GIUSEPPE MANITTA, Un intenso venire di Marisa Papa Ruggiero

Un intenso venire di Marisa Papa Ruggiero implica nel titolo il movimento e, da un punto di vista pre-testuale, questa prima intuizione sembra confermata dai versi riportati in copertina, in cui il papiro conserva la mente del fiume che scorre, il quale a sua volta conosce la lingua dei voli e la lingua narrata ai germogli. Una raccolta, dunque, che prima dell’inizio si collega a quanto riportato da Daniele Piccini nella prefazione, quando cita una considerazione critica dell’autrice pubblicata sulla rivista «Levania», in cui si parla della poesia come “non luogo” (si potrebbe dire anche altro-luogo) che non è distaccato e disincarnato, ma particella irrequieta del reale. La connessione tra gli spazi, però, è determinata dall’occhio di chi scrive, perché l’incedere delle immagini non dà il senso dell’allontanamento, ma catalizza in sé il turbinio interiore e si materializza nella nave inabissata che ha preso la “forma” dell’autrice (Il quadro vivo). Ci troviamo di fronte ad un azzardo (come si indica nella prima sezione Nell’azzardo ribelle) perché esso manifesta la volontà di espandere e sondare i limiti della parola poetica e della conoscibilità, porta a nudo il fiammifero (prelevo in questo caso un’immagine sempre da Il quadro vivo) che si ritrova nelle vene. Si tratta di una poesia magmatica e a questi aspetti si ritorna più volte, riproponendo il problema della “creazione”, della visceralità come esodo necessario. Tale rapporto carnale, oseremmo dire, con la poesia ora appare chiaramente ora si manifesta in descrizioni e visioni che, più o meno legate alla realtà, sono il risultato di una introiezione. È il caso de Lo scultore e la statua in cui l’azione maieutica viene proiettata in un processo apparentemente diverso dalla poesia, ma perfettamente uguale ad esso nell’atto della creazione perché il disvelamento della forma dalla materia grezza è comune e interiorizzato: «Nel mio scatto da fermo / osservo smottamenti / come suono compresso, detriti di scavo / lasciati dentro, cieche voragini, lì apprendo / i miei confini nell’urto col silenzio». La forza tellurica, a parte il riferimento a Persefone nella sezione Erotica-mente, si snoda attraverso indicazioni alla lava, allo sterno magmatico, alla pietra, ai zolfi ecc… tutti elementi che riconducono al mito della terra e alla percezione che va oltre ciò che si vede (cita non a caso il termine fosfeni, di probabile eco zanzottiana). Anche in Frange di interferenza si sondano questi limiti espressivi, fornendo un ulteriore indizio di analisi: il tempo della poesia. Esso è “squarciato”, ‘absolutus’ direbbero i latini, in quanto sciolto, dilatato; un tempo altro di un luogo altro, di un altrove, un “angolo giro” che racchiude tutto e dà l’apparenza della fuga, ma tutto contiene: «Spigolo che si apre // […] con l’ala di metallo / dentro l’angolo giro che si compie / in fuga sullo zero // e si serra all’approdo / la Figura // dal suo cerchio non esce / vi si inscrive».

A questo punto si pone un altro quesito sulla poesia di Marisa Papa Ruggiero strettamente connesso all’attività maieutica: il rapporto tra l’apparenza (o la visione) e la realtà. Ciò avviene perché Un intenso venire è un libro altamente visionario, anzi si potrebbe definire ultra visionario, e vari testi partono da un indizio di realtà, vedi Il ponte, per poi manifestarsi come escavazione del Sé: «da qui che seguo / come oca selvatica / la migrazione del mio corpo / altrove/ io che perdo sostanza ad ogni mio passo // ma pompo ossigeno nel / disegno avanzante / che ha forma di ponte». Si tratta di una condizione ancor più chiara se si sondano i riferimenti al colore, all’arte figurativa o a un quadro ben preciso (Quadro blu prussia). In questi casi la visionarietà trova il nesso oggettivo per superarlo, come nel riferimento a Escher nella sezione Erotica/mente o in Radiosa – oscura Persefone: «Ed entro, entro ed esco dal quadro, / a ritroso varcando il ritorno / come un inizio / […] Divorata rinasco divorando il mio seme». Questa inclinazione al mondo tellurico e al fuoco interno si può leggere direttamente in Se il libro è un campo… in cui si ammette: «Se il libro è un campo / di mine scoperchiato in asse / col mio corpo, se / ogni sillaba / annaspa stranita ai vetri /  e lingue di pioggia danzano / in concerto con il fuoco, / se il camino notturno ringhia / tra le ombre che s’attorcono di fianco / e il respiro si fa ventriloquo / all’ultimo rintocco, la stanza prende // un’inclinazione sghemba / dentro un altro battito ed è allora / che il libro trova una via d’uscita / e gli oggetti sui piani rompono le righe […]».

In più luoghi di Un intenso venire si ha l’impressione che la poetessa voglia catalizzare gli sguardi e rivolgerli all’Io, lisca spolpata (Corpo astrale in Erotica/mente), o alle ferite interne (Una ferita interna ma visibile in Sul versante scosceso). Nell’ultima sezione dal titolo Sul versante scosceso, per l’appunto, tale inclinazione si rende ancora più percepibile: «Ed è qui sulla pietra a seccare, / l’urlo imploso nel fango, il coltello / da cui sguscia lo scriba che scava / sangue e linfa per farne parole». Questa descrizione rappresenta l’atto della stessa poesia di Marisa Papa Ruggiero, il fascino della lava tra essere e non essere (“e sono / ciò che non sono” afferma in Specchio anamorfico), del continuo riflettersi in altri volti, del fluire inarrestabile che si mostra anche nella mancanza di punti fermi nella punteggiatura. A questo punto emerge il nesso con la realtà che può essere la “Città-pozzanghera” de Il vico è polvere da sparo (nella prima sezione Nell’azzardo ribelle), l’indicazione ad un’opera d’arte o agli sguardi altrui, ma può essere anche la zattera (montaliana) dei ricordi e la ricerca di un approdo, o ancora l’occhio che osserva gli altri e indaga se stessi e persino, a cogliere il problema della coscienza dell’Io, l’ultima maschera che cade, la possibilità del non-essere o dell’essere-altro: «Io sono l’ultima maschera / sono la maschera che sanguina / da mille ferite / Chi guardano? Chi gettano dalla torre? / La maschera vola oltre il grido / la scaglio a una distanza da me / che non conosco / Scaglio la freccia più lontano / del punto della mia morte» (Il volo della maschera).

Marisa Papa Ruggiero
Un intenso venire
prefazione di Daniele Piccini
Passigli, 2017, pp. 70

 

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