LEOPOLDO ATTOLICO, La musica è finita

LA MUSICA È FINITA

 

Amo tanto la musica d’attesa

della dettatura telefonica telegrammi

( il pianoforte nel Il cigno di Saint Saëns è afrodisiaco )

che senza aver bisogno di fare nessun telegramma

compongo il 186 e mi metto in ascolto

(tanto prima di un quarto d’ora non rispondono)

 

Da questa trance di nouance

mi riscuote sempre una voce di lavativo

chiaramente irritato dalla mia insistenza:

“Prontooo! Dica dica !”

 

“Grazie buon uomo, non serve più.

La musica è finita”.

 

E RICOMPONGO IL NUMERO

 

 

ASSOLUZIONE ANNI ’50

Ego te absolvo

ineffabile pervicace observer Poldo

per quei tuoi zoom sulle gambe delle mamme

rapaci in technicolor al Pincio dell’estate

e per quelle fantasie sfrenate di farfalla

degne di un San Tommaso puntuale e solerte.

Non te ne voglio, caro, sta tranquillo, non te ne voglio.

E poi le gambe sono fatte per essere guardate,

ci mancherebbe altro voltarsi dall’altra parte

snobbando il talento che le ha fatte!

Piuttosto c’è da dire che fan parte di un contesto

che sempre si segnala per certe note occulte

                                  d’incerto pentagramma

dal fascino sottile e affatto secondario:

tienle presenti; non le sottovalutare;

producon gran dissesti, provvidenziali frane

e crolli di palinsesti; poi ti mandano in bambola.

Vedi di rintracciarle allora,

di non vederle in brossura soltanto, senza leggerle.

Saresti un superficiale!

 

 

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO CONVOCA D’URGENZA IL SUO GABINETTO

 

(La pubblica decenza

si chiede insistentemente

se sia ammissibile

che l’opzione istituzionale

contempli e giustifichi

pratiche personalistiche

altrimenti inattingibili ai comuni mortali

inverosimilmente pretenziose

e indecorosamente surreali)

 

 

GRANDE STATISTA

Con il bon ton municipale

del buon padre di famiglia

ha depenalizzato il falso in bilancio.

Ma non è più creatività d’alto profilo

il fai da te quando consuona

con la questione morale arresa all’elettronica:

se un tempo si parlava con la propria coscienza

oggi ci trovi la segreteria telefonica

 

 

QUEL LADRO DEL MIO DENTISTA

 

La mia ortopanoramica

parte dal soggiorno e arriva in cucina

costeggiando bagno e studiolo colabrodo.

Un metro sotto terra di trincea

quattro finestrelle sull’orticello a sciarpa

due dita d’ombra per nota esantematica

 

Quel ladro del mio dentista

mi ricorda da una vita che devo ancora pagarlo

altrimenti mi gioco lo sconto e la dentiera

assimilata ormai dai Lari del comò

ad un altrove di primavera intempestiva

ogni volta disattesa

fuggitiva

che mi cerca

pazziando

la gengiva

 

 

TUTTO SOTTO CONTROLLO

Ho scoperto che per far imbufalire la gente

è sufficiente urtarle il gomito da tergo

quando sorseggia la tazzulella ’e cafè al bar

di prima mattina

“Ed ora scambiamoci un segno di pace

come si fa a Messa!” – ho detto con tono alla Sergio Zavoli

guardando la montatura degli occhiali

della mia prima vittima

“Ma lei l’ha fatto apposta, idiota!”

“Appunto. La posta in palio ora, per me e per lei

è proprio il self control che ci vuole

per sopportare la sua Messa in scena!”

(segue pestaggio)

 

 

ASSOLUZIONE ANNI ’2000

 

“Padre, sogno ragazze col seno di neve e le ciliegine”.

-E lo vieni a dire a me, figliolo?

“E a chi altri Padre?”

-Ma alla tua poesia perbacco!

Quale monitoraggio responsabile può dribblare

un disastro incoronato da una sapore colorato?

Lui certifica l’adagio

che tra scrittura e vita non c’è frattura.

Fanne tesoro, fatti coraggio!

 

 

PATOLOGIE

I poeti meno cagionevoli in angoscia

difendono la poesia giocosa

pur ammettendo che, al più

ha sempre lasciato soltanto la buona impressione

e i due punti, come nel gioco del pallone

La percepiscono vincente.

Sanno che gli spaghetti sconditi ma al dente

surclassano la dislessica melassa

blandita dal ragù

12/1967


Biografia di Leopoldo Attolico


 

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