Le ore interrotte
asciutte, perfette
di more credette
fosse fatta la notte
E forse pioveva a dirotto
Eran quasi le 4,
le 4, le 5,
le 5 e 38.
*
Con gentilezza
si alza
si scusa
Trattengo
il respiro
In giro
non vedo
immagine
alcuna
esclusa
(mi sembra)
la luna.
*
Quando l’ora ribatte
“!”
qualche minuto passa
pigramente per strada
Indugia, individua
le stelle più adatte per
ora, perché tutto il tempo è notte.
*
Per primo persino
tre merli su un vecchio divano:
un merlo bambino, un altro supino,
Persino era indiano.
Non erro: era fermo, malfermo,
perfino malsano. Per terra
posava la salma di un nero tafano.
*
Pioveva.
Come al solito poteva
restarci secco.
Nella fronda di un pino
infilò le piume, poi, il becco.
Un fulmine. E al mattino
(uff…come dire?…)
Ecco.
*
Le gazze si mossero al volo
alla solita ora: l’aurora.
E fu l’usignolo che solo esclamò:
“Però, com’erano belle
tra i cieli trapunti (…) di stelle!”.
*
“A monte!”
Scontente raccattan le ali
e poi le dispiegano al volo
Lo stuolo di mille farfalle:
le ali di grigio catrame,
di ciano, ciliegia e lampone
di calle rubino, blu acciaio, salmone.
*
Pareva di pietra tant’era impassibile
indifferente
irremovibile
all’imperfetto sembrava inespressa
all’imperativo inaudibile!
Imponente, impigrita, impediva il mio passo
Ho chiesto: “permesso?…” rimase di sasso.