FILOMENA CIAVARELLA, Pensieri su “In medio cielo” di Pierangela Rossi

I versi di Pierangela Rossi sono cesellati in un cielo che cinguetta, vivo, pulsante, diafano e argentino. Devota all’alba, al tramonto, al suo giardino che ha tessuto In medio cielo. Sa ascoltare “l’esperta giardiniera” che rende “belle le piante” e raccontare un segreto ogni giorno.

In ogni piccolo verso affiora una bellezza bambina di chi ha navigato molti mari. La tempesta scroscia pioggia senza remissione di debiti, perché è un dono. Le basta una finestra per sentire accanto a sé  tutte le creature del cielo. Infiniti transiti percorrono le rondini e le farfalle del suo universo. Persi gli uccellini “vagano… tra brume di nubecole”, mentre tubano due colombi.

Una sinfonia attraversa il regno delle piante e degli animali. Pulsa la vita fra forcelle di anime rami suoi amici fedeli. Il creato e le sue creature, gli usignoli, le colombe che popolano il suo cosmo intercettano gli sguardi che sanno percepire quello che accadrà. La terra dell’ulivo rigoglioso è attraversato da una minuscola, splendida, gaia mosca. La benedizione scende sul piccolo melograno che non ancora si bea di fiori e frutti, mentre altri quattro crescono  mostrando i loro purpurei fiori.

Intanto sale la nebbia fitta di Milano che immerge tutti nell’oscurità “forse per sempre”. Le domande metafisiche affiorano tenui, in un tono che si perde quasi a filo di voce.

 Le sventure si colorano e la sua voce non chiede “in medio cielo all’eterno altri segni”. Gli usignoli sono le sentinelle dell’aurora, aprono la luce del giorno. Sono creature che accompagnano il suo canto in un cerchio di perenne movimento. Sanno dell’amor che muove il cielo e le altre stelle. Il volto della luna piena splende per sempre nei suoi occhi. Le lucine frattali del gelsomino più bello hanno uno un ritmo circadiano che si spalma nell’aria. Si azzurra il cielo in una parusia di luce. Affiora il ricordo di una statua ricurva di Pessoa nelle strade deserte di Lisbona.

Ed ecco che nel colmo della notte le donne partoriscono favole per sostenere il giorno. Il fantasma di bellezza evanescente di Sherazade riaffiora dalle mille e una notte. «Dio che è nei cieli predilige tutto l’azzurro che ha sparso nel cielo e nel mare» senza disdegnare i colori accesi dei tramonti e delle albe. I suoi versi d’amore sono delicati e diafani, senza spazio e corpo, perché evanescente è il suo cuore di poetessa In medio cielo. Un cuore fondo ed etereo che non giudica ma tutto accoglie.

Non si può sopportare troppo splendore

in una volta, siamo piccoli

gli occhi e il cuore vengono a mancare

dopo un’estasi di luce o amore

persino dell’amarezza ci si stanca

in cambio di un po’ di quotidianità.

Sarebbe bello

un giorno senza pena

ricordando giorni gai

e di sventure colorate.

Ma tu non chiedere

In medio cielo

all’eterno altri segni.

Bastevoli sono

quelli che ti manda.

***

Pierangela Rossi

In medio cielo 

Il Convivio editore, 2020, pp. 126

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