ANTONINO CONTILIANO, Un “personaggio concettuale” per i racconti di Marco Palladini detective … là fuori c’è qualcuno ancora vivo?

C’è qualcuno ancora vivo là fuori? (Gattomerlino, 2024, pp. 232) è il nuovo libro del poliedrico Marco Palladini. È il libro di una vita che cerca altri vivi “là fuori” per ricerche e ri-flessioni che tornano e non tornano. È il libro di Palladini narratore e poeta, drammaturgo e regista, performer e critico nell’ambito del teatro d’autore e di ricerca, nomade sperimentatore e palombaro fra teorie e teorematicità (pratiche discorsive che sbilanciano per intreccio di indizi in azione), direttore della rivista online “L’Age d’Or” e attivismo di pensiero-azioni insonne e multiverso contro gli auditel correnti.
Un libro che racchiude undici racconti (e ognuno a sua volta composizione di altre ideazioni come segmenti o frammenti organizzati per contiguità e acidi politici consonanti per sconsonante derisione: «Vincenzo Cracco […] detective senza pistola, si avviò sul nastro d’asfalto della strada della paura. […] si intravedevano le case dei ricchi, quelli che sostengono di praticare la lotta di classe, principalmente per non pagare le tasse» (“Quore & Licuore”, p. 55). Una procedura compositiva, in questo libro di Marco Palladini, dove l’autore prestatosi a un detective, per indizi e tracce, ipotesi e vagheggiamenti rational-immaginativa (quanto basta!), esplora in lungo e in largo la vita individuale e collettiva di soggetti a varia identità. Un viaggio come un cammino-paesaggio di variegati elementi e memoria senza che il detective però si allontani di troppo dall’esistenza esperienziale (bella o brutta, fallita o meno) che la storia concreta gli addossa con le sfaccettature specifiche. Così, per chi scrive, per dirla con Gilles Deleuze e Felix Guattari, il detective palladiniano funziona come un vero “personaggio concettuale”.
Entrambi, infatti, ferme le dovute differenze, sono figure che navigano attraverso un campo di indagine con l’obiettivo di collegare elementi apparentemente scollegati per formare un quadro di comprensione d’insieme. Uno, il detective (nome e cognome dati), è soggetto volto a risolvere un enigma pratico, un mistero, attraverso l’analisi di indizi e prove. Trova una spiegazione logica e conclusiva del caso. Il “personaggio concettuale” invece, operando in un campo più astratto, è figura che funge da guida per la creazione e l’esplorazione di concetti; è piuttosto una funzione (che un pensatore individuale) che mette in relazione idee e ri-flessioni che piegano o sfuggono ai limiti del pensiero convenzionale. Se il personaggio concettuale espande il campo dell’ordine e del disordine, rimanendo sempre in movimento tra il campo dell’ordine e del disordine, dal canto suo il detective pratica (metafora!) il pensiero per cerca di ordinare il caos e i deragliamenti intrappolanti. Trappole.
Trappole, a volte, preparate non per rendere pubblica la verità, ma per sopprimere lo stesso investigatore. Il detective e investigatore Mario Masserini, in «una sera di mezzo inverno rincasò con fare sospetto […] il killer […] fece fuoco due volte colpendolo alla nuca e sulla tempia, quindi si dileguò prestamente … […] il pugno destro stringeva un biglietto […] “Scrivo col pugno chiuso dentro un pugno aperto: Valsonda è Badat” … tra i primi questurini ad arrivare sul luogo del delitto ci fu Pasquali che provvide prestamente a far sparire il pezzo di carta […] e Mario Masserini» (La notte negli occhi, pp. 53-54) lo conosceva bene. Ma a quanti rimandi alle storie “malavitose” di questurini/poliziotti dei servizi segreti nostrani e non, e non metaforici pensamenti, non rimandano queste scritture di Marco Palladini? La cronologia non sarebbe corta!
Certo il detective non è il “personaggio concettuale” dei filosofi francesi, ma non per questo è meno guida negli andirivieni che l’autore del libro affida al suo “personaggio concettuale”. Via via giocanti tra interrogativi, esclamativi, puntini di sospensione e altri strumenti delle scritture letterarie: «[…] sono condannato a restare prigioniero del passato, ma con la consapevolezza di essere stato, di aver vissuto nel futuro. […] dentro un racconto di cortocircuiti e inversioni crono-epocali di Philip K. Dick. Pura schizofrenia bio-psico-esistenziale. Non so più chi sono ovvero chi penso di essere. […] Mi osservo di nuovo allo specchio […] con il viso di un vecchio e gli occhi di un bambino […] ora […] un viso da ragazzo che guarda con gli occhi di un anziano. Sono diviso a metà. Una mera aporia. Forse […] irreale euforia» (CronoAlieno, p. 232).
Non c’è pace per gli interrogativi di C’è qualcuno ancora vivo là fuori?
Non sarebbe improprio, a questo punto ma lasciamo sospeso il lampo, il richiamare anche, a proposito di questi racconti di racconti di racconti di Palladini, il “detective del tempo” di Gastone Bachelard. Dopo tutto il “CronoAlieno” (il racconto che chiude il libro) è un invito più che stimolante! La continua trasformazione di identità singole e collettive mescolate e concatenate per “contiguità” – crediamo – è una verità in rimbalzo permanente più che un indizio stabilizzato. Una mescidanza trasfusa e trasudata con i ricordi delle esperienze vissute in un continuo rimando di domande e risposte. Gli interrogativi che, fra indizi e tracce (sparsi in uno spazio-tempo reale quanto virtuale, razionale quanto immaginario, concreto e allucinato, parallelo o rovesciato …), il detective, in cerca di verità definitive, problematizza. Ma «per noi spiriti irreligiosi, la verità vera, la verità definitiva, semplicemente non c’è … sussistono soltanto verità relative, approssimative come è l’arte…» (Geoxiana014, p. 225).
Gli interrogativi del detective e gli indizi pescano sì, rizomaticamente, nelle biografie ma la biografia, in questo caso, ci dice del mare delle conoscenze e pratiche teoriche e artistiche che animano la azione del detective del nostro scrittore del “fuori”, finalmente! Finalmente (cosa non del tutto scontata di questi tempi consonanti con i poteri della comunicazione automatizzata di turno) l’etero-geneità rispetto agli autobiascicamenti di certi scriventi in pose autoself del controllo organizzato. Finalmente un salto nei buchi in espansione del/nel pozzo di S. Patrizio (navigazioni sapiens d’alto bordo). Uno scavare incrociando il fuori. Il “là fuori”, cioè, che cambia continuamente i volti con “gli occhi della notte”. Del resto, non c’è scrittura letteraria o di affezioni espressive che, se vuole contare, non può non volere non fare i conti col fuori e con il concatenamento delle sue diapositive discrete (discontinue), scatti da cine-occhio cooperanti in processo. Ogni racconto (degli undici) infatti è un concatenamento di altri racconti come giochi d’artificio in festa esplosiva (2, 3, 4, 5 …). Tappe che si montano e smontano come frammenti che si deterritorializzano e riterritorializzano l’uno nel territorio nell’altro. Ognuno di questi episodi, infatti, sotto un titolo di congiunzione disgiunta, potrebbe funzionare come un processo di eventi e, kairós, astrale di flussi ondo-corpuscolari concatenati e in divenire nomade-rizomatico. Ecco gli undici racconti: KappaPi4 e le tracce oscure (serie di 6 proliferazioni concatenate); L’Istituto (serie di 11 proliferazioni concatenate); La notte negli occhi (serie di 14 proliferazioni concatenate); “Quore & Licuore” (serie di 12 proliferazioni concatenate); Vendetta a Torre Bruna (serie di 7 proliferazioni concatenate); Che cos’è un sì? (serie di 17 proliferazioni concatenate); La reporter (serie di 12 proliferazioni concatenate); Scepsi (serie di 12 proliferazioni concatenate); Deviazioni: cinque piccoli film sperimentali (serie di 5 – 01-05 – proliferazioni concatenate); Geoxiana014 (serie di 16 proliferazioni concatenate); CronoAlieno (un solo racconto).

Marsala, 10 febbraio 2025

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Marco Palladini
C’è qualcuno ancora vivo là fuori?
Gattomerlino, 2024, pp. 232


Biografia di Antonino Contiliano


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