FEDERICO PREZIOSI, E dietro le spalle gli occhi di Lucia Triolo

Parliamo d’amore. Sì, d’amore, il tema più inflazionato del mondo, così trito e ritrito che quasi quasi ci ha stufato! Eppure, come cantava Luigi Tenco in una vecchia canzone: «Ah l’amore, l’amore, come puoi dir di no all’amore?».

Per dirla con Erich Fromm, si tende a considerare amore qualcosa che si riceve dall’altro, e per questa ragione lo si ricerca tentando di mostrarsi in qualche modo attraenti e interessanti. Dunque l’amore sembrerebbe una tensione del proprio essere verso un soggetto esterno nell’accezione comune, e pare che questo sia il termine ultimo della ricerca di ogni essere umano. Naturalmente sono considerazioni che necessitano di ben altri sedi, qui ci preme toccare il tema attraverso la poesia di Lucia Triolo, autrice di una silloge molto interessante dal titolo E dietro le spalle gli occhi già di per sé concettualmente evocativo. Poesie di “amore e non amore” espresse con grazia favolistica, a tratti con tono vagamente infantile atto a non precludere la scoperta, versi che in un certo senso si accomunano, più per tendenza che per risvolto poetico, a quelli di Anna Maria Scopa. A differenza di quest’ultima, Lucia Triolo utilizza la favola per raccontare e veicolare esperienze, un espediente volto a conferire all’espressione un sapore vagamente antico, leggendario e, per questo, senza tempo. Gli indizi di questa poetica si intravedono a partire dalla copertina, dove vi sono raffigurati un guerriero ed una donna che lo abbraccia con fare materno, gli occhi alle spalle di chi vede e protegge. Ma dietro allo stile quasi fantasy dell’immagine c’è di più: Lucia Triolo sembra attingere da un vissuto personale che commuta in trasfigurazioni fantasiose e fiabesche, rendendo i contenuti delle proprie liriche dei quadretti sospesi, piccoli episodi di una saga che tuttavia non pretende di esserlo, la saga dei sentimenti che si scrive giorno dopo giorno.

«Guarda: / come sono in disordine le stelle! / Solo il vestito è uguale, / splende bianco. // Non vesto mai di bianco / nemmeno in sogno, / a entrarci dentro / è violento come il silenzio e la neve / come una possibilità a passeggio sul vuoto / e io non ho il fulgore delle stelle».

Sono fiabe-poesie non sempre a lieto fine, così come insegna la vita in “dettagli” che la cultura disneyana a malapena contempla. Eppure in essa emerge un propedeutico amore per se stessi, indispensabile per affrontare il proprio cammino esistenziale. In questo Lucia Triolo sembra mettere a disposizione dei lettori la propria esperienza, lasciando emergere le rivendicazioni dell’io in bilico tra l’amore e delusione, un pizzico di rabbia mitigata da un’ampia inventiva di espedienti episodici e poetici. Del resto la favola ha il potere di attingere dalla saggezza antica, una miniera da cui l’autrice estrae complessità, ma anche leggerezza espressiva.

«Dove vanno a finire i momenti felici? / Hai scordato / chicche di melograno rosso fuoco / sparse tra inaccessibili granai. / Non c’è più nulla ormai / e il vuoto rabbrividisce / dov’è stato amore».

Amore e non amore, si è detto. Sì, ma senza mai perdere il gusto del gioco, che nella vita è sinonimo di esplorazione e dunque scoperta.

Lucia Triolo
E dietro le spalle gli occhi
La Ruota Edizioni, 2018, pp. 86

Biografia di Federico Preziosi:


 

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