LIDIA PIZZO, Mio caro lettore

Mio amato lettore,

la malinconia, oggi, opprime ogni fibra del mio cuore.

Sarà l’afa di queste affollate feriae augusti, sarà la solitudine dei vecchi, sarà il peso dei tanti lustri sulle spalle, cui aggiungi il fatto che ad una certa età qualunque incontro, sentimento, sfumatura di emozione turbano fin nel profondo.

Adesso ti racconto.

Amo, come tu sai, andare spesso ai giardinetti, magari con il carrellino della spesa, e sedermi su una panchina, per vedere sfilare la vita, di cui ormai non faccio parte attiva.

Giusto oggi è stata giornata torrida quanto altre mai e riposare all’ombra di un albero fronzuto, davvero non mi dispiaceva.

Così preso al volo, si fa per dire, dato che l’agilità da tempo s’è tanto sfilacciata, ti dicevo preso al volo il suddetto carrellino, prima di raggiungere il panificio per la solita baguette giornaliera, entro nel giardino pubblico proprio di rimpetto a casa mia e mi seggo sulla panchina abituale, le spalle un poco curve, le mani intrecciate nel grembo, il pensiero chissà dove.

Mi sfilano davanti, a gruppi, ragazzi vocianti con gli zaini gonfi di asciugamani per il mare, passa qualche extracomunitario in cerca di un lavoretto, di fretta qualche uomo con la tracolla con dentro il computer, la mamma con il passeggino, per far prendere al pupo un poco d’aria, ragazzini con le bici. Insomma, amico mio, passa di lì la più varia umanità.

E sulle tante panchine?

Anche qui ce n’è per tutti i gusti. Giovani innamorati stretti stretti, amiche che chiacchierano fitto fitto, sfaccendati in cerca di frescura, come me d’altra parte e qualche altro di età più o meno pari.

Seduta comoda, giro svagata lo sguardo.

Quindi… cerco di metterlo a fuoco.

Anche la vista comincia a dare forfait.

E sì, amato lettore, non mi sbaglio. C’è una sagoma che conosco, che ri-conosco.

Il mio cuore, già tanto indebolito, accelera un tantinello i battiti.

 

E poi…

E poi il cielo sfavilla di azzurro, anche se sono passati lustri su lustri e il tempo ha depennato numerose immagini e ricordi. Ma, è intatto nella memoria Capo Sounion smagliante di colori. Presta ancora ai miei occhi stanchi il rosso del tramonto tra le esili colonne del Tempio di Poseidone e l’azzurro indicibile del mare con l’isola di Kea silente e lontana, sullo sfondo.

E siamo lì, insieme… a contemplare quello che i secoli e la storia hanno levigato, snellito o distrutto. Ma, nulla hanno potuto sulla bellezza del mare e la lindezza del cielo.

E siamo ancora insieme dinanzi a Poseidone a braccia spalancate, impassibile e lontano da noi piccoli mortali.

E siamo lì a Micene, a Tirinto e poi a Sparta con Omero il cieco a sfidare i secoli, a calpestare il suolo che gambali, schinieri e spade difesero o offesero.

È questa la storia dell’uomo, mai un abbraccio o un ricordo che dica dell’Umanità, se non nell’arte e nella poesia.

Ci stregava il fascino dei millenni, ma neanche un pensiero alla montagna di morti, che con indifferenza calpestavamo mano nella mano a saziarci dell’azzurro e a sentire tempi e letteratura.

E siamo insieme nella Plaka antica tra tavolini, piazzette e botteghe di vani souvenir.

E siamo ancora insieme nella splendida Syracusae a smaniare di carezze sul Plemmirio ondoso, puntuto di scogli o a correre per viuzze di campagna: «Viviamo, mia Lesbia, e amiamo, e consideriamo un asse tutti i borbottii dei vecchi troppo austeri. Il sole può tramontare e risorgere: una volta che è tramontata l’effimera luce, per noi rimane un’unica perpetua notte da dormire».

Adesso che quella notte è così vicina, mi sei vicino e non sai che ti guardo. Intensamente.

Siamo soli e sperduti, io e tu, a sentire la vecchiezza, la nostra inanità difronte alla vita.

Piano, quasi avessi paura di far rumore, scuoto il mio sogno. Mi alzo. Mi avvicino.

Sei seduto, come molti vecchi, sulla panchina dirimpetto alla mia con le gambe un po’ divaricate, nel mezzo un bastone e sul suo manico una mano sull’altra e su di esse il mento.

Pensi…

A cosa pensi?

Ti sfiora ogni tanto un ricordo nostro?

Mi avvicino, alzi gli occhi. Mi sorridi lontano, mi porgi la mano.

Non abbiamo più parole da dirci, la vita ci è passata sul corpo, sul cuore, sulle emozioni.

Non ci unisce nient’altro?

Stringendomi la mano, un guizzo passa nei tuoi occhi e cancella i lustri, ma è solo un balenio. Poi prontamente si spegne.

Mi dicesti in quell’istante, che l’isola di Kea anche per te è rimasta sullo sfondo, silente e lontana.


 

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