GIOVANNI MATTEO ALLONE, Oltre la soglia del dolore


L’aspirazione ansiosa verso un ideale soffocato dal dubbio del fallimento nella ossessiva ricerca di una verità sfuggente. Il desiderio di un sogno che si frantuma in “schegge” dolorose, “colata putrifera sonorale / canto di fuoko fattosi ghiaccio”, di cui al poeta non resta che cogliere “brandelli di parole”, perché nella speranzosa fiduxia di vincere la forza gravitazionale del silenzio, che ci appiattisce e ci schiaccia, non c’è altra possibilità per l’uomo se non la scoperta amara che “Oltre la soglia del dolore” non c’è che il dolore, e che di nuovo non c’è che il vecchio. La rivelazione, divenuta “giorno per giorno” certezza di un illimite niente, un “delirante sogno”, “unidea Accua elata dei cromatismi”.

Le parole che dovrebbero dare voce alle sensazioni più profonde diventano, allora, simboli deformanti e deformi di segni, frammenti paradossali, lapidi, e nello stesso tempo germogli nella loro ibrida germinazione, zampilli che si innalzano da una fonte misteriosa e arcana per ricadere nella vasca amorfa della quotidianità. E valga per tutti, come esempio, “La creazione di Bacoli“, dove il poeta dà una prova raffinata di creatività scritturale, di quella germinazione verbale, che, mutando dal quotidiano, si esalta o autoesalta e si diffonde in diramazioni-rivoli, che superano i limiti imposti dalla temporaneità:

il lunedì
ludigginò il tempo
ludigginando
temporeggianti
temporali
ludigginosi

il martedì
martedigginò il vento
martedigginando
furioso
martedigginoso

il mercoledì
mercoledigginò un’aria di riposo
mercoledigginando
segni mercoledigginosi

il giovedì
giovediggiò
giovedimenti
antiche paure
giovediggiate
di giovediggiature
[…]

Perché questo è il tormento del poeta: la limitazione che nasce dall’impossibilità di trovare la giusta “parola”, che possa superare la soglia che ci separa dal passato e ci proietta nel futuro, nella cosciente constatazione che il presente è un attimo che si annulla nello stesso momento in cui si è tentati di coglierlo.

Il lavorio sul verbo e la rappresentazione visiva di un atto, quello della scrittura, che rimane unico nell’istante in cui si imprime, incatenandolo, nell’occhio deformante e perciò aperto a una varietà e molteplicità immaginativa, sono fra le peculiarità della poesia di Giorgio Moio.

Giorgio Moio
Oltre la soglia del dolore
Gabrieli, 1999. pp. 48

Biografia di Giovanni Matteo Allone


 

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