CHRISTOS MORTZOS(1), Stele di lava(2)

In questo volume di Christos Mortzos, autoprodotto in Germania, a Colonia, nel 2023, in 50 copie fuori commercio, si aggira il fantasma del poeta e scrittore francese Victor Segalen, quello di Stèles, per intenderci, che Mortzos cita appena dopo il frontespizio e che probabilmente nel titolo Stele di lava c’è tanto dello Stèles del poeta francese.
Scorrendo le pagine di questo volume, ben curato sotto l’aspetto grafico, simile a un catalogo d’arte sia pure di dimensioni ridotte (15×15), le poesie che si succedono hanno in realtà l’aspetto di una stele, un genere letterario, lapidario ma di forte impatto. E dunque possiamo essere d’accordo con Segalen: «Mi è sembrato che la forma stele potesse diventare un genere letterario di cui ho cercato di dare alcuni esempi. Intendo dire un pezzo breve, circondato da una sorta di cornice rettangolare nella mente, e presentato di fronte al lettore» (Victor Segalen, Lettre à Jules de Gaultier, 26 janvier 1913).
Le poesie/steli – come ci dice l’autore –, brevi e quasi per frammenti, dal linguaggio scorrevole ma raffinato, a tratti descrittivo ma pieno di emozioni, sono il risultato di un viaggio che l’autore ha effettuato in Italia, particolarmente in Sicilia e a Paestum, lungo le tracce archeologiche della Magna Grecia (Mortzos è anche archeologo), tra l’azzurro del mare e un vento di scirocco, tra profumi di zagare e ampie distese di papaveri rossi che il poeta incontra lungo il suo quasi inebriante viaggio. E qui la lava è ben presente sin dall’antichità, lo dimostra il magma dell’Etna e del Vesuvio che in più di un’occasione ha modificato territori e modi di pensare delle popolazioni, un legame indelebile di indecifrabili passioni ed estrosità con queste terre.
È anche un viaggio del Nostro, di sollievo, quasi errante, per ammirare le bellezze di un’antichità affascinante e conciliatrice lungo i sentieri della memoria, della storia, dove ci si commuove ancora davanti ai petali di una rosa (Sulle orme / di una fuga rosata / colgo i petali / della malinconia) o alla rugiada del mattino (La rugiada brilla / tremante / sui palmi spinosi / dei fichi d’India); è anche una fuga dalla vita frenetica e putrescente delle società occidentali odierne; è anche una raccolta di testi d’amicizia, nel senso che aleggia in essa il fantasma di Antonis al quale l’autore ha dedicato alla sua memoria, compagno di strada che si deceduto tra il 29 e il 30 aprile 2018 – come ci informa Mortzos –, interlocutore irrinunciabile da oltre cinquant’anni: è soprattutto un viaggio antropologico alla ricerca di se stesso, di quella umanità occidentale divenuta insensibile e vacua, di quella grecità di cui si è nutrito sin nel grembo materno, essendo nato ad Atene, che è stata fonte di cultura delle popolazioni che si sono succedute sul suolo meridionale italiano (Giorgio Moio).

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(1) È nato nel 1949. Ha studiato archeologia e filosofia dell’arte ad Atene, Tubinga e Parigi, canto classico ad Atene, Lussemburgo, Colonia, Parma e Trieste. È stato collaboratore scientifico presso gli scavi archeologici di Vasiliki Ierapetras e Vryses Kydonias (Creta) e presso i Dipartimenti di Archeologia delle Università di Ioannina (Grecia) e di Paris I, Panthéon-Sorbonne. Dal 1986 e fino al suo pensionamento, ha lavorato presso la Segreteria Generale del Parlamento Europeo – Servizi di Traduzione. Attualmente vive tra Colonia e Trieste.
(2) Colonia, 2023, pp. 50.

* * *

Errante, affranto
dalle insidie
di lunghi viaggi,
il corpo ritrovò
sollievo e calma
al fresco riparo
di saggi platani.

*

Sognai
il mio cuore
sospeso
sopra un abisso
di ricordi.

*

L’Etna
si risvegliò
e regalò
ai miei occhi
una corona
di lava.

*

Trafitto dal candore
delle magnolie,
lo sguardo si piegò,
per un istante,
con spasmi di gioia.

*

Carica di menzogne,
di tradimenti,
di offese clandestine
approdò nell’alma
la trireme dei ritorni.
*

Con il suo alito afoso
lo scirocco intorpidì
le membra, i sensi,
ma l’azzurro del mare,
longanime, si affrettò
in loro soccorso.

*

Cullata dal gorgoglio
di una umile sorgiva,
la mente si addormentò
tra le braccia dell’oblio.

*

Campi infiammati
dai papaveri,
un cane randagio
dall’occhio triste
mi accompagnò
tra gli scheletri
dei templi antichi.

*

Infilato in un ago
di pazienza profumata,
il pensiero ricama
fiori di gelsomino
e di zagara
sul peplo dell’aurora.

*

Ignaro rimango,
e tormentato,
davanti al silenzio
indomato
delle pietre scolpite.

*

Il pensiero s’inabissò
nelle acque di Aretusa
e si lasciò trasportare
da correnti equoree
ai lidi del paese natio,
al tepore inestinguibile
del grembo materno.

*

Un vento tempestoso
mi affascinò nella notte
con una forza irresistibile,
e io, estasiato, lo seguii;
andai a tuffarmi nei flutti
di una effimera felicità.

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Biografia di Christos Mortzos

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