ANDREA BONANNO, La pittura di Mario Schifano e lo sguardo del “voyeur”

La consapevolezza di un reale meccanizzato, ove i rapporti dell’io con le cose ubbidiscono ormai a processi e contatti non più controllabili e fruibili, era chiara nel pittore tanto che la coscienza del suo io appare ridotta a corrente percettiva pronta ad accogliere supinamente le immagini dei mass-media di una società anonima ed alienata. In lui la corrente percettiva accoglie inarrestabilmente il flusso dei reperti mass-mediali di un reale scisso nella sua luccicante e fascinosa pelle spettacolare o schematici paesaggi «scomposti nelle loro parti linguistiche» (Quintavalle), essendo la «naturalità ormai irrecuperabile», scrive Marisa Vescovo.
Non vi è dubbio che l’occhio di Mario Schifano vuole essere un “régard” impassibile, simile a quello di un reporter o di una macchina fotografica, alla Robbe-Grillet per intenderci, cioè lo sguardo del “voyeur”, la cui umanità, scrive il Barilli, in «Marcatrè» del dicembre 1966, «non vive “dentro”, non sciorina drammi psicologici, propositi drammatici, preferisce vivere fuori (…) e ricoprire di una lucida resina adesiva vetrificante (…) la scena in cui è chiamata a vivere», cioè il reale, la vita. Un occhio avido, è stato detto, che guarda ad una realtà già “inquadrata”, “angolata” già “schermata” dai mass-media (da qui il suo attingere a immagini desunte da giornali, pubblicità, rotocalchi, ecc., di cui il Barilli, a proposito di un altro pittore, dice che si tratta di «emblemi ormai codificati, di “segni” convenzionali da cui la realtà è coperta come da un velo annebbiante» (p. 350) e perfino a quelle museali.
In tale accezione, i recuperi e le rivisitazioni sono molti e riguardano le opere di Duchamp, Picabia e Balla, come del resto dei Futuristi con la serie del “Futurismo rivisitato”, le cui versioni sono piuttosto delle analisi fotografiche, consistenti in operazioni metalinguistiche è stato detto ma che a noi sembrano delle identità che mimano delle alterità per via delle continue riprese di questo tema; come sono delle alterità che vogliono riaffermare delle precise identità in senso storico. Un’operazione che a noi sembra tautologica e in odore di un euforico “divertissement”. Ricordiamo piuttosto l’opera dal titolo Botticelli 1962, in cui rappresenta il mondo del pittore avvalendosi del colore e del campo pittorico come “schermo”. Il Bellocchio ha parlato di «memoria interrogante» e di ricerca di «un interiore colloquio con i gesti trascorsi, i colori stesi, le forme già gonfie di secoli di pittura» ed il Mussa di una fase citazionista, facendone un “pittore colto”, in senso grammaticale ovviamente, e non in quello da lui teorizzato.
Si tratta, invero, di icone impalpabili, allusive e rarefatte come di immagini afferrate a malapena dallo sguardo di una persona che viaggia su un treno veloce, perché oltre tutto sembrano ubbidire all’intento, fin troppo esibito, del pittore di un divertissement e di una ironia leggera, effimera come la “morfé” delle forme senza vita delle immagini mass-mediali. Infatti, l’immagine persiste in senso iconico come effetto di una specularità che sfocia in un artificio, in una virtualità spaesante, come un’icona estetizzata al massimo grado. Come Robbe-Grillet attinge al materiale mitologico del reale ma diversamente da lui, che cerca di attivare delle “corrispondenze” fra oggetti lontani attraverso un medesimo loro attributo per poter evidenziare dei rapporti inediti fra le cose dandoci così una nuova modalità del vedere, Schifano, seppure operi sulle componenti linguistiche delle immagini una neutralizzazione ed una depurazione di significati addotti, e di depositi fossilizzati del senso derivati da un certo umanismo ed antropocentrismo, non sembra pervenire alla fondazione di una nuova modalità del vedere e né ad una conseguente sua formulazione poetica.
Spesso scompone il campo percettivo in molteplici “finestre”, cercando poi di far interagire i diversi apporti della coscienza (del fruitore?) provenienti dalle facoltà della coscienza (memoria, immaginazione, ecc.) per una rivitalizzazione dell’immagine in senso estetico. Ma tutto ciò resta solo proposto e accennato e non effettivamente esperito da parte del suo io. È indubbio che crede in una percezione di tipo combinatorio, anzi in una nuova «retorica fondata sulla combinazione», intesa a rivitalizzare stereotipi deprivati del loro significato originario, scrive il Verzotti.
In Omaggio a Piero della Francesca (1965) viene decontestualizzato l’albero del Battesimo di Cristo, che viene spostato in un ambiente banale per sottoporlo alla sensibilità scotomizzata dell’uomo-massa. Così è per i personaggi in movimento di Balla. Cioè attualizza e riduce a cliché di massa dei particolari desunti dalle immagini museali alterandone il loro genuino significato. Invero, la retorica combinatoria dello Schifano, per sfuggire alla stereotipia dell’immagine, è un processo infinito che punta sulla spettacolarizzazione di essa e, nel contempo, ne varia e azzera di continuo la loro semanticità autentica . Nell’opera Io sono infantile (1965), poi, un bambino che scende le scale, raffrontandosi alla stereotipia del nudo che scende le scale del Duchamp e della bambina che corre sul balcone del Balla, però perviene ad un risultato scontato giocato sull’ intenzionalità che resta solo accennata di un desiderio di recupero del proprio mondo infantile e dei propri simboli in una stesura densa di simboli e di schematismi davvero infantili. Così é per la serie delle Oasi e delle Stelle del 1967, traboccanti di un kitsch stereotipato e zuccheroso da aria natalizia e falsamente fiabesco. Tutto è bello e teatrale nella società della spettacolarizzazione alienante. Perfino le immagini della serie Compagni: immagini kitsch che si pongono come emblemi tragici di un ossessività vuota che non può ferire e turbare nel clima di una disumanizzazione imperante. Nell’insieme le immagini vengono trattate come icone glaciali, impassibili da cui è volata non solo la referenzialità (scrive il Verzotti che il pittore tratta la «referenzialità come illusorietà») ma anche la vita: sono figure fantasmatiche e semplici emblemi dell’assenza. Il cuore glaciale del pittore non trasuda più emozioni e sentimento.
Non c’è invero nello Schifano una percezione che si carica di sentimento e di emozionalità nell’incontro dell’ io con la cosalità del mondo; non c’è, d’altra parte, la congiunzione-disgiunzione tra l’uomo ed il mondo, per dirla con il Merlau-Ponty, e di conseguenza, riprendendo il Sartre, del raffronto tra l’oggetto e l’atto della coscienza neanche al livello percettivo del semplice vedere. Tutto si risolve invece in una paccottiglia fredda che ha sapore di maschera, in colori falsi come l’oro e l’argento, in nuove immagini stereotipate che vogliono esaltare l’inganno di un concetto del bello come di kitsch disumano per negare la vera vita, il calore del sentimento e le ragioni e sogni dell’anima dell’uomo (e in ciò consiste il “tragico in Warhol secondo Otto Hahn). Un mondo glaciale dominato dall’artificialità e da un nichilismo asfissiante é ciò che ci propina il pittore, ove delle immagini stereotipate accarezzano l’ardire di effondere lo spettacolo dell’esaltazione della morte della vita e del sentimento in «compiaciute formicazioni retoriche con i “mass media”», per dirla con il Barilli.

 

Bibliografia

– Catalogo per la mostra di M. Schifano presso l’Accademia delle Belle Arti di Catania, a cura di Marisa Vescovo (Aprile-Maggio 1985).
– Italo Mussa, Mario Schifano, in «Flash Art», n. 106, dicembre 1981- gennaio 1982.
– Flavio Bellocchio, in «Flash Art», n. 113, aprile 1983.
– Daniela Petrucci, Mario Schifano, in «Flash Art», n. 107, febbraio-marzo 1982.
– Elena Roverselli, Mario Schifano, in « – Renato Barilli, in «Marcatrè», nn. 26-27-28-29, Lerici Editori, Milano, dicembre 1966.
– Maurizio Fagiolo dell’ Arco, Mario Schifano, idem, p. 425.
– Mario Schifano, Una collezione ’60/’70, a cura di Pierluigi Tazzi e Giorgio Verzotti, Fabbri Editori, Milano, 1990, con scritti, oltre i citati, di Goffredo Parise, Alberto Moravia e Maurizio Calvesi.


Biografia di Andrea Bonanno


 

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