ARMANDO SAVERIANO, Senza titolo

DICHIARAZIONE DI POETICA

Da trent’anni sono sulla scena intellettuale irpina, perseguo e propongo una complessa connotazione metamorfica della parola poetica, affidandomi alternativamente e/o contemporaneamente alle rifrazioni empatiche, alle provocazioni semantiche, asservendo (e dichiarandosi “asservito a”) un lessico alchemico, che non pretende né si attende decodificazioni, scioglimenti; né peraltro si incantina in un metalinguaggio del tutto scevro di significato e di possibile messaggio. Sicché il verso, se a tratti afferra l’anima e la coinvolge, dall’altro visita con intenzione il laboratorio e vi fa pratica, per poi metterlo in discussione, in una partita di rimandi, in un jeu di contraddizioni, in un attrito di escoriazioni della comunicazione stessa, tentata e negata senza soluzione di continuità. Poesia, dunque, che mentre addiziona e neo-baroccheggia, inaspettatamente stonda, sguarnisce, riduce. Poesia magmatica e meta-pluri-linguistica, dai frequenti slittamenti ambigui, “versipelle”, come il titolo del Foglio Letterario lanciato negli anni Novanta dall’associazione che presiedo, LOGOPEA (un neologismo creato da Ezra Pound per sintetizzare l’opera sfolgorante e ardita del francese Tristan Corbière). Simpatizzante del Manifesto del “Pensiero Emotivo” di Giuliano Manacorda e firmatario del “Manifesto della Poesia Mediterranea” di Aristide La Rocca e Giovanni Ariola, responsabile di Laboratori di Scrittura Creativa e di Drammatizzazione, mi occupo di critica letteraria, ho diretto la Collana Editoriale “SCRIMIA” (Mephite) e ho collaborato – in qualità di esperto esterno – con istituti scolastici di ogni ordine e grado, per i quali ha condotto a buon esito numerosi P.O.N di cinema, teatro, letteratura.

 

DADA VOLTAIRE
(Pastiche Temporale)

A Crab Maid dice John Lane occorre proprio
intervistarlo Rolfe Tutti i gatti della redazione
quelli che rovistano giù tra la spazzatura
pure quelli impennano la coda
Baron Cuervo croa croa croa
gracchia una cornacchia dalle ali di ferramosca
svolazzando da una tasca del paletot di Klee
di Linguaglossa o di Ernst Una delle dattilografe
aggiunge Mandategli vi pare un viso nuovo
e con qualche dono impressionante
Usa gli inchiostri colorati Baron Corvo
il blu pluviale il verde fiume Mescola e
alterna il nero al purpureo ha sempre un po’
di ragazzi raccolti in semicerchio crudelissimo
ora impaura con gli occhialini da mercante orologiaio
ora sorride da ecclesiaste persuade ama i felini
le pietre di luna Sapete ci tiene a comparire su Yellow Book
Resuscitiamolo per il Cabaret Voltaire
oppure se ne camuffi Ball questa la proposta
dei due pittori e di qualche rivenditore di arachidi
John s’illumina sbatte le lampadine
Ho trovato annuncia gli mandiamo il Salvemini
lo risucchiamo da Molfetta lo risputiamo a Zurigo
E’ certo che ci sta Paul e Max possono ricavarne
un dipinto Giorgio dei versi a taglio lumitossico
Sì ma non state a sbirciare mentre mi sistemo
le calze protesta Wendy D. Siamo allora d’accordo
Qualcuno va all’isola di San Michele e fa il rito di
Lazzaro Se ne conoscono due formule esatte
Si mormora che sia stato seppellito coi suoi libri
al posto dei pantaloni Abbiamo letto Stories Toto
told me E così formano un corteo esagitato
con il codazzo felino molto disciplinato Pellegrinaggio
a Venezia e da Bari il paradosso temporale sarà
festino e gioia per Caparezza ‘Devo ustil ma serdè
ish be noj dolh makd’ inizia a declamare serio Ball
‘R’lyeh Yog Sothoth Fthagn Ungrud imperocché estis’
In massa fingono di aver inteso Applaudono anche
con cenni del mento E conclude con una sonora
deglutizione di birra scadente schiumosa salmastra
Di Dunwich di lingue estinte e di cangianti alessandroliti
berilli calcedonie Partono i bastimenti Non s’inabissa
ancora la Gloriosa Marinara E’ al sicuro il paio di scarpe
di miss Wendy D.

 

SLEEPLESS 

Un casino di contraddizioni mi fischiano intorno
sono strade affollate di gente sbattuta in mille direzioni
pensa ci ripensa su fiumane di scelte e mai che ne imbocchi una

Sleepless mi lascio trasportare da slitte coi
campanelli non capendoci un tubo lo sguardo
interrogativo la bocca di corsa i piedi nell’arena
variopinta dell’indecisione elevata a dogma

Una lascivia di spioventi dubbi
un’inconcludenza nell’albergo beffardo
di un caos da termitaio a Macao più che
kursaal intasato a Berlino a New York a Londra
tutta shops & shows Accidenti

Insonne
senza rimedio

Oh perché deve essere tutta groviglio
la mia città solcata da lampi d’amore
patchwork che non arrivi ad assaporare

Così le donne diventano i tuoi singhiozzi
d’occasione non il soundtrack di una trama
importante gli amici un’emergenza farlocca
se appena riesci a sporgerti un po’ dalla finestra
del tuo sfintere urbano alla Ballard

Potrei restarmene sderenato sulle mie utopie
open space per affibbiare un calcio alla glassa
d’insofferenza per sputar via un’arachide d’inclemenza
e tapparmi le orecchie allo sferragliare esasperante
dell’autoriflessione selvaggia sulla nouvelle vague
del momento affondare in un buon libro di Derek Walcott
aspettare che P. K. Dick sopravanzi Caronte
per smerciarmi il trip per un inferno a buon mercato

Maledetto insonne
poveraccio me

E Nicoletta mi dà del debosciato
da quando sono smontato dal convoglio
degli insider dei grigi colletti incravattati
tutti presi a scalare la piramide a incatenarsi
un matrimonio al polso per strofinare naso e
lingua e culo contro una vita vegetale zeppa
di giornate alla provinciale sandwich di partite
a calcio mocciosi frignanti colleghi da cui
sgocciolano lagne di ménage di mutui bollette
un po’ di cineteca Masina Sordi Anouk Aimée

Naaaaa

Non esco di casa
sono già matto di mio
non mi lascio fottere
nemmeno se scatta l’allarme
antincendio

Nemmeno se barrisce il tremuoto
Sleepless
rimango così

 

KATRINA

Disperavo di poter trovare qualcosa di appropriato
da dirti per avermi dato ospitalità stasera la disperazione
mi era strisciata dentro e mi vedevo già morta all’obitorio
no no puoi fumare non mi dà fastidio la tosse va viene
un po’ di bronchite cronica sì morta lì sdraiata all’obitorio
la pancia bucata dal cacciavite di quel lurido vecchio un arabo
quello uscito ferocemente dal tombino gesticolando
avvampando tutto sotto la scorza mora della pelle grassa
voleva prendersela con qualcuno e ha scelto me la mia
fortuna sai Mi chiamo Katrina avrei bisogno del bagno
posso sistemarmi sul pavimento ho perso tutto carta d’identità
biglietto del treno la borsetta le scarpe Mi dai del miele acqua
e zucchero vanno bene lo stesso calo di pressione scusa non è niente non spaventarti Vuoi che me ne vada Oh grazie grazie
Non toccarmi stanotte Ti sei offeso non intendevo lasciami perdere
sputo fregnacce quando sono agitata mi fai un hamburger due uova
al tegame Prima stavo con uno dalla risata rancida La tua faccia
mi piace sul serio sul serio gli occhi i tuoi occhi mi fanno credere
che domani starò meglio Sarò quieta finalmente non mi sentirò
sempre bagnata dalla pioggia cattiva Mia madre avrebbe amato
la tua casa era fissata con i libri Ah c’era diventata mezza cieca
a furia a furia di leggere mi dava l’impressione che le mandasse giù
a manciate le parole Dico davvero si portava le mani alla bocca
piene di quelle frasi che le cascavano dalle dita No non sono pazza
Dammi un bacio No cancella potresti credermi una di quelle
Un sorso di birra solo un sorso Mi guardi le gambe Sono dritte l’unica cosa bella che ho Togli la camicia mettiti comodo sei a casa
tua no Scommetto che hai un tatuaggio da qualche parte Sull’uccello Scherzo Io ne ho uno sulla natica No vabbè non te lo mostro Sei gay Non ti offendere non ho nulla contro i gay mi sono
simpatici anzi sono generosi con una ragazza come me Posso fare
una doccia Oh vorrei solo ricordarmi che esisto che sono nata oggi
grazie a te non esagero sono nata in questo istante Non esagero è un modo di dire per spiegare come mi sento Sei messo giusto come
ragazzo Possiamo farla insieme la doccia Quanti muscoli Ce l’hai una donna Certo che sì Sei uno di quelli puoi dirlo senza vergogna
E’ terribile ch’io sia così brutta da bambina somigliavo a una pupa di
Lenci Ti sembro malata Sì lo so che ti sembro malata Per forza Sono sono malata Lo sono Sono malata Non cacciarmi via Mi va
bene un angolino in questo soggiorno in terra Basta un plaid Sono
Katrina E sì è vero sono una nomade Non rubo Non ti porto via niente Puoi legarmi i polsi le caviglie Dicono che lo succhio bene
Più tardi però solo più appresso Ti spiace Mi assopisco Capisco la tua idea Mi dondola questo dente Non ho ancora trent’anni

 

*

Si è ridestata la memoria antica del giglio
sfiorandoti casuale
La tua bocca sulle ali di un gheppio
aveva sorvolato l’erba a mantello del fiume
ove sull’argine inselvatichiva il pensiero balzano
d’un filosofo fuggiasco disceso a perdifiato dalle colline
Qui il vibrato di parole che sfidano l’attimo
perdono logica come becchi d’anatra l’orientamento
a nord degli ontani divorati dai parassiti
Mi confidavi ne sono certo mi confidavi eri pazza
d’aver avvistato il profilo di Francesco che sussurrava
chino sulle Creature ammutite ma che forse si trattava
d’una insania della fantasia un’infezione dell’immaginario
nello specchio sfocato mentre schiacciavi fra due pietre
i primi segni di un desiderio che mal riposava nel cuore
con l’indecenza stregata di un demone carponi
Sul sagrato del mattino ti muovi come un filo di paglia
contro un vetro leccato dal favonio improvviso
Mi sconcerta il tuo cappello di luce
che ispira il mio disordine a capriccio
Sai
numero i semi raccolti dalle piante gemelle
perché sono in debito con il mondo
Per beatitudine


 

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