FILOMENA CIAVARELLA, Poesie (2020-1997) di Vittorino Curci

I versi di Vittorino Curci arrivano da una realtà che ci abita a fianco, dalla sua terra di Puglia che diventa  lingua,  cosmo, memoria per farsi storia. Nasce da piante infestanti, spugne, cavi di acciaio. Ma forte è la purificazione “di quattro inverni passati al buio”, per liberarsi dalle catene e assaporare la leggerezza della luce. I cercatori d’oro non si lasciano legare da nessuna fede, sono raminghi e i loro vestiti profumano di  neve. Lieve è la perdita di peso che ci fa giungere in una nuova alba. Il tutto è entrato nel pozzo del mistero per riaffiorare in una sinfonia policroma di suoni, odori, archetipi. Il grido silenzioso è “sostanza umana” nel teatro delle variazioni del ritorno dell’uguale, in questa terra che l’eterno ha dimenticato. La metamorfosi della natura è musica fra due corpi chiusi nel dolore della distanza, ma che nel distacco del cuore si fa venatura fra venature cosmiche. Gli uccelli del cielo scappano con battiti di volo umano che si appuntiscono nella storia in una parusia di dolore, di luce.

Sembra riaffiorare lo spirito della musica di Nietzsche che passa nel dionisiaco e nell’apollineo, in una trama che sa cogliere le corrispondenze fra le dissonanze in una leggerezza che costa una vita. Accompagna i versi senza quasi esserci nella descrizione di Alcide De Gasperi in Viaggio nel Mezzogiorno. In un percorso che dura mesi il verbo sembra sanguinare fino all’alba, si porta le stimmate di chi soffre in silenzio, “nella cripta” dei propri segreti nella luce di chi legge dal futuro. Sembra quasi risorgere lo sguardo del veggente di Rimbaud. Il poeta descrive la storia ma la guarda scorrere da una prospettiva fuori dal contesto con occhio purificato. Vittorino entra ed esce dalle strade che hanno percorso i mangiatori di pancotto e di aria sulle porte. Sembrano quasi rinascere, fra l’allegria pazza di  luce che vuole combaciare con la vita, le lotte contadine dei padri. Emerge il volto mai obliato dal tempo di Giuseppe Di Vittorio con la sua passione per Silvia di Leopardi. C’è un profondo misticismo libero da dogmi che legano il pensiero. La vita mentale dei suoi testi scritti su “fogli quadrettati” hanno una breve durata, la voce velata di sua madre e il moltiplicarsi delle strade impone il volto, immediato, dissonante e sfacciato dell’esistere. Il poeta percorre la strada di “tutte le angeline e antoniette vestite di nero” in un treno con varie stazioni. Il viaggio sempre ritorna per rivelare il porto sepolto del tutto.

In questi versi c’è la terra del Sud assolata nella notte delle sue processioni anima. Il poeta sembra  percorrere le stazioni di una perenne via crucis che fanno la storia oltre la storia stessa, perché è una storia di anime, di corpi in un lembo di cielo umano dimenticato dal potere umano della mercificazione.  L’odore della terra esala dai ricordi di luoghi che non hanno un nome.  Sua madre sembra quasi apparire nella parola “del suo dio scomparso dalle chiese”. Il ricordo della sorellina non dilegua dal fumo del “campo minato degli anni”. Ci vuole cura per conservare i suoi quaderni.

Le ricordanze parlano di lei, si sente soffuso il palpito del pianto nascosto perché non c’è più  un corpo di sangue a parlare di lei. Il poeta suona cave note che non si fermano al consumo immediato. Si lascia allertare dalla sottile pioggia in un concerto “sui tegoli” dopo aver giocato a morra con le ore della notte. Sembra suonare su note invisibili l’alleluia dell’esistenza e accompagnare la sua mano quasi incorporea, diafana che sa scrivere della sinfonia che lega la collana di perle alla vita. La mano è sospesa in  un “teorema d’aria”, tra le vette del Chimborazo che non finisce, anche se “le tessitrici delle madie grandi” non possono misurare il cuore che ha ragioni che la ragione non conosce.

La poesia di Vittorino Curci viene da lontano, è sinfonia sulla trama del tutto. Custodisce e libera il pensiero poetante nel vento dell’anima storica della sua terra, con l’impercettibile maestria di chi sa entrare fra venature invisibili

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Vittorino Curci

Poesie (2020-1997)

La Vita Felice, 2021, pp. 172

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