ANTONIO VENEZIANI, Slittamenti poetici (in quattro tempi)

“La poesia è un modo di prendere la vita alla gola”.

(Robert Frost)

 

I

 

Con versi leggeri, aerei, ma sempre incisivi, come un bisturi impugnato con mano ferma, Gabriele Galloni scava nella storia dell’uomo, provando a giungere fino alle radici.

Prima c’è il sangue, l’acqua, il tempo, poi la Parola, ma solo perché è la Parola che tutto contiene e tutto origina.

Dalla Parola arriva il futuro che costeggia il passato; nella Parola si ritrova l’origine del discorso e dunque anche della vita.

 

[…] Non parlare del tempo. Ora ne abbiamo

finché ci va. Non fare troppo caso

a quante volte ci sono e ci sei:

ricordati più tardi la Parola.

 

Galloni nei suoi slittamenti di parola e di concetto, vorrebbe lasciarsi dietro la tragedia quotidiana; vorrebbe approdare al vuoto, riappropriarsi dei corpi, magari, ma tutto con una certa disinvoltura,

senza troppo impegno. L’unica premura è lo stile.

E così il giovane anarchico racconta a se stesso e all’universo la cruda favola della vita con stile (oggi così poco in voga) e soprattutto ci riesce, e anche bene.

 

Nuova fermata: il mare

dietro la sala

d’attesa. Quando capita

 

vediamoci: sarò spesso

da quelle parti.

 

Il libretto è pervaso da un sottile, divertito, erotismo. L’ironia poi, gioca un ruolo nient’affatto secondario.

 

… Azzardo: forse

l’ultimo buio

di carnevale. A stento

il pantalone

largo celava

la sua erezione.

 

II

 

L’operazione  che  compie  il  poeta  si  dimostra  estremamente  raffinata: su un  fondo  classico appoggia  versi moderni,  nuove storie, ironiche, crude, a volte persino violente.

Nasce lì il dissidio interiore tra l’essere persona di oggi ed essere continuatore del passato, la poesia è dunque lo spartiacque tra il possedere la storia e l’essere posseduto da essa.

L’inquietudine  diventa  diario  di  ordinaria  melancolia,  ma  in  una prospettiva completamente diversa: niente paura, niente arroccamento al passato, ma solo svagato distacco, forse solo apparente.

 

[…] È carnevale.

Indossai la maschera del diavolo,

la stessa di quell’anno in cui il tuo male

pensasti fosse il male di tutti noi.

 

Figlio della tradizione lirica, Galloni scrive appunti e mette su pagina segni e abbozzi di mappe. I suoi versi sono le molliche di Pollicino, che attraverso una parola pura ritrova la strada per un reale illuminato dal sogno. Attraverso slittamenti continui, di verbo e di esistenza, il poeta emigra, insieme al suo lettore, in un bosco di parole, dove, ad ambedue, ci si augura venga restituito il maltolto.

 

[…] Riporta la corrente a pelo d’acqua

un frammento, una scheggia della cosa

nostra che fu […]

III

 

Galloni non fa mistero del suo procedere poetico, dove i classici letti e amati passano nella pagina come echi, ma non manca neppure buona  parte  della  poesia  anni  Settanta  e  Ottanta,  cito  alla  rinfusa: Dario Bellezza, Gino Scartaghiande, Attilio Lolini, Stefano Moretti, Gilberto Sacerdoti.

Se Renzo Paris riprendesse il suo pregnante e indimenticabile Io che brucia (antologia della scuola romana di poesia) e inserisse qualche nuovo autore, potrebbe sicuramente trovare un posto a questo

poeta che racconta il mondo e l’io, con l’impertinente distacco di un ventenne.

 

IV

 

Fughe contrappuntistiche, ma anche musica rock, sotto le parole. Il tutto giocato con molta selettività e grande attenzione, in modo da non sottrarre mai la freschezza e la spontaneità del dettato. Siamo di fronte a un’affabulazione ontobiologica che ora è sovrabbondante ora reticente. Galloni è un visionario che va avanti ritornando indietro. Il suo è un controcanto alla vita, al tempo che fugge, all’inevitabilità del dolore, della delusione, della morte.

La musica innata è sostenuta da una griglia classica e questo produce una specie di sbilanciamento verso una dicibilità per così dire “cantabile”, che però è subito stemperata dall’appiglio alla parola significante, al frammento illuminante.

 

[…] quasi ogni Messico

cerca una nuvola.

“Dunque il poeta

è veramente

ladro di fuoco”.

(Arthur Rimbaud)

 

Gabriele Galloni
Slittamenti
Haugh! Edizioni, 2017, pp. 56

 

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