ALFONSINA CATERINO, Rileggendo “La fiera degl’inganni” di Giorgio Moio

Rileggendo il testo verbovisuale di Giorgio Moio, La fiera degl’inganni, volume politico che non conoscevo, il primo lampo che mi è saltato in mente è il titolo di un’altra fiera, “quella della vanità!”, romanzo letto molti anni fa, di William Makepeace Thackeray, pubblicato nel 1848. Per l’autore del romanzo, fondamentale era stravolgere i dispositivi sensibili al desiderio di essere ciò che il pensiero del potere egemone induce a seguire. L’intento del romanzo è, quindi, legittimare l’autonomia e l’autenticità umana con scelte comportamentali consapevoli e finalizzate alle dimensioni valoriali della propria individualità. La protagonista è una donna la quale, alle prese con la nuda realtà storica quotidiana, comincia a sgretolare dentro di sé la visione sentimentale della vita, per prendere coscienza attraverso la ragione, che i compromessi e le azioni disdicevoli speculano su tutte le coordinate del bene. Tale nuova visione della realtà la inizia ad un libero percorso esistenziale nel quale pur oscillando fra fremiti e impulsi, forgerà la sua indole nella forza e coraggio di sostenere sconcertanti duelli il cui potere smuoverà le idee stucchevoli e le consuetudini beffarde, fino a destrutturare il precedente vissuto, ma senza il terrore di essere additata come “diversa” dalle leggi spettrali che prima considerava intoccabili!
Penso che il motivo portante del suddetto romanzo sia ancora moderno ed attuale nei principi che vuole affermare. Stravolgere, infatti i sistemi esercitati dai mezzi che la “mainstream” di turno realizza in ogni contesto storico, costa un prezzo che qualsiasi cambiamento implica! Infatti, nel romanzo di WMT, sarà la donna a subire l’abbruttimento miserevole della propria immagine, dapprima rispondente ai canoni che la “società dei benpensanti” obbliga ad osservare e, poi, devastata, in pochissimo tempo!
Dunque, indotta dalla curiosità che sempre suscitano in me le interrogazioni di Moio, le quali mai le sento disgiunte da provocazioni che suonano come “appello all’impegno”, sono andata a sfogliare il volume La fiera degl’inganni:

lo so speri anche tu di avere successo
con questa scrittura che rinnova retorica
contemplando il proprio limite
stamme a senti’ giuvanott
è nell-acqua controcorrente
che si tracciano le tracce di un-acqua boreale
orientale tropicale meraviglie di kori e cembali
spalancati in gola…

Moio dice che la sua idea sarebbe quella di ripubblicarlo e, a tal proposito chiede a noi lettori un parere favorevole o meno.
Il mio è favorevole per le motivazioni che dolenti fluiscono, ramificano e poi proliferano assurde scuse, affinché i paesi sovranisti e guerrafondai, possano aggiornare le agende sulla spettacolarizzazione delle guerre! Guerre drammatiche, tragiche, le quali, mentre si combattono nei luoghi che le straziano, lasciano quotidianamente l’opinione pubblica mondiale inebetita, stanca ed incapace di impadronirsi di nuove e valide forze che mettano fine “alle deplorevoli ed esasperanti motivazioni” di legittimare i conflitti. Si sa dalle esperienze storiche di tutti i tempi che il cento per cento dei luoghi e territori che vengono annientati nel corso delle guerre, è abitato da persone pacifiche ed inermi, dedite al lavoro per vivere! Invece si ritrovano inconsapevolmente morte, trucidate, distrutte, affamate, afflitte dal vedere i loro cari perire sbrandellati come fossero fatti di creta, plastilina, gomma e non di carne umana…
Leggendo le poesie del testo La fiera degl’inganni, gli occhi non possono ritrarsi dallo sprofondare in squarci da cui fuoriescono parole mozzate: “in inte rrotte che transitano su linee di fuoco, gocce rosse!”

Allegre al legorie non /importa
Speri tarocchi
MAN ITALY
Vatti a fare un giro in bicicletta
che non sanno del mondo

Immagini di orologi la cui lettura del tempo risulta incomprensibile, richiamano ad una promessa fondamentale di una modernità che aveva immesso nel genoma della democrazia, l’emancipazione della soggettività e la liberazione dalle catene del dominio eteronomo. Ma tensioni regionali mai risolte, l’assenza delle istituzioni, le attività lucrative illecite e la mancanza di risorse, dall’inizio del XXI secolo, rappresentano le principali cause dei conflitti. Nel testo non mancano figurazioni verbovisuali di una riconquistata valenza civile in cui Moio non vuole esternare pietismo o populismo, ma solo recuperare in alcune parti, un linguaggio forte e chiaro della neo-avanguardia napoletana; putrefatta, contraffatta, permissiva come quando s’ascolta un parlare

vecchio e stanco
dove tutto va bene
dove tutto sta bene
del secondo verso è meglio tacere!

Certamente è meglio “non” tacere! Se si pensa che basta un giorno, un’ora ed ecco che i tentativi di mettere il bavaglio alla cultura diviene un vero e proprio allarme, in quanto in sua assenza, una deriva liberticida può avanzare senza incontrare ostacoli ed opposizioni. La cultura dovrebbe significare per tutti i popoli del mondo, il massimo bene il quale va difeso, incrementato e tutelato. Senza la cultura, ed una incondizionata informazione, si rischia di non poter conoscere, non essere informati; in una parola si rischia di essere recintanti in un ovile!
Allora? Cosa succede? Che fare? si chiede Giorgio Moio nel 2008. Le risposte che gli inondano il corpo, egli le fissa sul foglio bianco con frammenti che fanno accapponare la pelle:

follia che scava
slurpa et allippa
papilla

Altri segni, frammenti, linee curve, segmenti, linee chiuse ed incomprensibili coinvolgono il lettore in ambiti che si fanno sempre più coinvolgenti nel desiderio di rinnovamento e svecchiamento dall’estetica romantica, simbolista e dall’idealismo crociano e gentiliano

se guardi bene
ci trovi tutti
i colori

Chi guarda?
Guardare è collocarsi nel mondo, guardare sottintende l’Arte di vedere!

Giorgio Moio
La fiera degl’inganni
Edizioni Riccardi, 2008, pp. 48


Biografia di Alfonsina Caterino


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