: «I versi di Lorenzo Pataro nascono dalla necessità di soddisfare la sete. L’autore è mosso dal desiderio di abbeverarsi alla fonte della parola (Quando sfogli la tua anima / con parole/che vorresti dire, / ma non dici), e nello stesso tempo avverte una secchezza delle fauci che diventa gradualmente un vero e proprio bruciore (Ti sei accorta / del fumo / quanto ho bruciato per te). Il discorso, dunque, si contrae, non arriva al destinatario ma si ferma in un limbo che diventa verso, che si fa testo e che riesce pertanto a aggiungere ciascun lettore con la sua molteplicità di significati).
Auspichiamoci che trovi sempre questa forza combattiva, anche se sotto sotto riflette tutte le incertezze della giovane età – g. m.).

 

* * *

 

Attraversarsi

Dopo la tua freccia
lascia che anch’io
ti attraversi
come un frusciante foglio di luce
sottotono e sottovoce.

Un fiume che bacia
con gli occhi chiusi
la sua foce.

 

Paradossi 

Vorrei essere la mano che sfiora i tuoi capelli
il paesaggio cieco che guarda nei tuoi occhi
l’invisibile matita che disegna i tuoi spettri
il fradicio profumo con cui ricopri le tue paure
il dolce sudore che riga la tua pelle
la sorda eco che risponde ai tuoi silenzi
la rosa appassita che annuseresti
nonostante le mie spine,

e che tu,
equilibrista su rancidi aghi,
restassi.

 

Scartarsi

Ci sono parentesi
che non si vuole aprire
e pur di non farlo ci si chiude dentro
(a marcire).

Ci sono alberi
che si lasciano ingrigire
pur di non lasciare
che gli altri li vedano fiorire.

Ci sono muti
a cui si comanda di parlare
pur di accrescere
il proprio ego.

Ci sono stelle cadenti
che si rubano senza pietà
pur di vantarsi
del proprio coraggio.

Ci sono favole
a cui si cambia il finale amaro
pur di far finta
che il dolore non esista.

Ci sono uccelli
che volano basso
perché in cielo non possono cantare
i loro fallimenti.

Ci sono cose  che ci si fa piacere,
pur di farsi amare
un poco.

Ci sono persone
che si finge di amare,
pur di farsi piacere
un poco.

Ci siamo
tu
io
e quest’amore da scartare.

Vale davvero la pena
aspettare
che il mondo cambi,
per poterci amare?

 

(S)fuggirsi

Siamo luci accecanti
e diafane
di una galleria infinita.

Ci rincorriamo
senza mai
raggiungerci.

 

Promessa fragile

Immagina
di buttarti
a capofitto
nel vuoto
e che ci sia
io
lì sotto
a salvarti.
È questa
la fragile promessa
che vorrei farti.

Di afferrarti
anche quando sarà impossibile.

 

La tua debole bellezza

Tutte le volte
che potrò
ti porterò
su quell’ignota ruota panoramica
per farti ammirare dalla Bellezza,
per farti specchiare in te stessa,
per farti amare ogni tua
vertiginosa
invincibile
debolezza.

 

Pentole rotte

Sussurrandoci sillabe aguzze di rabbia
di notte rotoliamo
come pentole rotte
per fracassarci le spalle con morbide ferite
tra le crepe fiorite
dell’asfalto.

Abbiamo mani d’acciaio
troppo dure
per stringersi.

(estratto da Bruciare la sete, Controluna, 2018)


 

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