Continua in questo testo: “Alessia e Mirta” la pensosa riflessione di Raffaele Piazza, sullo spirito che agita le creature umane nelle loro speranze, nostalgie, nel bisogno talora disperato di conoscere perennemente altro, per superare lo stato di immobilismo, congiungere nuove verità, ad esse sottrarre balenii di senso – Un richiamo ancestrale proclama il corpo, vincolo per saldarsi al mondo realizzando l’ipotesi del “conosci te stesso”, di Socrate – Volere questo, vuol dire aprirsi ai paradossi e disporsi a ragionare con l’assurdo – Il poeta non si tira indietro – Prende con sé alcune figure femminili, compone un piccolo gruppo di argonauti e naviga i punti più reconditi della grandezza e bassezza umana, al fine di calamitarne l’infinita indefinibilità della condizione umana e sottrarle “il vello d’oro”, la cosa cioè che sente appartenergli realmente, intimamente, veramente…
Il viaggio muove fra alberi e rugosità, fra l’acqua e il suo sapore, tra dolci campi e sinuose colline; nulla Raffaele tralascia di andare a ricercare, affinché l’anima sommi i volti della conoscenza e ne crei uno al quale riferirsi per sormontare il nulla e presenziare l’atto della rivelazione – Questo il legame forte auspicato per spezzare l’angoscia, l’impotenza e sulle macerie illuminare i punti della retta, mentre una lotta mortale come gioco, fra smarrimento e apparenze, perpetuamente risucchia e incenerisce le illusioni – Sono toni di riscatto, di vivezza imminente, di necessità implacabile, i versi che il poeta Piazza insorge precipitosi, con un ritmo che acconsente la connotazione duale, diaristica, come processo attivo interagente con gli enti astrali, il quale va a colmare gli abissi percepiti nelle sacche del dolore –
Nel jet azzurrità per Alessia / nel volare sulle nuvole / aquoree a pervaderla d’immenso / Nelle vesti rosa ragazza Alessia / vede dell’aria la resistenza / simile all’amore e così esiste… Ogni verso è una scossa, una nominazione seriale di possibilità che rende evidenti i luoghi ove rianimarsi dalla vacuità dell’esistenza provando ad assottigliare la luce vitrea riflessa dal limbo impervio che trasmette il proprio film – Sottesa Alessia ragazza blu / di un cielo serico nell’apparire / Mirta nel fondale di una via / deserta pari a una dea / terrena, lei così bruna e così / donna tra bagliori d’alba e / semispente stelle nell’inalvearsi / nel sentiero chiarezza d’acque / in un rigo del pensiero a inumidire/del giorno la terra per germogli – Le figure scattano, si sviluppano in istantanee, riquadri replicano l’io che si protende, avanza con impeti inquieti scatenati da forze funzionali per trascendere ed accedere le immagini parlanti nascoste dietro al silenzio – Sono creature frammentate quelle che Raffaele Piazza dissemina con guizzi e lampeggiamenti, nella sua poetica –
Alessia e Mirta vivono nel golfo mistico situato a fianco alla prigione che le attraversa, ma non riesce a incagliarle – Per infinite sequenze bianche e nere esse tentano di liberarsi, sovvertono le idee, destabilizzano le visioni per andare a fare l’amore e specificare alla vita che essa è anche gioia – Mirta è vogliosa di fotocopiare la felicità, di possederne la tela sulla quale disegnare la sera ed attenderla fuori da tutte le ore – Danzano gli attimi, nella poesia di Piazza; ognuno nel suo potere energizzante, trasvola schegge, folgora il disincanto, lo sposta in vena alla volontà di possedere il desiderio e viverlo nell’assolutezza sensoriale che un cuore spirale sa rimandare all’infinito irrazionale o caos, sviandosi fra motivi sconosciuti – Tutto accade ed esiste, tutto sembra vero, ma cosa è vero? La scena è sempre aperta, maschere e personaggi entrano ed escono, solo il gioco delle parti resta costante …
Mirta / Anima di luna, tu Mirta / nelle cose aurorali ancora / mi parli e mi dici di non / avere paura / Abbiamo attraversato / il sentiero azzurro della vita / la tua villa faro per me / per la nostra connivenza – Inestricabili le pulsioni s’avvitano, la tensione sollecita fare, campi nuovi metamorfici disegnano strutture e significati rimbalzano come carta al vento – L’attore può, allora voler staccarsi dalla scena, aspirare al nulla che Albert Camus tratta “Nell’assurdo e il suicidio”, come il vero senso dell’assurdo – Può succedere allora che ogni cosa compresa chieda di evadere fuori dalla luce, dove un’estraneìtà irrimediabile comanda di spogliare l’illusione ed avviarsi nell’esilio senza ricordi – Sei volata via dal terzo / piano della Reggia e hai / aperto in me la ferita / Ora passano i giorni / senza te e non si ricompone / l’affresco del tempo che nelle / nostre risate si fermava / nella gioia / Grazie per avermi dettato questa poesia –
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Raffaele Piazza
Alessia e Mirta
Ibiskos Ulivieri, 2019, pp. 52
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Biografia di Alfonsina Caterino
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