GIORGIO MOIO, Rileggendo Haeretica poesis di Franco Cavallo


Anche con Haeretica poesis di qualche anno fa (1989, anno in cui chi scrive ha iniziato a pubblicare in volume le sue poesie proprio con la stessa casa editrice di Haeretica poesis, ossia Ripostes di Salerno), Franco Cavallo ripercorre la via del desueto per una poesia eretica, non legata a correnti o movimenti, se si esclude il surrealismo tanto amato e frequentato dal Nostro. Attraverso l’autoironia l’irrisione (puntigliosa in un certo senso) l’anagramma, tenta di corrodere la raréfaction del quotidiano con un rasente stravolgimento della semantica astutamente architettato, di distruggere (uso le sue parole) la concezione auratica della creatività, la codificazione enfatica frastica, restituendo al poeta il gusto della parola, di “uccidere” attraverso l’antifrasi per ridimensionare il significato, sovente indecifrabile e comatoso in sintonia con la società attuale, riportando in superficie il magma del contrario, l’utopia del “nuovo”. Ovviamente è un tentativo, non senza la convinzione che la letteratura, e la società in cui si palese, hanno bisogno di un cambio di rotta verso una più consona dimensione umana:

il sonno ha la sua logica
il sogno è un’antilope che si connota di più
mescal carico di stricnina
spazio vuoto interrotto da sentine

so di una fede consumata
come amara pietra di fiume (…)
i contorni si dissolvono
in una crudele in distinzione

ma che può mai dire la nuova
assunzione degli oggetti?
bella da lontano bella da vicino
sussiste in tutti gli estremi

conifera nana nella palus putredinis (p. 14).

Cavallo ci dice che solo sottotraccia, nella parte più bassa e interna del linguaggio qualcosa di nuovo possa emergere. Ma non è tutto. Possiamo aggiungere, senza falsa modestia, che i testi di Cavallo nascono sempre da una consapevolezza indelebile di una negatività del mondo, pointilleux in un certo senso, anche quando sposa l’ironia o il divertissement, il calembour o il nonsenso, i limericks ma senza regole ferree. Scruta, scarta, rimonta; corrode la materia verbale in superficie fino a farla impazzire di gioia e di dolore, fino a farla apparire nel suo reale apparire:


il chiarore e la tenebra
si fondono
in un unico vuoto
dove nascita
& morte
si assomigliano (p. 23).

Nascita e morte, dunque, si assomigliano. Entrambe possono creare nuove esplosioni di ritmo, una libido sonora proliferante per una sperimentazione mobile. Una dicotomia che percorre tutte le trentadue pagine del volume, una ventina di testi poetici nati sotto l’egida di un accumulo climax di un proliferare estremo dell’uso della paronomasia che si abbina all’anagramma.

Suddivisi in tre sezioni (Corpus, Schegge, L’ombra. Ode a Giordano Bruno), i testi contenuti in Haeretica poesis, eretici al punto giusto, si alternano attraverso un ritmo incessante di una ubiquità scaturita dalla loro brevità e da una consapevolezza quasi brutale istrionica ludica; la stessa consapevolezza che si materializza da una rigida op positività al kitsch (siamo sul finire degli anni ’80 del secolo scorso), al dejà vu, a un mondo marmoreo qualunquista postmoderno per un linguaggio strutturale allegorico enigmatico da insidiare nella differenza semantica esistente tra Testo e Poesia, tra significato e significante.

Si tratta di una disunità che ammette tutte le verità, una scrittura materialistica, per intenderci, o contraddittoria (una visione dinamica del mondo) che protende il segno verso nuove soluzioni, nuove forme affrancate da linguaggi invertebrati. A volte poesia aforsmatica, altre volte seriosa, giullare: sostenuta dall’haiku nostrano, «non si identifica mai col pathos della propria voce ‒ come suggerisce Mario Lunetta nella prefazione ‒ e al contrario procede con nonchalance acrobatica (… , con levità clownesca), quasi facendo spallucce, su una serie di percorsi sguinci e imprevedibili, a velocità variamente accelerate» (p. 5).

Con guizzo critico, i testi di Cavallo si mettono in cammino lungo le coordinate del “nuovo” e di un nihilismo che si oppone alla centralità  della scrittura, a istanze simulacrali e feticciose. Le allitterazioni, le assonanze, la cifra surrealista francese (molto cara al Nostro) presenti nel volume (anch’esse variamente accelerate), si combinano con l’esistente, si urtano a vicenda fin nelle molecole più invisibili.

Franco Cavallo
Haeretica poesis
Ripostes, Salerno, 1989, pp. 32

 

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